News 20 Apr 2015

Avengers: Age of Ultron – Recensione

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Ciò che bolle in pentola nei magici studi Marvel è qualcosa che non si è mai visto.

Ciò che ormai i fan hanno imparato a conoscere come Marvel Cinematic Universe (MCU per gli amici) è un complesso sistema narrativo che si dipana attraverso vari media come serie TV e film. È forse la prima volta che un’azienda tenta un progetto così imponente, dotato di una lungimiranza senza eguali e che procede, fase dopo fase, nell’espansione di questo universo.

Dopo una prima culminata con il primo film sugli Avengers, tocca ora al suo sequel chiudere la seconda parte (l’uscita tardiva di Ant-Man a causa della sua gestazione travagliata rovina forse un po’ le uova nel paniere, ma non divaghiamo). Come è giusto che sia, il finale è col botto ed ecco quindi che dopo essersi concentrati sui singoli supereroi nei capitoli “monografici” tra alti (Captain America: The Winter Soldier) e bassi (Iron Man 3), tocca ad Avengers: Age of Ultron mettere un punto, per poi ripartire dal prossimo anno con la fase 3.

La responsabilità sulle spalle di Avengers: Age of Ultron è quasi opprimente: come si fa a creare un film che regga il paragone con il primo (mai troppo glorificato) capitolo e che al tempo stesso riesca a gestire un numero di personaggi ancora maggiore, riunendoli in una storia che riesca a reggersi in piedi senza cadere in facili contraddizioni? L’impresa in effetti appare impossibile, ma quasi sotto ogni fronte è portata a termine.

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Come è stato più volte specificato, il film comincia in medias res: il team degli Avengers non ha più bisogno di introduzioni ed è impegnato in una missione collegata alla serie tv Agents of Shield (che si conferma come il collante di questo MCU) durante la quale i supereroi incontrano due nuovi personaggi, i gemelli Maximoff, in arte Scarlet Witch (un’imprevedibile terza sorella Olsen) e Quicksilver (vi ricordate Kick Ass e il suo protagonista magrolino? Beh, è cresciuto). Il risultato della missione produce un’intelligenza artificiale bellica (Ultron) che, come soluzione alla pace nel mondo, trova una sola via: l’estinzione dell’uomo. A questo cast già affollato si va ad aggiungere un altro super eroe che debutta sullo schermo per la prima volta, Visione (interpretato da un karmico Paul Bettany).

Il resto del cast non ha bisogno di presentazioni: l’istrionico Robert Downey Jr. si cala sempre più nei panni dello scienziato irresponsabile quale è Tony Stark, Captain America è reso in tutta la sua granitica integrità morale da Chris Evans, il physique du role di Chris Hemsworth lo rende un buon Thor e la solita dualità tra voglia di non combattere e la necessità di farlo attanaglia l’Hulk di Mark Ruffalo. Tra i personaggi che maturano di più, c’è sicuramente la Vedova Nera della stupenda Scarlett Johansson. Difficile invece valutare l’interpretazione di Ultron da parte di James Spader, a causa del doppiaggio del robot distruttore.

Joss Whedon compie quindi il miracolo e, anche se in misura più contenuta rispetto al primo capitolo, riesce a dare il giusto spazio a tutti i protagonisti del film, portando avanti le loro sotto-trame personali, mostrando i cambiamenti che gli eventi hanno su di loro e facendoli cooperare come non mai. Al di là del genere a cui il film appartiene (un tempo estremamente di nicchia), ci sono dei meriti che Age of Ultron ha e che nessuno può negare: non è da tutti riuscire a far stare sullo schermo così tanti personaggi senza che nessuno venga trascurato, assicurandosi oltretutto che ogni eroe riesca a farsi carico del messaggio che il personaggio, canonicamente, rappresenta.

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A tal proposito sorprende in effetti il maggior spessore dato ad un Avengers considerato da molti come “secondario” come Occhio di Falco (Jeremy Renner), protagonista di alcune delle battute più significative del film. Ma Whedon non si accontenta e oltre a dare spazio a tutti, riesce anche a gettare moltissima benzina sul fuoco per fomentare l’hype che arde nel cuore di ogni nerd, buttando qua e là vari riferimenti a molti dei film che comporranno la lunghissima fase 3.

Su tutti l’ovvio scontro (mostrato in una delle primissime clip del film) tra Captain America e Iron Man, per il momento solo verbale ma che, in nuce, porterà alla Civil War già prevista per il maggio 2016. Banalmente, ma doverosamente, soltanto (ri)uniti gli Avengers riusciranno a superare la minaccia di Ultron, non senza pagare un caro prezzo e soltanto grazie alla presenza di Visione, vero e proprio personaggio cardine di tutto il film. La sfida di Ultron farà interrogare gli Avengers sul loro operato: sono davvero dei mostri come la malvagia intelligenza artificiale vuole fargli credere? È attraverso espedienti narrativi come questo (per non citare i poteri di Scarlet Witch, capace di turbare i personaggi) che Whedon può approfondire i suoi eroi, mettendoli prima in discussione per poi farli riunire per affrontare la minaccia.

La sopracitata unità del team diviene protagonista delle sequenze d’azione dove Whedon gestisce la squadra come se fosse quasi un ente unico: un solo corpo governato da una mente in comune che spazza via tutto quello che gli si pone davanti. In particolare la sequenza iniziale e quella finale sono capaci di riscrivere parte della storia dei combattimenti nel film del genere: un breve piano sequenza nel finale è capace di far venire i brividi dall’emozione anche al più avverso detrattore del genere, grazie al modo in cui coralità e individualità riescono a convivere in pochi secondi.

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Sottolineare quanto sia “di genere” questo film è importante, perché l’ultima impresa (la più importante) in cui Whedon è riuscito è quella di aver creato un film certamente godibile anche da chi non conosce a memoria l’universo Marvel, ma che dischiude tutto il suo potenziale di fronte ai veri nerd, quelli che non trovano più spazio nella loro stanza, sommersi dalle pile di fumetti e soffocati dalla polvere raccolta da miliardi di scatole contenenti action figure mai aperte (non è vero, le spolveriamo, ndr). Whedon è uno di loro e sa di cosa hanno bisogno: lui, Kevin Fiege e la Marvel hanno costruito l’hype mattone dopo mattone e, a testa alta, possono dire di essere stati all’altezza.

Se Avengers: Age of Ultron fosse una persona, sarebbe il classico compagno di classe tanto spavaldo, quanto bravo a scuola e cosciente di essere il migliore. Si compiace ad ogni fotogramma, celebrando i suoi eroi e il sistema che li ha creati. C’è così tanta autoreferenzialità da esserne quasi intimoriti, ma Age of Ultron è una festa alla quale siamo tutti invitati a partecipare.

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