Atlas Fallen, in termini qualitativi, non si discosta più di tanto da The Surge e Lords of the Fallen, tra le opere più recenti e sicuramente più note di Deck13 Interactive, team di sviluppo tedesco che ci ha nuovamente provato con un titolo sicuramente ambizioso. Similmente agli altri due giochi appena citati, infatti, siamo di fronte ad un’avventura dalle buone potenzialità, divertente per certi versi, ma che non riesce a sfruttare appieno le meccaniche di gameplay messe sul piatto. La sensazione è che la produzione sia stata perfettamente e ottimamente concepita, ma che ha sfortunatamente incontrato diverse difficoltà e limitazioni lungo il percorso che l’ha portata ad esordire effettivamente sul mercato lo scorso 10 agosto su PC, PlayStation 5 e Xbox Series (per gli interessati, qui c’è un pratico link all’acquisto sullo shop online di Gamestop).
Del resto, se il primo trailer con cui si era mostrato al pubblico, ha avuto il grande merito di attirare l’attenzione degli amanti del genere fantasy, già qualche mese addietro, quando abbiamo avuto modo di mettere le mani su una versione quasi definitiva del gioco, siamo stati assaliti dai dubbi e dalle perplessità.
Come già anticipato, non ci troviamo di fronte ad un pessimo gioco, né ad un prodotto che, magari a prezzo scontato, non possa effettivamente fare la gioia e felicità di qualche amante degli action-RPG. Eppure, i rammarichi per qualcosa che avrebbe potuto essere molto meglio si generano già dopo qualche ora passata sulla superficie del pianeta Atlas.
Nei panni di un Senzanome, un paria di questo mondo in via di desertificazione che potrete personalizzare con un editor piuttosto basilare, dovrete cercare di combattere il dio Thelos che con la sua avidità sta consumando ogni risorsa e costringendo alla schiavitù buona parte della popolazione.
Il nostro, già nelle premesse, entrerà in possesso di un portentoso guanto, che oltre a concedergli forza e atletismo sovrumani, contiene anche l’anima di un personaggio misterioso che, ovviamente, ha perso la memoria.
Il preambolo, per quanto riproponga topoi visti e rivisti, ha il grande pregio di infondere nell’utente il giusto mix di curiosità e suggestione, tratteggiando i contorni di un mondo immaginifico che sulle prime sembra ricco di lore e di risvolti narrativi di un certo peso.
Atlas Fallen, del resto, ci mette poco per mostrare al videogiocatore panorami e scenari affascinanti e ottimamente realizzati. Il comparto tecnico, che pur soffre di qualche bug come vedremo, non punta a spingere al limite gli hardware su cui il gioco è stato pubblicato, eppure allo stesso tempo convince per merito di una linea d’orizzonte notevole, a texture sufficientemente dettagliate, modelli poligonali generalmente ben animati. Non si resta quasi mai a bocca aperta, ma l’art design è sufficientemente variegato e fantasioso da comporre un mondo fantasy ammaliante.
Atlas Fallen riesce a non diventare mai frustrante o noioso
Mentre si osserva la piramide sospesa sullo sfondo, rappresentazione fisica del dio Thelos, e lo sguardo si perde in una distesa sabbiosa costellata di rovine, dopo il preambolo che introduce le coordinate generali della lore di Atlas Fallen, viene quasi il sospetto che Deck13 Entertainment sia riuscita a creare un intreccio narrativo appassionante, sostenuto da un background solido e puntualmente ravvivato da costanti colpi di scena. Purtroppo, non è affatto così. Se il desiderio di veder capitolare il dio Thelos è un incentivo sufficientemente potente per giungere ai titoli di coda, tutto ciò che accade fino a quel momento è poco interessante e, soprattutto, scarsamente utile per introdurre nuovi elementi che possano arricchire la lore.
Scoprire l’identità dell’anima che alberga nel guanto è forse l’unica vera sorpresa che Atlas Fallen sa regalare nella ventina di ore necessarie per completare la main quest. Nessuno dei personaggi che si alternano sullo schermo saprà distinguersi dalla massa di NPC che incontrerete lungo il cammino. Pochissimi documenti reperiti in giro per gli scenari aggiungeranno dettagli realmente interessanti al mondo di gioco. Solo un paio di cut-scene, dalla regia persino banale, hanno il merito di emozionare e coinvolgere come si deve.
Se panorami e strutture riusciranno sempre ad ammaliarvi, purtroppo la trama manca del mordente necessario per rendere onore a quelle che restano ottime ed intriganti premesse.
Purtroppo, si può estendere lo stesso discorso anche al gameplay, sebbene da giocare Atlas Fallen sia indiscutibilmente più interessante.
Il combat system, tanto per cominciare, è intricato quanto basta da consentire approcci differenti a seconda di quanto si voglia prestare attenzione alla gestione del personaggio. Grazie anche ai tre differenti livelli di difficoltà selezionabili, difatti, si può tranquillamente adottare un approccio più diretto, per quanto meno soddisfacente sotto il profilo della riuscita; oppure affondare con tutte le mani nella personalizzazione delle tante abilità e skill attivabili, così da superare agilmente anche gli scontri più difficili.
Tanto per cominciare, dovrete equipaggiare due, tra le tre armi disponibili in totale, scegliendo quale utilizzare per gli attacchi pesanti e quale per quelli leggeri. La frusta è utile per ingaggiare da distanza di sicurezza; il pugno scatena cariche a corto raggio devastanti; la mannaia è una buona via di mezzo.
In battaglia, per difendervi, potrete schivare o cercare di congelare i nemici effettuando una parata perfetta. Si tratta di una feature non così rivoluzionaria, certo, ma che sulla carta infonde varietà e adrenalina ad ogni scontro. Sulla carta, perché purtroppo all’atto pratico l’indicatore che segnala le offensive nemiche alle spalle non è facilmente individuabile sullo schermo, rendendo l’utilizzo di questa tecnica complicato in certe situazioni.
Questo, del resto, è un difetto che influenza pesantemente l’esperienza, vista l’importanza dell’Impeto nell’economia generale dell’esperienza. Si tratta, in sostanza, di una barra che si riempie portando a segno attacchi. Maggiore è l’Impeto, maggiori sono i danni apportati, ma anche quelli eventualmente subiti. L’idea è davvero interessante e, pur incentivando un approccio diretto e sfrontato, costringe i videogiocatori a ragionare, persino ad interrompere la sequela di pugni e fendenti, così da gestire in modo più vantaggioso l’Impeto in base a quanti danni si vuole infliggere e quanto si intende evitare danni critici.
Come se non bastasse, per ognuno dei tre livelli raggiungibili da questa barra potrete sfruttare specifici bonus e attacchi supplementari, attribuendo ad ogni slot le così dette Pietre di Essenza. Recuperando tali artefatti in giro per le ambientazioni, o sbloccandoli utilizzando un po’ di Polvere di Essenza accumulata con i combattimenti, potrete per esempio ricevere power-up difensivi, aumentare la velocità di esecuzione di alcune mosse, incrementare la probabilità di ottenere loot raro eliminando gli avversari.
Purtroppo, come detto, tutta questa meccanica viene sporcata da alcuni limiti e difetti del gioco. Oltre al già criticato indicatore degli attacchi che tende a sparire nello schermo, vanno infatti aggiunti casi di pop-up durante i combattimenti, la telecamera che spesso fatica a stare dietro all’azione, una hit-box non sempre convincente, il pessimo feedback dei colpi al punto che in certe situazioni non riuscirete a capire se la mossa effettuata sia effettivamente andato a buon fine o meno.
Il Senzanome può scivolare sulla sabbia, compiere doppi salti, slanciarsi a mezz’aria
Nonostante questa lunga lista di difetti, fortunatamente, Atlas Fallen riesce a non diventare mai frustrante o noioso. Purtroppo, semplicemente, all’ottima e profonda gestione del personaggio non fa da contraltare un combat system ugualmente accorto fino al minimo dettaglio.
Anche per quanto riguarda la pura esplorazione, la creatura di Deck13 Entertainment vive di luci ed ombre. Come già anticipato, gli scenari sono così ben realizzati e ricchi di punti di interesse, che sarete sempre spinti ad esplorare ogni anfratto e sezione della mappa. Purtroppo, tuttavia, complici sub-quest fin troppo ripetitive, vi accorgerete presto che le location realmente generose di collezionabili, power-up e zone nascoste sono in minor numero di quanto inizialmente preventivato.
Fortunatamente, muoversi lungo la mappa è divertente ed immediato. Il termine di paragone, in questo caso, è Forspoken. Il Senzanome, difatti, può scivolare sulla sabbia, compiere doppi salti, slanciarsi a mezz’aria. Da questo punto di vista, il gioco funziona, non fosse per una progressione che si interrompe fin troppo in fretta. Già dopo mezza dozzina di ore, di fatto, avrete ottenuto abbastanza poteri e abilità per raggiungere qualsiasi location della mappa, mortificando, pur solo in parte, le ambizioni da metroidvania disciolte nell’economia del gioco.
In ultima istanza è doveroso spendere due parole sulla co-op, altra caratteristica su cui Deck13 Entertainment ha puntato molto in sede di promozione del gioco. Condividere l’esperienza con un altro giocatore, rompe parzialmente l’atmosfera, che basa parte del suo fascino anche su lunghe camminate solitarie nel deserto. Ciononostante, in compagnia dell’amico giusto, è innegabile che soprattutto i combattimenti diventino enormemente più divertenti e soddisfacenti.
Atlas Fallen ha immense potenzialità, purtroppo tutte sfruttate solo fino ad un certo punto. Siamo di fronte ad un gioco perfettamente concepito e progettato, che all’atto pratico si è dovuto scontrare con limiti e difficoltà incontrare nello sviluppo vero e proprio. Dalla trama, al combat system, alla semplice esplorazione, tutto funziona grandemente sulle prime, salvo poi inciampare un attimo dopo. La storia, dopo un intrigante preambolo, smette di alimentarsi di colpi di scena e comprimari di un certo peso. Le battaglie sono globalmente divertenti, ma sporcate da diversi problemi di natura tecnica, difetto che farà storcere il naso ai videogiocatori più pretenziosi. Anche l’esplorazione, che pur può contare su scenari ed ambientazioni affascinanti, soffre di una progressione dal fiato fin troppo corto. Eppure, tutto ciò non fa di Atlas Fallen un brutto gioco. I difetti, le sviste, le storture non bastano per soffocare ed eliminare le sue grandi potenzialità. Gli amanti degli action-RPG a caccia di un mondo fantasy da esplorare avranno pane per i loro denti. Soprattutto chi potrà vivere quest’avventura in compagnia di un amico, si godrà comunque un’epopea sommariamente divertente e soddisfacente. Sappiate, tuttavia, che dovrete scendere a compromessi per gustarvi il viaggio. |
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