Durante il corso della GDC 2017, come avrete potuto osservare dalla nostra anteprima, abbiamo avuto il piacere di provare l’atteso Syberia 3 direttamente tra le mura degli uffici di San Francisco di Ubisoft. Una di quelle occasioni che non capita certo tutti i giorni, a ben vedere, ulteriormente impreziosito da un appuntamento che, entrambi gli inviati in loco, attendevano non senza “un pizzico” di trepidazione. Dopo un’intera giornata trascorsa a sfrecciare da un angolo all’altro del Moscone Center, galoppando per una mezza dozzina di isolati alla ricerca dell’ennesimo appuntamento in lista, ci siamo ritrovati comodamente seduti attorno ad un tavolo da riunione in compagnia di un certo Benoît Sokal.
Un tipo strano, il signor Sokal. Uno che non parla molto, te ne accorgi praticamente da subito, che conta le parole con attenzione ma, nonostante quel suo inglese strano che si mischia al belga e al francese, ti fa capire istantaneamente quanto amore e quanta passione metta nel proprio lavoro. L’ultimo cantastorie moderno, verrebbe quasi da definirlo, dal sorriso bonario e dallo sguardo intenso che, di tanto in tanto, nasconde con la propria inseparabile coppola. Parlare con Benoît Sokal, lo ammettiamo, è stato un piacere come pochi altri: disponibile, simpatico e a tratti istrionico, ha delineato uno spaccato personalissimo, ed interessante, sul significato di “avventura grafica” da ieri ad oggi, raccontandoci esperienze personali, traguardi e difficoltà. Ma soprattutto che, alla fine, è la passione nel raccontare una storia che ti fa andare avanti, giorno dopo giorno. E siamo sicuri che, quella stessa passione, accompagnerà Sokal ancora per parecchio tempo.
Qual è la sfida più grande nel creare avventure grafiche nell’era di PS4 ed Xbox One?
È molto complicato, perché per me si tratta di una nuova tecnologia: all’inizio era molto più semplice e potevo avere sotto controllo ogni singolo aspetto dello sviluppo e della produzione. La sfida più grande è quella di creare un team di sviluppo davvero buono, per creare un gioco altrettanto buono. E non è una cosa scontata. Una volta avevo quasi tutto sotto controllo, adesso mi affido al mio team, di cui fortunatamente sono orgoglioso.
Perché ha aspettato così a lungo per creare Syberia 3? Aveva già un terzo capitolo in testa dopo aver concluso Syberia 2?
Prima di tutto a causa del contratto con la vecchia compagnia e quindi dei diritti sul brand. Dopo Syberia 2 ho realizzato due giochi con la mia software house, al cui interno ho continuato a raccontare le mie storie, nonostante non ci fosse Kate Walker e fossero ambientate in Africa invece della Siberia. Inoltre mi sono dedicato a disegnare fumetti, che sono un’altra mia grande passione. Poi sono stato libero di poter tornare a lavorare su Syberia, ed eccoci qui.
I soldi (ride). Scherzo, non si tratta di soldi, per me tutto questo è un’avventura, la produzione e tutto il resto sono la mia vita, sono un’avventura che non potrei fare a meno di vivere. Non ci sarebbero altre cose che potrei fare.
Ha mai giocato con qualcuna delle avventure grafiche di nuova generazione (The Walking Dead, The Wolf Among Us, Life is Strange)?
Ho lavorato insieme a mio figlio in fase di creazione di Syberia 3, lui sì le ha giocate. Per me fanno parte tutte dello stesso genere, a prescindere dalla tecnologia usata, dalla prima persona o dalla visualizzazione classica. Ma in tutta onestà, per me non è importante giocare le altre avventure grafiche: il mio lavoro principale è quello di creare e raccontare una storia, il mio tempo libero lo passo leggendo libri, guardando film e serie TV, andando al teatro. Ecco, sono tutte queste cose che in qualche modo finiscono nei miei videogiochi.
Pensa che le nuove generazioni apprezzeranno un titolo come Syberia 3, che ha un’impostazione molto “old-style”?
Difficile saperlo in anticipo. Quando scrivi il tuo gioco, il tuo libro o il tuo fumetto, è davvero difficile sapere chi sarà a giocarlo o leggerlo. Per cui vado semplicemente per la mia strada, creando ciò che credo sia giusto.
Dove ha trovato l’ispirazione per una storia grande come questa?
Ho iniziato a scrivere il primo Syberia nel 2000, e si tratta della mia storia del 20° secolo. In quel periodo tante persone hanno deciso di raccontare la storia di quel secolo, e per quanto mi riguarda, si tratta della storia dei miei nonni, dei miei genitori. E Syberia è il paese di tutte queste persone, della mia famiglia, è il paese di tutti gli europei che hanno girato il continente, a causa delle guerre o altri avvenimenti. Syberia è la storia di tutte queste persone, in un continente misterioso, come l’Europa.
Dopo Syberia 3, ha nuove storie da raccontarci? Nuovi progetti?
Sì, è la storia di una Kate Walker molto più dark e della ricerca di sua nonna, sarà ambientato in Europa, o meglio una versione visionaria dell’Europa, specialmente di Vienna. Vedremo, è ancora presto per parlare: ma difficilmente smetterò di raccontare storie. Almeno ancora per un po’.
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