Tanti anni fa, quando Deborah Harry e i suoi Blondie cantavano Call Me e le spalline erano un accessorio imprescindibile prima di uscire di casa, gli amanti della guerra digitale erano tutti riuniti sotto l’egida di Battlezone. Un titolo sicuramente avanti coi tempi, trenta e passa anni or sono: non tanto per le tematiche, visto che carri armati, esplosioni e materie affini popolano questo medium da lunghissima data quanto, piuttosto, per uno stile, il wireframe, a cui il cinema fantascientifico dell’era ci aveva presto abituati e che, seppur oggi possa far sorridere, veniva spesso declinato come il futuro del videogioco. La mission di Battlezone era tutta nel proprio nome: zona di battaglia, letteralmente, dove dei tank di colore verdastro si vomitavano addosso missili, mitragliatori e qualsiasi altra cosa l’industria bellica del tempo permettesse per un unico, meraviglioso scopo, il predominio. Semplice ed intuitivo, il titolo di Atari finì inevitabilmente per essere ripreso successivamente, con seguiti più o meno ufficiali e una miriade di variazioni sul tema – tutte operazioni che, in un modo o nell’altro, finirono per alimentare la nomea dell’originale del 1980 all’interno del circuito dei retrogamer più incalliti.
In pochi, ammettiamolo, avremmo scommesso di vedere un nuovo Battlezone nel corso del 2016. Ci hanno pensato i Rebellion in quel di Oxford, decisi di dare degno omaggio ad un intramontabile classico del genere rendendo tutto più convincente grazie al neonato PlayStation VR: del resto, se l’immersione totale nel gioco sta diventando il leit motiv di numerosissime produzioni, cosa meglio di un visore per la Realtà Virtuale per ritrovarsi davvero dentro ad un carro armato? Con uno stile meno wireframe e più simile ai neon sfavillanti di Tron, eccoci dunque qui a parlare di questo Battlezone “featured PS VR“: un titolo con qualche buona idea sulla carta e uno stile che tutto sommato ci sta. A patto di avere almeno altri tre amici con cui prendersi a cannonate.
Battlezone è uno shooter tradizionale in prima persona con vista dall’interno del veicolo, concepito su una mappa ad esagoni generata proceduralmente al cui interno il giocatore dovrà muoversi, completando via via una serie di obiettivi prestabiliti. Gli obiettivi non brillano in quanto a varietà, ad essere davvero onesti, e alternano la necessità di distruggere qualsiasi cosa nemica su muova su schermo all’acquisizione tramite hacking di informazioni delicate da una torre avversaria, prima che siano i nostri avversari a farlo. A nostra disposizione, almeno nelle battute iniziali, avremo tre classici carri, un settaggio che rispecchia alla perfezione l’antica tradizione del “personaggio” equilibrato, di quello più veloce ma meno cazzuto quando si tratta di affondare colpi e, non ultimo, quello lento come un bradipo ma con dei confetti esplosivi in canna che levatevi … Due le tipologie di armamento per ogni carro, rigorosamente potenziabili – se ne sarete capaci, ma di questo ne parliamo a breve: un cannone leggero, che permette di sparare con un buon rate contro qualsiasi cosa si muova, e un secondo cannone doppio con aggancio al bersaglio, che vomita manciate di missili verso il malcapitato di turno.
Tutto troppo facile, direte voi. Ebbene, la realtà è ben diversa. Pur dimostrandosi sulla carta abbordabile e giocabile da praticamente tutti, a patto di non soffrire eccessivamente di motion sickness (Battlezone non certo è il titolo che ci ha stesi più di tutti in questo contesto, ma dopo un tre quarti d’ora a bordo di un carro armato proprio dei fiorellini non eravamo) fareste bene a tenere in considerazione un paio di cose. Punto uno, i già citati missili a ricerca sono sì una figata poderosa quando si tratta di abbattere veicoli nemici, specie quei fastidiosi droni volanti che sono più imprendibili di una mosca: peccato che il loro tempo di ingaggio sia qualcosa di eterno, nonostante ogni eventuale upgrade del caso. Inutile dire che, finché non avrete preso la giusta mano, sarete degli ottimi bersagli per una buona manciata di secondi. Che può essere un problema anche solo relativo nel primo livello, ma già dallo stage successivo – visto l’aumento della cattiveria nemica – significa gran botte ricevute ed esplosione imminente prima ancora che ve ne accorgiate.
In Battlezone non si spara alla cieca
Il secondo aspetto da tenere a mente è che in Battlezone non si spara alla cieca: i missili standard sono contati, e dopo averne sganciati una buona dozzina sarà necessario attendere un tempo di ricarica prima di poter tornare a sparare di nuovo. Esagerate con l’allegria e vi ritroverete pure senza missili, procedendo con larghi sorrisi ed ampie falcate all’ineluttabile, ennesimo retry. Sia chiaro, quanto detto sinora rappresenta tutto tranne che un aspetto negativo: un approccio attento alla gestione degli armamenti standard, così come una certa oculatezza con l’aggancio automatico, donano a Battlezone una patina tattica piacevole e convincente, innalzandone lo status da semplice “spara spara” a esperienza più complessa. Il problema, tuttavia, sta nella gestione delle vite. Sì, perché nei lontani anni ’80 anche i carri da guerra avevano le vite.
Tre, per la precisione. Avete capito bene: alla terza esplosione del vostro carretto bombardato siete fuori. E con fuori non intendiamo “vabbè dai, usiamo un continue e passa la paura“: finiti i cuori, finisce anche la vostra campagna. Game Over, si ricomincia da capo. OK fornire una sfida impegnativa, ma già dal terzo livello diventa problematico (per non dire difficoltoso) portare a casa la pellaccia senza perdere qualche significativo pezzo di fusoliera. Il che ci pone di fronte ad un problema non da poco per chiunque voglia approcciarsi al titolo: la sua cattiveria esagerata. E i motivi sono svariati: la generazione procedurale degli esagoni, tanto per iniziare, rende sì ogni partita diversa dall’altra, ma rischia di metterci davanti da subito un esagono (dunque un livello) mostruosamente oltre le nostre skill iniziali, conducendoci impietosamente al Cimitero del Carro Armato. Vero è che possiamo utilizzare delle specifiche sonde per curiosare cosa ci nasconda il prossimo stage, ma è poco più di un qualcosa per mettersi l’anima in pace e affrontare la morte col sorriso.
A questo vanno aggiunte da un lato la controffensiva nemica, che si comporterà da bersaglio in leggero movimento per un livello soltanto prima di sfoderare le proverbiali unghie, e la “lunghezza” di una campagna (in termini di numero di livelli) esagerata per un ammontare massimo di tre vite iniziali. Certo, sarà possibile optare per una Single Player di durata media o corta, rigorosamente procedurale, ma non che un numero di stage inferiore renda la vita più facile.
Alla terza esplosione del vostro carretto bombardato siete fuori.
Il problema principale di Battlezone, tuttavia, è la sua eccessiva ripetitività in single player. Tempo una manciata di livelli e avrete già visto praticamente ogni cosa il titolo Rebellion abbia da offrire, sia in termini di gameplay (imparate a schivare e resterete vivi più a lungo), sia di modelli nemici o a disposizione di chi gioca, sia – e soprattutto – di pattern di missioni. La ventata d’aria fresca, è il caso di dirlo, la porta la componente online del titolo, che pur non offrendo una modalità competitiva vera e propria permette ad un massimo di quattro giocatori di far fronte comune contro l’avversa minaccia e, cosa non certo da sottovalutare, di curarsi a vicenda nel corso del match allontanando di quel giusto lo spettro del game over. Il gameplay già frenetico e comunque appassionante del titolo base viene ora ulteriormente amplificato, rendendo di fatto il multi il terreno ideale per godere appieno di questo Battlezone. Non che le missioni cambino di colpo se a giocarle sarete in quattro persone, sia chiaro: ma ok, a svuotar cannoni tra amici ci si diverte sempre di più.
Il nuovo Battlezone dei ragazzacci di Oxford, a ben vedere, avrebbe delle potenzialità interessanti. Con uno stile non certo capace di far gridare al miracolo, specie nel settore VR, ma complessivamente godibile e funzionale ai propri scopi, un control schema rigorosamente demandato al Pad (niente supporto al Move, che è un bene in questo caso) e delle meccaniche di gameplay ragionevolmente abbordabili anche dai giocatori meno esperti, il titolo di Rebellion tenta la strada della reinterpretazione di questo genere, sparito da tempo dai riflettori principali, usando proprio la VR come ideale trampolino di lancio. Metteteci delle buone idee sotto il cofano e quel pizzico di tattica che non ti aspetti nei combattimenti e via, come non aspettarsi un bel voto tondo tondo? Battlezone, invero, inciampa vistosamente su un paio d’altri aspetti: sull’eccessiva ripetitività dei propri contenuti nelle missioni single player, sulla mal calibrazione della difficoltà di alcuni livelli, anche iniziali, legati alla relativa creazione procedurale, sul voler rendere tutto dannatamente così complicato con avversari impietosi dalla mira infallibile lasciando al giocatore soltanto tre misere vite. Inutile girarci attorno, le buone premesse iniziali lasciano spazio a noia e frustrazione, qualora la Campagna solitaria rappresenti il vostro obiettivo di gioco standard. Discorso diverso, drasticamente, qualora decidiate di sfondare qualche carlinga nemica in compagnia di tre amici: riproposizione di contenuti e tedio lasciano maggior spazio alla frenesia e a quel meraviglioso bilanciamento di “mi raccomando, tattica” e “spara spara spara come non ci fosse un domani” tipico delle coop più affiatate. Non sarà la miglior battaglia che consegnerete alla storia, ma di sicuro non vi annoierete eccessivamente. |
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