Colonia – Biomutant è una di quelle produzioni che, nonostante l’annuncio quasi in sordina, rischia davvero di lasciare un bel segno. Un RPG insolito quello sviluppato dai ragazzi di THQ Nordic, che pur attingendo da un bacino collettore (quello del gioco di ruolo occidentale) pressoché infinito riesce a calarti la proverbiale carta che non ti aspetti, presentando al pubblico un titolo così strano e accattivante che beh, la diffidenza iniziale nei suoi confronti finisce per essere un mero ricordo. Prendete un mondo ad un passo dal tracollo, dove l’equilibrio millenario naturale è appeso ad un filo metteteci la sua insolita popolazione, un concentrato di razze e etnie mutanti di svariate tipologie divise in fazioni avversarie particolarmente inclini a farsi guerra l’un l’altra.
Ecco, a questo punto entriamo in gioco noi. Un altro mostriciattolo, un mutante dalle vaghe reminiscenze di procione, abilissimo con le lame e letale con le pistole. Un cane sciolto, un pazzo scatenato che gira con una sorta di cavalletta robotizzata sulla spalla e, nel vero senso della parola, scorrazza per un mondo di dimensioni vastissime a farsi letteralmente gli affari propri. Sì, perché alla fine di tutto ci pensa il karma, o in questo caso i famigerati Yin e Yang, a riequilibrare ogni cosa e a pareggiare i conti. E allora, tanto vale fare un po’ quello che ci pare, seguendo la nostra vocazione o, perché no, quell’estro particolare che ci solletica in quel momento. Che poi a pagare il conto con Mamma Natura si fa sempre a tempo.
Biomutant, prima ancora di presentare la meccanica che dà il nome all’ultima creatura di casa THQ Nordic, si basa per l’appunto su questo sistema di reputazione. Un sistema articolato in un meccanismo di triplice scelta, che azione dopo azione ci mette di fronte a scenari possibili dove potremo assumere un atteggiamento neutrale (il famoso “chissene”, per intenderci), fare i bravi ragazzi o agire da bulli e fare l’esatto opposto di quanto suggerito dal buon senso. Il tutto in piena libertà, consapevoli del fatto che, nel delicatissimo equilibrio che regola il nostro strano universo, potremmo avere un ruolo davvero simile a quello dell’ago della bilancia – e avere così a che fare con i Nono, creaturine colorate che, se utilizzate con costanza, permetteranno alla vegetazione e alla natura di rigenerarsi, garantendo al pianeta una seconda vita.
La libertà decisionale su cui si poggia Biomutant non si applica soltanto alla contestualizzazione narrativa data da testi e dialoghi, ma anche da azioni vere e proprie che potremo compiere nel corso delle missioni in questo gigantesco scenario open world: potremo decidere di allinearci con una delle tribù buone, ad esempio, cercando di arginare l’avanzata di altre creature più votate al caos. Oppure potremo abbracciare in toto la causa maligna, magari eliminando dapprima il boss nemico e poi prendendone le veci.
In termini di gameplay, la demo a cui abbiamo assistito oggi presso il booth di THQ Nordic ci ha dapprima introdotto al meccanismo di personalizzazione del personaggio: un sistema semplice ed intuitivo, che permette al giocatore di selezionare il genere del nostro alter ego, la mutazione iniziale (che influirà sulle relative stats) e un’altra serie di parametri, che spaziano dalla mera estetica (colore e tipologia di pelliccia, colore dei dettagli e via dicendo) ad altri elementi funzionali come peso, altezza o agilità: del resto, un personaggio grosso e muscoloso sarà avvantaggiato nella lotta ravvicinata, ma non brillerà certo in velocità o nella realizzazione di mosse funamboliche. Largo spazio alla personalizzazione, insomma: senza dimenticare tuttavia che, il grosso, lo farà a breve la biologia delle mutazioni.
Per ciascuna sequenza di gioco completata, boss o nemico abbattuto, il nostro alter ego verrà premiato con dei Bio Points (l’equivalente degli Skill Points tradizionali del genere RPG) da utilizzare per evolvere determinate abilità del nostro personaggio – che spaziano dalle già citate forza o agilità, passando per cose più curiose e utili come la telecinesi, la possibilità di creare funghi da utilizzare come piattaforme di lancio e via dicendo. La progressione nella storyline garantirà al nostro alter ego delle mutazioni spontanee, i cui esiti dipendono in modo proporzionale sia dal nostro karma, sia dall’attuale “stato biologico” raggiunto. C’è dunque un leggero retrogusto tattico nell’evoluzione del personaggio, laddove determinate tribù o boss speciali, se affrontati con la giusta mutazione, potrebbero rivelarsi meno problematici del previsto.
Al netto di questa veloce infarinatura sul gameplay, Biomutant è un open world enorme interamente sbloccato e accessibile dal giocatore. A fianco delle tradizionali “gambe in spalla” potremo fare affidamento su una pletora ragguardevole di mezzi, che spaziano da veicoli aerei a battelli e altre amenità in grado di garantire un’esplorazione più veloce – oltre che l’accesso a zone difficilmente raggiungibili contando esclusivamente sulle proprie zampe pelose. Il level design di Biomutant ci è sembrato solido e convincente, corroborato da una varietà di scenari ben al di sopra della sufficienza e da una varietà di luoghi e situazioni di indubbio fascino.
L’unico appunto che possiamo muovere a Biomutant al termine di questa veloce presentazione non è di tipo tecnologico, nonostante la giovane età della build mostrata alla stampa. Ad essere leggermente meno palpabile è il carisma del nostro protagonista, acrobatico e “scavezzacollo” nelle fasi dichiaratamente combat (alternare tra spade e fucili, sfruttando qualche breve sequenza bullet time, è indubbiamente affascinante) ma ancora privo di una personalità così dirompente capace di conquistare il cuore dei giocatori. Certo, è ancora presto per trarre una conclusione del genere, visto e considerato che potrebbe trattarsi di una scelta voluta dallo stesso Publisher in occasione di questa presentazione. L’impressione generale, tuttavia, è positiva: e di Biomutant, dopo questo primissimo incontro, siamo quasi sicuri che ne sentiremo parlare ancora a breve.
In conclusione
In un genere affollato come quello dell’RPG occidentale, l’arrivo di un titolo come Biomutant è indubbiamente positivo per tutti quei giocatori alla ricerca di qualcosa di insolito e fuori dagli schemi. Convincente in termini di level e charachter design (i mostriciattoli nemici, ciascuno con diverse fattezze animalesche, è qualcosa di assolutamente positivo e ben riuscito) e caratterizzato da un gameplay intuitivo e immediato anche per i giocatori meno esperti, Biomutant mescola con intelligenza l’esplorazione in un vasto scenario open world a sezioni di combattimento frenetiche, che strizzano l’occhio voluttuosamente alla spettacolarità (il nome Kung-Furr, apparso nelle ultime ore, è tutto tranne che casuale) e al cosiddetto “effetto cinema”. La strada di Biomutant è ancora lunga, da qui ad una non ancora meglio precisata data del 2018: ma le premesse per fare bene e ricavarsi un posticino considerevole nell’universo RPG, già da questa gamescom 2017, ci sono tutte.