Sembra ieri, ma le candeline sono tantissime!
30 anni dal lancio della prima PlayStation? Ma che state dicendo! Ricordo come fosse ieri quando me l’hanno regalata, dopo anni di preghiere e rifiuti. Dai, passarono anche diversi anni dall’uscita, tant’è che mi venne regalata con Tekken 3 e ISS Pro 98… ehi, ho detto proprio 98? Allora è vero, è davvero passato tanto tempo da quell’ormai lontano 3 dicembre 1994!
Mettendo da parte il mio rifiuto di invecchiare, è innegabile come in questi anni PlayStation sia stata un fenomeno così dirompente e trasformativo per il mondo del videogioco da cambiare di colpo la percezione di questo medium e consolidarla nel tempo, relativamente immutata rispetto a 30 anni fa.
La campagna mediatica innovativa, il marketing aggressivo e un incredibile lavoro dietro le quinte per assicurarsi il supporto dei grandi nomi del settore non potevano che portare a un successo, che splende ancora oggi nonostante qualche (inevitabile) incertezza.
Ma anziché ricordare la storia del marchio nella sua interezza, in questa occasione l’idea è di ricordare 10 franchise che hanno contribuito a dare forma all’immaginario di casa Sony e che sono ormai indissolubilmente legati all’immaginario PlayStation.
Prima di tuffarvi nella lista (che non è una classifica), però, va assolutamente ricordato che nel Flagship Store di GameStop in Via Torino, 49, Milano è ancora possibile acquistare una fantastica PlayStation 5 Slim Digital in edizione speciale per il 30° Anniversario! Una vera chicca per gli appassionati che ancora non ce l’hanno!
Sono tanti i “primi” titoli che sono finiti in mano ai ragazzini armati di PlayStation: dal grezzo (ma geniale) Jumping Flash! all’amato Pandemonium, senza dimenticare l’amatissimo draghetto Spyro. In un universo completamente da plasmare, la caccia alla mascotte che potesse essere quello che Mario era per Nintendo è stata frenetica e convulsa, ma ha visto principalmente un vincitore: Crash.
Il buffo peramele di Naughty Dog è riuscito nella complicata impresa di mostrare uno stile graffiante e fondere diverse tipologie di gameplay, alternando visuali e dinamiche per realizzare un’esperienza forse a tratti frustrante ma su cui tantissimi hanno plasmato i più vividi ricordi con la propria PlayStation 1. E il suo successo è stato tale da sfondare anche nei kart game con il mai abbastanza apprezzato Crash Team Racing.
Dopo diversi cambi di casacca e sviluppatori, Crash Bandicoot ha (o meglio, aveva) recentemente trovato una sua dimensione in casa Activision: il remake dei primi 3 episodi è stato l’ideale apripista per un 4° capitolo che ha convinto sì, ma che è stato forse dimenticato un po’ in fretta: a quando il “nuovo” ritorno? Sarebbe da chiedere al team di sviluppo di Toys for Bob o ad Activision?
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Tra i team più in forma ai tempi della prima PlayStation, che seppe sfruttare al meglio la nuova architettura, troviamo sicuramente Psygnosis: oltre ad averci fatto fare a sportellate con il divertentissimo Destruction Derby di Reflections, il developer/publisher britannico fu in grado di entrare in modo spudorato e carismatico nel mondo dei racing futuristici, dominato dall’F-Zero di Nintendo.
La grafica superdettagliata che si muoveva in modo fluido e morbido veniva accompagnata da una colonna sonora (potere del CD) assolutamente travolgente, spingendo il giocatore a raggiungere velocità estreme. Velocità divenute ancora più elevate con WipEout 2097, capolavoro assoluto tutt’ora in grado di torcere le budella anche ai più coraggiosi.
A oggi il genere purtroppo è stato un po’ abbandonato dal pubblico e rimane ben poco delle meraviglie dell’epoca. Gli abbonati a PlayStation Plus Premium possono però accedere a WipEout Omega Collection, una episodio “raccolta” dei contenuti visti in WipEout HD Fury e WipEout 2048, ultime apparizioni dell’epoca PlayStation 3 e Vita (la versione PS4 di 2048 non è più giocabile). I miti, comunque, non muoiono mai.
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Il pugno di ferro di Bandai Namco ha vissuto una genesi molto curiosa, nascendo da una costola di Virtua Fighter per presentarsi come concorrente principale nella corsa al trono di picchiaduro 3D. Con Capcom ancorata alle sue fenomenali board dedicate alla grafica bidimensionale, era il momento di farsi largo a cazzottoni poligonali.
E così dopo le prime meraviglie “vacue” di Battle Arena Toshinden, che fece girare la testa ai più ma senza convincere a lungo termine, la storia della famiglia Mishima iniziò a lasciare il segno nella fantasia della gente, colpita dal cast inizialmente banalotto ma che col tempo iniziò ad acquisire sempre più carisma. L’apoteosi massima arrivò con Tekken 3, titolo che riuscì su console a risultare più impressionante della sua versione arcade, diventando leggendario con il suo cast (guest star come Gon comprese).
Oggi l’eredità è in mano a Tekken 8, capitolo che ha riavviato una storia che sembrava destinata a chiudersi con il settimo capitolo e che invece è riuscita a riaccendere la passione nella sua community. Esagerato, massiccio e fuori di testa, come ogni Tekken dovrebbe essere!
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Il titolo di Polyphony Digital si presentò nel 1997 con il sottotitolo “The Real Driving Simulator”: una dichiarazione di intenti che profumava di arroganza, ma che brillava della determinazione di questo team nel dare forma a un simulatore di guida che segnasse un solco concreto con il passato.
Dalle impegnative sfide sulle patenti alle folli gare di resistenza da affrontare con gli elastici sul pad (storie vere dell’epoca), Gran Turismo offriva un mondo mai visto prima, da ammirare e rimirare nei clamorosi replay. E con Gran Turismo 2, vai a capire come, si riuscì a migliorare ogni aspetto ed espandere il gioco di tante nuove modalità, proponendo addirittura un secondo disco dedicato alla modalità arcade.
Il franchise corsistico di casa Sony è tutt’ora giocatissimo e amatissimo, nonostante gli alti e i bassi dovuti all’ammodernamento delle meccaniche di progressione, che non hanno convinto tutti i fan. Gran Turismo 7 però, su una PlayStation 5 Pro o con PS VR2, è uno spettacolo incredibile che tutti gli amanti delle 4 ruote dovrebbero provare.
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Trasformare un genere di “nicchia” come quello dei JRPG in un fenomeno di massa non è certo semplice, eppure in casa Square Enix sono riusciti a sfruttare le potenzialità dell’hardware di Sony e una sagace campagna promozionale per innalzare Final Fantasy VII a colossal imperdibile e inarrivabile, convincendo milioni e milioni di giocatori nel mondo.
La novità di un gameplay poco familiare agli occidentali, le evocazioni colossali e le meraviglie dei FMV che si integravano al gameplay resero Final Fantasy VII, VIII e IX dei titoli indimenticabili e seminali per il genere, dando forma a imitatori persino in casa PlayStation (ricordate The Legend of Dragoon?). E Final Fantasy è stata anche una delle prime saghe a generare numerose leggende metropolitane che, non si sa come, riuscivano a fare il giro del mondo pur senza internet.
Oggi, mentre il franchise è alla disperata ricerca di sé stesso, i fan trovano conforto nel remake di Final Fantasy VII, che nella sua seconda parte sembra aver trovato la giusta formula per esprimere al meglio tutto il potenziale della storia che, si spera, si concluderà presto e farà riappacificare i tanti giocatori da tempo smarriti a causa delle convulse macchinazioni di Nojima, Kitase e Nomura. Ma questa è un’altra storia.
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Se parliamo di sogni, di immaginazione e in un certo senso anche di “identità PlayStation”, è impossibile sorvolare sui titoli realizzati dal team di Fumito Ueda a cavallo tra PlayStation 2 e PlayStation 4. Camminare nei silenziosi corridoi, androni e cortili della misteriosa struttura che imprigiona Ico e Yorda, provare a ribaltare il destino avverso in Shadow of the Colossus o vivere una struggente storia di amicizia e fiducia con The Last Guardian sono esperienze impresse a fuoco nei cuori dei giocatori.
Non importa se si incappa in qualche problema tecnico, se la console non ce la fa a reggere il framerate o se l’intelligenza artificiale ogni tanto fa i capricci: quando Ueda propone una sua visione, tutti aspettano in rispettoso silenzio di scoprire in quale magico mondo ci porterà, qualsiasi sia il compromesso. Perché non c’è prezzo che non si pagherebbe per assistere alla genesi di una nuova opera d’arte.
E così oggi, mentre aspettiamo speranzosi novità da una PlayStation che forse vuole tornare ad essere più “nipponica”, possiamo goderci un altro viaggio con il remake di Shadow of the Colossus, che Bluepoint ha magistralmente riportato in vita su PlayStation 4.
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Torniamo a parlare di mascotte chiamando in causa una delle poche che sono sopravvissute nel corso degli anni: mentre Naughty Dog abbandonava Crash per dedicarsi a Jak & Dexter, in casa Insomniac si salutava il piccolo draghetto Spyro per seguire un altro duo, composto dal coraggioso Ratchet e dal buffo Clank.
L’idea che un eroe da platform fosse in realtà protagonista di un titolo principalmente “sparatutto” non era niente male all’epoca ed è sopravvissuta fino a oggi senza grossi stravolgimenti grazie alla frenesia del gameplay, la creatività delle armi e l’enorme simpatia del cast di personaggi, messi in scena con una qualità degna della scuola Pixar.
Mentre Insomniac Games dedica corpo e anima alle reinterpretazioni digitali degli eroi Marvel, Ratchet & Clank continua a offrire un “porto sicuro” in cui il team può sperimentare con le nuove tecnologie, offrendo con Rift Apart uno showcase tecnico ancora strepitoso a quasi 4 anni dalla sua uscita.
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È innegabile che ai tempi di PlayStation 2 la nipponica Sony stesse cercando di “occidentalizzarsi” un po’ (Mark of Kri, Primal, Extermination, The Getaway, etc.) e al tempo stesso fornire un’immagine di sé sempre più decisa, convinta e cool, anche a costo di sfociare nell’uso di scene forti e violenza gratuita.
God of War provò a inserirsi nel genere degli action 3D, in netta crescita al tempo sulla scia del successo di Devil May Cry, con una visione del tutto originale: meno stylish e più crudezza, meno poteri demoniaci ma più esplosività, con un grado di spettacolarità incredibile offerto dalle boss fight (iniziare un gioco con l’Hydra? WOW!).
Dopo aver espanso e migliorato la formula di gioco in gioco e averla “esaurita” con il titanico God of War 3, Santa Monica Studio ha compiuto il difficile ma coraggioso passo che l’ha portata a trasformare totalmente gameplay e narrazione, offrendo una nuova storia che, ancora una volta, si conclude epicamente con God of War Ragnarok, facendoci però desiderare ancora di più.
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Una faccia da schiaffi, un’avventura spericolata e le vibes da Indiana Jones: la scommessa di Naughty Dog ai tempi di PlayStation 3 si chiamava Nathan Drake, eroe di stampo cinematografico che grazie alle potenzialità del processore Cell sarebbe stato capace di scalare montagne, sopravvivere a sparatorie intense, lanciarsi nel vuoto, sopravvivere a edifici pericolanti, lottare contro leggende e mitologia mentre… sopravvivere a mille contrattempi. Notate un pattern?
Già, il mondo in cui Drake “sopravvive” a ogni evento avverso è ciò che lo rende amatissimo dal pubblico, sempre pronto a seguirlo in ogni sua scriteriata scelta e folle ambizione. Il cast di corredo, tra Sully, Elena, Chloe e perfino la sua stessa famiglia, ha contribuito a creare una storia non solo appassionante, ma anche capace di segnare la crescita di un personaggio già adulto (almeno sulla carta d’identità) ma che spesso si è scontrato con la realtà, senza averne la maturità adatta, in compagnia dei giocatori.
Dopo un quarto capitolo che rappresenta la summa di tutta la serie, attualmente il franchise è “parcheggiato” a tempo indefinito. Non sappiamo neanche se avrebbe senso ripartire con una nuova avventura, ma basterebbe uno solo sorriso smargiasso di Nate per convincerci a tornare in sella: ti aspettiamo!
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Non potevamo che concludere con un nome che è ormai sinonimo di PlayStation e che ha traghettato con successo il mondo del videogioco verso il piccolo e il grande schermo. La storia di Joel ed Ellie è fatta di dolore, di scelte difficili e di conseguenze, e ci ha accompagnato con un respiro struggente tra il primo e il secondo capitolo, sembrando sempre “limitata” dai confini del medium digitale.
La potenza della perdita, l’empatia e il perdono, la vendetta e le scuse che ci raccontiamo per giustificarla: The Last of Us è un universo che fa da specchio all’umanità, messa alle spalle da un nemico inarrestabile al punto che, per sopravvivere, impara quanto può essere facile fare del male. Non la solita storia leggerina da dimenticare in fretta, per usare un eufemismo.
Sappiamo che un nuovo capitolo è in sviluppo e non vediamo l’ora di capire fin dove si spingerà Neil Druckmann con il suo team. Nel mentre ci godiamo la serie TV e aspettiamo la seconda stagione. Perché sappiamo che farà malissimo, ma non possiamo distogliere lo sguardo. Non lo faremo mai.
Rivivi The Last of Us su PlayStation e nella serie TV da GameStop
Il piccolo ma inarrestabile robottino del Team Asobi meritava ovviamente uno spazio, non perché sia necessariamente già oggi un’icona del marchio PlayStation, ma perché ha tutte le potenzialità e le caratteristiche per diventarlo: nasce dal basso, da un team che ha lavorato per anni come “seconda linea”, e offre un’esperienza totalmente nuova rispetto a quello a cui sono abituati i giocatori.
Ha avuto anche il merito di aprire la generazione nel suo Astro’s Playroom, demo tecnica e showcase delle potenzialità di PlayStation 5 che ci ha ricordato quanto fosse bello, al tempo, accendere la nuova console e iniziare a giocare, punto.
Ora, a pochi giorni di distanza dai The Game Awards 2024, Astro Bot si trova a lottare per aggiudicarsi il titolo di gioco dell’anno: un’impresa troppo grande? Chi lo sa, ma questo piccolo eroe metallico non si è fatto problemi a scomodare paragoni con il leggendario Super Mario e, sicuramente, saprà farsi valere!
Astro Bot ti aspetta da GameStop per accompagnarti in un viaggio fantastico!
Le liste portano con sé sempre lo stesso problema: come citare tutti quanti? E se dimentico qualcuno? Beh, questo paragrafo è uno spazio libero per il lettore, in cui inserire il gioco o il franchise che ricordiamo con affetto ma che non ha trovato posto nella lista. Mettetelo voi (magari nei commenti), non preoccupatevi.
Che si tratti di Twisted Metal, Horizon: Zero Dawn, Tomb Raider, Pro Evolution Soccer, Castlevania Simphony of the Night, Vib Ribbon, Parappa the Rapper, Bloodborne (ci sperate ancora, vero? Soprattutto dopo il trailer dell’anniversario…), Forbidden Siren, Ridge Racer, Silent Hill, Kingdom Hearts, Resident Evil, Tenchu e via dicendo, c’è spazio per tutti, fino al più sconosciuto dei giochi come può essere Incredible Crisis.
Auguri PlayStation, e 100 di questi giochi!
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