28 Ott 2016

Bioshock: The Collection – Recensione

Se è vero che questa claudicante “nuova” generazione di console, prossima allo spegnimento della sua terza candelina, abbia ottenuto il suo successo (o presunto tale) grazie un parco titoli esiguo e di media qualità che, a parte dovute endemiche eccezioni, non verrà ricordato negli anni a venire; lo è altresì che tanti di quei giochi che determinarono il boom di Xbox 360/PlayStation 3, siano stati riproposti in questo triennio per dare lustro alle attuali macchine da gioco e per alzare, sia qualitativamente che quantitativamente, un parco titoli mai così misero ed anonimo. E’ capitato dunque di vedere ri-apparire The Last of Us, Uncharted, svariati episodi di Resident Evil, Halo, Saints Row 4, i due episodi di Metro e persino l’antidiluviano, per quanto apprezzatissimo, Grim Fandango. Questo “fritto misto” che vi ho or ora descritto ci fornisce una immagine limpida ed accurata della crisi di idee che, oramai più che conclamata, attanaglia il mondo del gaming contemporaneo portando continuamente gli sviluppatori ad attingere idee da serbatoi zeppi di successi d’annata al fine di riempire un parco titoli colpevolmente deficitario di (tanti) blockbuster di successo: tra remaster di ottima qualità ed alcune di cui avremmo fatto tranquillamente a meno ecco giungere, puntuale come un solerte ispettore delle tasse, la tanto annunciata (e desiderata invero) ri-edizione in alta definizione della trilogia di Bioshock raccolta, fantasiosamente, sotto il nome di Bioshock: The Collection.

A meno che non abbiate passato un decennio sotto una campana di vetro o a meno che le vostre ultime esperienze di gioco non risalgano ai tempi della PlayStation 2, avrete sicuramente sentito parlare di questa trilogia che, partorita dalla geniale mente di Ken Levine, ha scritto (continuando a dettar legge in detto ambito) una pagina importantissima nella storia del gaming della passata generazione, unendo trame visionarie ed ispiratissime ad un gameplay fps che, seppure parzialmente macchinoso, ben si adattava alle mirabili esigenze narrative ideate dal poliedrico game designer. Il co-fondatore, insieme ad un certo Warren Spector, dei Looking Glass Studios riuscì, continuando quanto già iniziato sotto l’egida della compianta software house con System Shock 2, nell’opera di creare Bioshock, un gioco tanto bello, graficamente appagante e sostenuto da una trama di altissima caratura, da rimanere impresso, con tutti i suoi caratteristici protagonisti, nella mente dei videogiocatori. Al capostipite della serie seguì un secondo, non ispirato, episodio (non curato direttamente da Ken Levine) che divise in due la critica e, dopo ben sei anni di gestazione (di nuovo sotto l’ala protettiva di Mr. Levine) quel capolavoro rispondente al nome di Bioshock: Infinite.

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Levine, al pari di altri mostri sacri quali Warren Spector ed Hideo Kojima, riuscì nell’ardua impresa di consegnare agli utenti un mondo vivo e pulsante in cui i personaggi incontrati non solo si muovevano, ma vivevano di vita propria, lasciando dietro di loro profonde convinzioni e storie toccanti al limite dell’inverosimile: nel corso dei vari episodi ci siamo trovati davanti, rispettivamente, ad utopie e distopie, visioni speculari ma deviate del nostro mondo, atte a divenire strumenti di riflessione sull’identità umana, tutto questo grazie a dei “semplici” videogiochi. Appare dunque lampante quanto, considerando l’ingenza e la potenza dei comparti narrativi della serie tutta, l’arrivo di questa versione rimasterizzata in alta definizione per Pc, Xbox One e PlayStation 4 abbia generato più di un moto di gioia in tutti i fan, tanto nei nostalgici quanto nei newcomers, a digiuno di giochi di qualità e desiderosi di colmare una lacuna nel migliore dei modi possibili. Il ri-adattamento di queste pietre miliari della passata generazione di macchine da gioco, affidato ai ragazzi di Blind Squirrel Games, ci consegna, stando a quanto declamato ai quattro venti, delle versioni a 1080p con un frame-rate fino a 60fps al fine di render giustizia a dei prodotti che, comunque, non sfiguravano già nelle loro incarnazioni old-gen.

Ken Levine riuscì nell’opera di creare Bioshock, un gioco tanto bello, graficamente appagante e sostenuto da una trama di altissima caratura, da rimanere impresso, con tutti i suoi caratteristici protagonisti, nella mente dei videogiocatori.

Acquistando Bioshock: The Collection potremo mettere le mani su tutti e tre gli episodi della saga madre e, naturalmente su tutti quanti i contenuti aggiuntivi pubblicati nei passati anni: dall’evocativo “Labirinto di Minerva” del secondo episodio ai due meravigliosi episodi di “Funerale in mare“, anello di congiunzione ed endemica chiusura del cerchio di Bioshock Infinite, capaci di mettere in contatto due realtà tanto distanti quanto simili quali Rapture e Columbia; mancano inspiegabilmente i contenuti (e le modalità) multiplayer rilasciati sia contestualmente che in seguito all’uscita del terzo episodio, mancanza che però non si fa sentire, vista la vocazione spiccatamente single-player e la peculiarità di story-driven fps che caratterizzano l’intera saga. Qual’ora non vi fosse mai capitato di mettere le mani su uno qualsiasi di questi tre episodi, sappiate che Bioshock, seguendo lo stilema dettato in System Shock 2, unisce capillarmente meccaniche tipiche di un fps, pur non risultando tale per via di una macchinosità forzosamente voluta, alla base evolutiva tipica degli rpg: sin dal capostipite dovremo farci largo tra nemici assetati di sangue a suon di pallottole e/o potenziamenti, tenendo un occhio (e mezzo) sull’eventuale evoluzione da imprimere al nostro personaggio. Queste dinamiche, ampiamente sbilanciate verso il ruolistico nel corso dei primi due episodi, hanno visto il ribaltamento delle stesse a favore di una azione più marcata in Bioshock Infinite, scelta che ha decretato (unitamente ad una trama da blockbuster hollywoodiano) il successo planetario dell’ultimo nato in casa Irrational Games, scioltasi poco tempo dopo l’uscita di questo diamante dall’inestimabile valore.

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Se nulla del comparto gaming è stato cambiato in fase di ri-masterizzazione, le meccaniche di gameplay si ri-presentano tali e quali per ciascun episodio, senza attualizzazioni o correzioni di sorta, lo stesso non può esser detto del comparto grafico: questo è stato infatti il segmento che, nonostante un livello di partenza più che dignitoso, ha subito il maggior numero di evoluzioni. Spicca la conversione in 1080p nativa di tutti e tre gli episodi, con rese finali maggiormente intelligibili (rispetto alle versioni originali) nei primi due capitoli della saga, risalenti, rispettivamente al 2007 e al 2010: ambo gli episodi possono vantarsi infatti di un restyle grafico volto a migliorare la qualità poligonale degli originali, aumentandone la pulizia e sottoponendoli ad un pedissequo trattamento di ritexturizzazione che va a perfezionare il già notevole livello grafico originale. L’opera di ri-progettazione del sistema di illuminazione dinamico, unito all’innalzamento qualitativo delle texture pre-esistenti, con conseguente miglioramento delle capacità espressive e della resa finale dei modelli poligonali, dona nuova linfa ai sopraccitati capitoli: stona purtroppo, in mezzo a questa certosina opera di attualizzazione, una mancanza di cura per gli ambienti di gioco, lasciati poligonalmente inalterati e con le texture solo “lucidate” per farli sembrare al passo con il livello poligonale dei protagonisti. Bioshock Infinite invece, per via della sua più recente pubblicazione (il capitolo in oggetto risale al 2013), vede “limitata” l’opera di attualizzazione in alta definizione alla conversione della versione PC su Xbox One e PlayStation 4, trattamento che, comunque, rende apprezzabilissimo ed al passo con i tempi anche questo capitolo conclusivo dell’epopea di Rapture/Columbia. Ciò che fa storcere il naso è, purtroppo, la mancata ottimizzazione del frame-rate: la rimozione del frame-cap ha infatti sbloccato lo stesso rendendo possibile  il raggiungimento dei 60 fps, non stabili però, pronti a crollare diametralmente in caso di notevole affollamento su schermo.

Levine, al pari di altri mostri sacri quali Warren Spector ed Hideo Kojima, è riuscito nell’ardua impresa di consegnare agli utenti un mondo vivo e pulsante in cui i personaggi incontrati non solo si muovevano ma vivevano di vita propria.

A completare l’offerta di questo Bioshock: The Collection giungono i contenuti aggiuntivi che, seppure scissi dal gaming vero e proprio, ci permettono di approfondire la conoscenza di un universo variegato e multisfaccettato quale è quello concepito da Ken Levine: per chi volesse saperne di più sulla concezione del capitolo originale è presente infatti un videodocumentario contenente un pingue commento del regista, che si apre agli utenti/fan spiegando a cuore aperto tutte le fasi che portarono alla concezione del tanto amato universo alternativo di Bioshock, andando a rivelare miti e messaggi nascosti fin’anche nei più piccoli oggetti disposti nel mondo di gioco, ad ulteriore riprova della incredibile cura riposta dai ragazzi di Irrational Games nella realizzazione della loro avventura madre. Spicca inoltre una interessantissima sezione “Museo”, segmento realizzato appositamente per tutti i feticisti di Rapture & Co: sarà infatti possibile accedere e visionare nei minimi dettagli una serie di bozze e schizzetti preparatori che non avevano mai lasciato, prima d’ora, le segrete stanze dello studio di programmazione, dandoci un ulteriore punto di vista sulle metodologie di creazione e di progettazione utilizzate dai ragazzi al soldo di Ken Levine.

Conclusioni

Approcciarsi alla riedizione in alta definizione di giochi quali i tre Bioshock non è mai facile: l’elevatissimo livello degli originali, unitamente alla fama di infallibilità costruitasi attorno ai ragazzi di Irrational Games, ha fatto si che montasse hype attorno l’uscita di questa collection, fatto inusuale per una “comunissima” remaster che, alla fine, tanto comune non è stata.

Blind Squirrel Studios, responsabile della conversione in alta definizione di queste tre pietre miliari del gaming che conta, ci ha regalato una versione pressoché perfetta degli stessi mantenendo inalterate, come è giusto che fosse, le pur legnose dinamiche di gameplay e ritoccando pesantemente un già di suo ottimo comparto grafico, ora tirato a lucido nel fulgore dei 1080p. Stona pesantemente, in questa alea di perfezione, la mancata ottimizzazione del frame-rate, si sbloccato e capace di raggiungere la soglia record di 60fps ma, ahinoi, ballerino e soggetto ad ingenti rallentamenti nelle fasi più concitate e la poca cura riservata, contrariamente a quanto fatto per i protagonisti e per gli antagonisti principali, alla attualizzazione poligonale-grafica del mondo di gioco.

A completare il tutto giungono l’inserimento di tutti i contenuti aggiuntivi single player rilasciati nel corso degli anni (mancano invece le modalità multiplayer viste in Bioshock Infinite) e la presenza di extra che qualsiasi appassionato dell’universo creato da Ken Levine non può perdere. L’acquisto è consigliato a tutti: è difficile, anche dopo svariati anni dall’uscita degli originali, trovare giochi così complessi ed appaganti in circolazione.