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27 Mar 2020

Bleeding Edge – Recensione

Dando una rapida occhiata al curriculum di Ninja Theory non ci si può biasimare nel provare un’istintiva delusione guardando a Bleeding Edge. Ancor prima di entrare nel merito del gioco in sé e per sé, dal talentuosissimo team inglese, da sempre responsabile di ottime esperienze in single player, non ci si sarebbe mai aspettati l’ennesima produzione incentrata sul multiplayer cooperativo e competitivo, tanto più declinata in un genere già saturo e poco attrattivo per buona parte dell’audience console.

L’opera prima della software house sotto l’ala protettrice di Microsoft è un brawler multiplayer 4vs4 che all’atto pratico mostra tanto carattere, ma paga sul piano dei contenuti. L’impressione a caldo che se ne ha è quella di un gioco che non ha alcuna fretta di esprimersi, realizzato da un team particolarmente ridotto, che solo nei prossimi mesi offrirà al pubblico la compiuta e completa idea, il concept che al momento vive esclusivamente nelle menti dei game designer responsabili del progetto.

Sia chiaro, di carne sul fuoco ce n’è, considerando il piano squisitamente ludico. Contenutisticamente parlando c’è molta strada da fare per attirare un pubblico più ampio dei soli amanti del genere.

Il fulcro attorno a cui ruota l’intera esperienza è lo stesso che ha ispirato la nascita di League of Legends e Overwatch: gli eroi. Dodici beniamini, divisi in tre categorie, Offensivo, Curatore e Tank, saranno le fondamenta su cui dovrete costruire la vostra squadra.

Viste le dimensioni delle mappe, il tempo necessario per il respawn e la difficoltà con cui si fa crescere il punteggio per accaparrarsi la vittoria, già dopo una partita capirete che due cose sono imprescindibili in Bleeding Edge: l’equilibrio all’interno del proprio schieramento, la necessità di procedere con piglio strategico.

Ogni personaggio gode ovviamente di parametri ed abilità specifiche. Oltre all’attacco base, potrete contare su tre abilità, più una super, il cui sfruttamento è tutt’altro che semplice da padroneggiare completamente. Comprendere effetti e vantaggi tattici che possono garantire non è affatto immediato, soprattutto nel caso di personaggi più sfaccettati, che mescolano caratteristiche di due o più categorie di riferimento. Pratiche icone, durante il matchmaking, segnalano la complessità nell’utilizzo dell’eroe di turno, piccola feature che aiuterà e non poco i neofiti durante le prime partite.

Viste le dimensioni contenute della squadra, è insomma fondamentale che tutti i partecipanti sappiano esattamente cosa fare, così da essere realmente utili alla causa. Uno schieramento senza Tank è destinato alla sconfitta. Così come squadre composte da tre Curatori non possono avere un minimo di chance in battaglia.

In ciascuna delle due modalità presenti la coordinazione del gruppo è fondamentale. Sia che si tratti di conquistare e difendere alcune zone della mappa, sia di raccogliere e recapitare in aree prestabilite delle celle energetiche, dovrete muovervi quasi all’unisono, tattica consigliata per affrontare al meglio lo schieramento avversario.

In Bleeding Edge ci sono anche mod e skin, che permettono di personalizzare il proprio roster

I Curatori sono i primi che dovrete abbattere, stando attenti a non subire troppi danni dai Tank, facendo in modo che le abilità elusive degli Offensivi tendano a confondere e dividere gli avversari. Ritirarsi, in certe occasioni, è una tattica assolutamente efficace, perché tra respawn e rischieramento si concederebbe troppo spazio di manovra all’altro team.

Le mappe disponibili (al momento solo cinque) aggiungono ulteriori parametri di cui tenere conto. Inaspettatamente sviluppate in verticale, presentano diversi elementi che possono influire sulla partita. Da box che rimpinzano i punti salute, ad altri che aumentano il potere d’attacco, non mancano nemmeno respingenti che proiettano l’avatar da un punto all’altro dell’arena ed ostacoli che possono essere sfruttati a proprio vantaggio. Inseguiti da un nemico, per esempio, potrete eliminarlo facilmente lasciandogli attraversare i binari proprio mentre sta passando un treno a tutta velocità. Lanciafiamme piazzati, se attivati con il giusto tempismo, possono causare ingenti danni.

C’è anche un sistema di mod e skin che permettono di personalizzare il proprio roster. Se quest’ultime hanno un impatto esclusivamente estetico, le prime forniscono bonus di varia natura, permettendo ai più smaliziati di adattare e adeguare l’approccio alla battaglia in base alle esigenze e ai propri gusti.

Artisticamente, marchio di fabbrica di Ninja Theory, il titolo lascia poco spazio alle critiche. La soundtrack composta da brani elettronici e soft dubstep creano un’atmosfera vagamente futuristica. Il character design è al limite della perfezione, componendo un roster certamente caratteristico tra robo-chitarristi e samoani con protesi metalliche. Tecnicamente non lascia esterrefatti, ma l’ottimo netcode e il frame-rate fluidissimo garantisce partite senza alcun problema.

Le idee, insomma, non mancano, ma permane la sensazione che il titolo abbia il fiato corto, troppo per intrattenere oltre qualche ora. Mancano i match competitivi, la lista di lottatori è fin troppo corta, le cinque mappe si assomigliano tremendamente. Va da sé che la promessa roadmap di aggiornamenti continui estirperà alla radice questa lacuna, ma anche in battaglia qualche piccolo dubbio rimane.

Bleeding Edge è un brawler multiplayer estremamente raffinato e sfaccettato

Sì, perché sebbene il combat system sia più profondo di quanto possa sembrare di primo acchito, sarà davvero materia per pochi padroneggiarlo al meglio. I fattori da considerare sono moltissimi e solo i fan sfegatati del genere avranno abbastanza pazienza da approcciare Bleeding Edge con la giusta applicazione. La larga fetta di pubblico si butterà a testa bassa nella mischia, lasciandosi andare al button mashing, traendo ben poche soddisfazioni da un titolo che pretende non solo una perfetta coordinazione con gli altri membri del team, ma anche una raffinata conoscenza degli effetti di ogni mossa effettuata e subita.

Conclusioni

A discapito delle apparenze, Bleeding Edge è un brawler multiplayer estremamente raffinato e sfaccettato. Mette in pentola diversi ingredienti che concorrono a far sì che le partite siano decise più dalla strategia adottata dal gruppo, che dalla bravura del singolo.

Purtroppo, allo stato attuale dei fatti, manca davvero troppa sostanza per non scorgere un pizzico di ripetitività già dopo qualche partita. Non solo: il combat system è tanto profondo, quanto complesso. Ciò significa che, soprattutto in ambito console, pochi saranno inclini ad accettare un lungo periodo di apprendistato, prima di poterne trarre reali soddisfazioni.

Il rischio di affidarsi totalmente al button mashing, lamentando poi una complessiva pochezza del gameplay, è un’eventualità da tenere in considerazione, soprattutto se si è alla ricerca di un multiplayer competitivo immediato e facile da apprendere.

Ninja Theory, insomma, ci ha regalato un titolo controverso, dalle immense potenzialità, ad esclusivo appannaggio di un ristretto pubblico di amanti del genere. I futuri contenuti aggiuntivi potrebbero certamente mitigare la situazione, non fosse altro che più eroi, mappe e modalità, allontanerebbero immediatamente lo spettro della ripetitività. Allo stato attuale dei fatti, tuttavia, con Bleeding Edge avrete a che fare con un ottimo brawler multiplayer adatto a pochi e raffinati palati.

 

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