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24 Ott 2016

Batman: Return to Arkham – Recensione

Che la saga dell’uomo pipistrello secondo Rocksteady rappresenti probabilmente il miglior tie-in videoludico di sempre, a ben vedere, è cosa nota da parecchio tempo. Non che l’eroe di Gotham necessiti di particolari cerimonie per ingraziarsi il pubblico, questo è vero, ma la secolare maledizione degli adattamenti di personaggi del cinema o del fumetti su console, se ricordate, raramente ha raggiunto gli stessi risultati di eccellenza toccati rispettivamente da Batman: Arkham Asylum e Arkham City. Una grafica delle grandi occasioni e una narrativa profonda (poco segretamente) incline al colpo di scena, unite a delle meccaniche open world e a un sistema di combattimento esemplare, rappresentano solo alcuni dei pregi dei due titoli dello sviluppatore, estremamente abile nel ricreare un universo cupo e tormentato (grazie anche ad una quantità di materiale originale strepitoso, che vi consigliamo caldamente di leggere) pieno zeppo di citazioni e di altrettante cose da fare.

Ecco spiegato perché Arkham Asylum prima e City poi hanno convinto all’unanimità pubblico e giuria, rimasti molto meno impressionati dal successivo Origins (nonostante le idee interessanti, specie in termini narrative, dei ragazzi di Warner Bros Montréal) e, se escludiamo il disastro legato ad una sfortunata versione PC, tornati al sano entusiasmo per quell’Arkham Knight che sanciva il ritorno del developer originale alla cabina di comando. Questo, in sostanza, dovrebbe farvi capire il motivo alla base di Return to Arkham, riedizione in alta definizione dei due episodi “old gen” più amati ed apprezzati – laddove il terzo di Rocksteady, Arkham Knight, è già disponibile da un pezzo per current. Un ritorno in scena graditissimo sia per i seguaci del pipistrello, che avranno modo di godere nuovamente di queste ottime avventure con una grafica al passo coi tempi, sia per tutti coloro che, sventuratamente, se li sono lasciati sfuggire a tempo debito. E al netto di qualche sbavatura che avrebbe potuto essere limata in modo più deciso, il valore ludico di una tale collezione è talmente elevato che, l’avrete capito, farseli scappare ancora una volta sarebbe un reato nei confronti dell’action game. Parola di Bruce Wayne.

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Trattandosi dell’edizione rimasterizzata di due titoli usciti rispettivamente nel 2009 e 2011, per ciascuno dei quali sono usciti svariati DLC nonché meritatissime GOTY Edition, partiamo dal ragionevole presupposto che chiunque stia leggendo queste righe non sia del tutto estraneo all’operato “iniziale” di Rocksteady, rimandando alla lettura delle nostre recensioni per maggiori dettagli. Oggi ci concentreremo dunque sul valore tecnologico di questa Return to Arkham, laddove il valore ludico – lo ribadiamo ancora una volta – rimane altissimo oggi come allora. In termini di giocabilità, infatti, i due Batman invecchiano benissimo, forti di un impianto open world interessante e coinvolgente. Un open world che in Arkham Asylum non può certo competere con altri prodotti dichiaratamente free roaming, nonostante l’abilità dello sviluppatore nel ricreare un manicomio vasto, dalla struttura labirintica e liberamente esplorabile a sezioni, ma che in Arkham City raggiunge una dimensione del tutto nuova: un’esperienza profonda e mai banale che offre un’enorme quantità di missioni (principali e facoltative) divertenti, che non cedono a noia o frustrazioni causate da marcate ripetizioni.

Impossibile non citare poi il celebre Freeflow Fighting, il sistema di combattimento dell’Uomo Pipistrello caratterizzato da una fluidità e un’immediatezza senza pari: un fighting schema così immediato e fruibile da renderlo paradigmatico per molte produzioni action che sarebbero sorte dopo i due titoli citati. La grandiosità dei titoli Rocksteady, tuttavia, è da ricercarsi nella capacità di creare un mix letale di giocabilità basato sì sul combattimento, ma anche sull’esplorazione tradizionale e stealth, sulla risoluzione di enigmi, sull’identificazione e analisi di prove all’interno di scene del crimine che, grazie alla prodigiosa tecnologia in proprio possesso, l’odiato Pipistrello di Gotham riesce a ricreare in tempo reale – memorabile, ad esempio, è l’indagine balistica sui colpi di Deadshot in Arkham City, o il simulatore virtuale che permette a Batman di vedere cosa sia effettivamente successo in un determinato luogo, riavvolgendo e accelerando il tempo.

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La varietà dell’azione di gioco rappresenta dunque uno degli assiomi portanti di ciascuno dei due titoli, capaci di incollare il giocatore allo schermo per ore alternandone le vesti da giustiziere spietato, quando si tratta di rompere qualche antipatica mascella, e da miglior detective del mondo, quando l’analisi forense è necessaria. O quando quel simpaticone di Edward Nigma mette in dubbio le nostre meningi. Non manca nemmeno l’aspetto rolistico, seppur presente in modo più edulcorato sotto forma di punti da investire nel miglioramento delle capacità del protagonista e del suo equipaggiamento.

Introduciamo la questione tecnologica affrontando da subito il limite più evidente di questa edizione in alta definizione: l’assenza dei 60 frame al secondo. Se da un lato un frame rate fisso a 30 non poteva essere altro che la soluzione ideale nel corso della passata generazione, nonostante alcuni cali dovuti alla complessità delle scene e al numero di nemici presenti su schermo, l’approdo di Batman su PS4 e Xbox One non può che lasciare un certo rammarico – viste e considerate le oramai note possibilità computazionali delle due ammiraglie. Non stiamo certo parlando di qualcosa in grado di inficiare la giocabilità stellare dei due titoli presenti in questa Collezione: allo stesso tempo, tuttavia, è innegabile come l’aumento dei fotogrammi al secondo avrebbe giovato non poco all’esperienza complessiva, rendendola ancora più di impatto rispetto che in passato.

La varietà dell’azione di gioco rappresenta uno degli assiomi portanti di ciascuno dei due titoli

Peccato che i “mancati 60” non rappresentino l’unico problema evidente di Return to Arkham, laddove i cali di frame rate dei tempi di PS3 e Xbox 360 sono ancora presenti, in alcuni casi (soprattutto in Arkham Asylum) sin troppo evidenti: un peccato, visto il buon lavoro dello sviluppatore in quanto a modellizzazione e fisiologica ricalibrazione del livello di dettaglio. Si ha dunque l’impressione che ok, il colpo d’occhio rispetto all’originale è decisamente positivo, ma qualcosa di più incisivo avrebbe potuto esser fatto – quantomeno per levare dalla testa del giocatore quell’idea di “compitino fatto con sufficienza” che si limita a migliorare lo stretto essenziale, senza spingersi più in profondità.

Consci di questo, è impossibile non notare come il lavoro di revamp giovi all’interno dei cupi corridoio di Arkham Asylum, resi ancor più minacciosi da un ottimo sistema di illuminazione dinamica e da una cura del dettaglio non certo da top di questa generazione, ma indubbiamente interessante. Il senso di oppressione, di pazzia e di pericolo traspare passo dopo passo, rendendo di fatto l’Asylum quel teatro malsano e minaccioso che tutti, sei anni or sono, immaginavamo. Il discorso si fa leggermente più complesso parlando della modellazione dei personaggi: i nemici “standard”, i tirapiedi di Joker e Harley Quinn che pattugliano in gruppi l’intero Arkham Asylum offrono una texturizzazione dozzinale per gli attuali standard, con una carica poligonale nettamente inferiore rispetto a quella dei personaggi principali e un set di animazioni di poco migliore, se non del tutto affine, a quanto visto la passata generazione.

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Batman, Joker e i restanti big fanno capitolo a parte, offrendo un colpo d’occhio magistrale grazie alla comparsa di una serie di dettagli inimmaginabili soltanto sette anni fa. L’altro lato della medaglia, tuttavia, è qualcosa di più sottile, quasi emozionale, una sorta di contrappasso legato alla perdita di quello “sporco” che conferiva carattere al personaggio: un qualcosa che appare evidente nel Joker, sin troppo pulito e privo di imperfezioni indubbiamente “pittoresche” che ne alimentano inesorabilmente il carisma. Non che questo “lifting” lo renda meno minaccioso, sia chiaro, ma l’eccessiva pulizia dei modelli realizzati dallo sviluppatore, se da lato guadagna in resa visiva, dall’altro perde qualcosina in termini di caratterizzazione.

Batman: Return to Arkham è un assoluto pezzo da novanta

Quanto appena detto vale anche per l’ottimo Arkham City, che come ricorderete vanta nel proprio palmarès personaggi leggendari della saga DC come Catwoman, Due Facce e il Pinguino – oltre a graditi ritorni del precedente episodio: ed è quasi inutile ripetere quanto ciascuno di essi sia realizzato alla perfezione, avvicinandosi in modo palese a quanto visto lo scorso anno in Batman: Arkham Knight. Il tutto al netto di una luminosità e di una pulizia forse troppo marcate, che proprio come accade per Asylum sgrezzano eccessivamente le asperità dei villain presenti. Nulla da eccepire invece per la realizzazione della città di Arkham, ricreata con una cura del dettaglio certosina e capace di trasmettere una sensazione di insicurezza tangibile. Dalle luci delle insegne a neon che si diffondono nel fumo dei vicoli alle fiamme che, di tanto in tanto, accendono questa cupa skyline, possiamo apprezzare il lavoro di rifinitura degli effetti particellari e volumetrici, che riesce nel difficile compito di ravvivare ulteriormente la scena – già di per sé sensazionale nella versione originale. Abbiamo ravvisato, in questa riedizione, delle tonalità meno scure rispetto alla controparte originale: una differenza che si nota per lo più una volta raggiunta la sommità di uno dei numerosi edifici di Arkham City e ci si sofferma ad osservare il panorama. Ancora una volta, nulla di così eclatante da far gridare allo scandalo: diciamo che la patina moderna di questa Return to Arkham eleva la nitidezza complessiva dell’immagine, sacrificando al contempo parte di quel mood “dark” che avevamo apprezzato nel materiale originale.

Conclusioni

Non è mai facile giudicare la riedizione di un titolo di assoluto successo, specie quando quest’ultimo ancora oggi ha parecchie cose da dire. Sette anni sono passati dai nostri primi passi all’interno del manicomio di Arkham, cinque dalla nostra complicata “fuga” dall’omonima isola tenuta in scacco dal folle Dottor Hugo Strange: due titoli storici nel franchise di Batman, capaci di invertire millenari preconcetti sul famigerato tie-in ma, più di ogni altra cosa, invecchiati alla perfezione e giunti in questo 2016 con una veste sì rinnovata, ma con una giocabilità invariata e ancora appassionante. In termini di puro gameplay Batman: Return to Arkham è un assoluto pezzo da novanta, forte di meccaniche poliedriche che spaziano dallo stealth all’azione, dall’esplorazione all’investigazione: una sicurezza per gli amanti del celebre Uomo Pipistrello, così come per gli affezionati dell’action game che, allo stesso tempo, non si spaventano di fronte al altre sfide. Sfide che, in questa riedizione, non mancheranno affatto, considerata l’inclusione di tutti i DLC e contenuti bonus all’interno del sostanzioso pacchetto (che, a titolo di informazione, richiederà oltre 60 GB di spazio, doveste optare per un acquisto digitale).

Dovessimo limitarci a questa analisi, Batman: Return to Arkham porterebbe comodamente a casa un nove tondo tondo: del resto, con un gameplay così stellare sul piatto della bilancia, nessuno si stupirebbe se chiudessimo un occhio di fronte a qualche leggerezza tecnologica. Tuttavia, e non senza un pizzico di amarezza, ci risulta difficile applicare una tale logica all’ultima collection targata Warner Bros: l’ottima modellazione dei personaggi principali, la carica poligonale soddisfacente e l’impianto luminoso rinnovato, capace di dare seconda giovinezza tanto alle strette pareti del terribile Asylum quanto ai letali vicoli della città carcere, per quanto convincenti, non bastano a farci dimenticare l’assenza pesante di quei 60 frame al secondo. Un’assenza per certi versi inspiegabile, trattandosi di un “porting” (passateci l’utilizzo improprio del termine) dalla passata generazione a quella corrente, ma che risulta ancora più fastidiosa in occasione di quei cali inaspettati che, non proprio raramente, affliggono l’operato di Bruce Wayne durante le delicate missioni. Ecco perché il voto che troverete qui sotto, a ben vedere, è un po’ inferiore a quanto previsto dalle nostre aspettative: non è certo una sconfitta per il Cavaliere Oscuro, ma la danza con il Diavolo sotto il pallido plenilunio, questa volta, avrebbe potuto essere migliore.

 

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