Bloodstained
11 Lug 2019

Bloodstained: Ritual of the Night – Recensione

Ci sono titoli appartenenti dal gameplay e dalla struttura così unica e particolare che l’appartenenza a un genere è un affare troppo generico per loro. Igavania, Metroidvania, due definizioni così specifiche da portare con sé un connotato stilistico unico e immediatamente riconoscibile per gli appassionati o semplicemente per il videogiocatore acculturato medio (figura mitologica che, pur avendo un backlog enorme, non rinuncia a riscoprire i classici del passato).

Questi due “generi” possono essere affibiati senza tanti giri di parole a un qualsiasi Castlevania, e vanno a definire un titolo in 2D a scorrimento orizzontale dove va esplorato con cura e primizia un grande castello, sfruttando abilità e sbloccando equipaggiamenti particolari per proseguire e sbloccare nuove sezioni, con un bel po’ di sano backtracking. Una definizione un po’ arronzata forse, ma sono cose che si vivono sulla propria pelle e le parole possono solo arrivare fino a un certo punto. 


Bloodstained: Ritual of the Night appartiene a questa tipologia di esperienza e nasce finanziato dagli utenti, ispirati dalla leggendaria figura di Koji Igarashi, storico producer della serie Castlevania. Tanto è bastato per far stracciare le vesti ai fan affamati e trasformare in realtà questa produzione indipendente (o quasi). Ambientato durante la rivoluzione industriale del 18° secolo, il titolo ci farà vestire i panni della bella Miriam, una Shardbinder, ovvero una creatura che può avere in sè il potere dei cristalli. Potere che la rende sempre più forte ma anche sempre meno umana, portando a conseguenze potenzialmente fatali. Succedono cose brutte e il caos prende il sopravvento riversando in terra centinaia e centinaia di creature infernali. 

L’artefice? Gebel, il secondo Shardbinder presente al mondo nonché amico di Miriam, tradito dal mondo e in cerca di una disperata vendetta. Nonostante questo classicissimo incipit Bloodstained: Ritual of the Night introduce un cast piuttosto variegato di personaggi che ci accompagneranno nell’esplorazione del castello. Dialoghi, intrighi e un po’ di dramma familiare con qualche sporadica (e meno male) scena di intermezzo, le quali mostrano il fianco a più di qualche critica viste le scarse animazioni e una regia estremamente elementare. Ma del resto non siamo qui per guardare ma per giocare, in quanto a “metroidvania” la natura di Bloodstained: Ritual of the Night è proprio quella: un titolo la cui fonte primaria di appagamento si identifica nel gameplay. 

Il nostro viaggio inizierà a bordo di una galeone in balia delle onde, in viaggio verso questo misterioso castello. Quello che funge da tutorial è perfetto per comprendere fin da subito di cosa si compone il gameplay di Bloodstained. Ebbene, è molto semplice: siamo davanti ad un Castlevania puro e semplice. Cosa comporta?

L’utilizzo di vari tipi di armi (coltelli, spade, katane, pistole, fruste) per eliminare i vari nemici presenti nell’area, che si sviluppa a scorrimento in 2D (nonostante la grafica sia chiaramente in 3D, ciao pixel art ci manchi, ndr). L’esplorazione del galeone e successivamente del castello ci permettono di capire con cosa avremo a che fare. Sezioni esplorative che si estendono in verticale con piattaforme irraggiungibili, porte impossibili da aprire e Boss che richiedono di essere un pochino più forti, o bravi, per essere uccisi. L’esplorazione del castello risponde allo stesso feeling dei vecchi Castlevania, fatto di traversate avanti e indietro per trovare un modo di raggiungere un determinato punto o semplicemente per fare progressi nella narrazione principale

Bloodstained: Ritual of the Night è un buon gioco che è però fortemente ancorato al passato

Bloodstained è però un Castlevania anche per il modo di guardare al passato senza curarsi del futuro: il “genere” si è evoluto negli anni, e il titolo di Igarashi si presenta fin troppo ancorato ad un feeling vecchio. La possibilità di attaccare solo in una direzione (davanti a noi) o i movimenti estremamente lenti e poco reattivi sono tutti elementi da Castlevania, ma è giusto ignorare i progressi fatti negli anni e guardare a titoli vecchi di decenni? Bella domanda, probabilmente da porre a qualche purista. Dal mio punto di vista: non tanto, perché Bloodstained è una gran bella esperienza ma fin troppo classica per essere apprezzata in pieno nel suo insieme oggigiorno. Sono anche gusti eh, sia chiaro. 

Miriam non è una cacciatrice di vampiri e non vuole uccidere Dracula, ma dalla sua ha un arsenale niente male: oltre al sopracitato roster di armi, potrò essere equipaggiata con una serie di elementi ottenibili da forzieri o acquistabili o creati attraverso l’alchimia, elemento secondario ma piuttosto interessante per la creazione di oggetti; non solo, i cristalli ottenuti da vari nemici potranno essere equipaggiati e assegnati per utilizzare abilità speciali, che sia lanciare una palla d’acqua o evocare un lupo da sguinzagliare sui nemici davanti a noi. Dal crafting fino alla cucina, Bloodstained: Ritual of the Night aggiunge tanti elementi all’esplorazione del castello e alla caccia ai boss, e questo è sicuramente un elemento da tenere in considerazione.

Versione Nintendo Switch

L’uscita a distanza di una settimana dalle altre versioni era già sospetta, così come la conferma che ad occuparsene non fosse ArtPlay stessa, ma un altro team. E i sospetti si sono trasformati in conferme in un batter d’occhio, con una versione Switch palesemente più povera dal punto di vista poligonale, afflitta da qualche sporadico crash e da qualche ben più frequente calo di frame-rate, con 30 fps mai realmente stabili, che scendono vertiginosamente quando ci sono elementi extra come sabbia o acqua ad appesantire la schermata di gioco.

Per non parlare di un lieve input-lag che richiede del tempo per essere “assimilato” prima di riuscire ad eseguire correttamente i salti, oltre a caricamenti abbastanza lunghi. Insomma, la versione Switch, al netto delle patch arrivate (e di quelle in arrivo che, promette il publisher, miglioreranno la stabilità generale), è senza ombra di dubbio la versione peggiore e caldamente sconsigliata. La dimensione portatile è perfetta per un gioco del genere, ma bisogna chiudere più di un occhio per giocarselo in mobilità. Un vero peccato.

A cura di Icilio Bellanima

 

Conclusioni

Bloodstained: Ritual of the Night è un buon gioco che è però fortemente ancorato al passato, soprattutto al passato di Igarashi che ha “semplicemente” fatto ciò che ha contraddistinto la sua carriera per anni: un Castlevania nuovo e con qualche elemento di distacco, ma è facile avere la sensazione di star giocando a una di quelle vecchie avventure a base di vampiri.

Il gameplay è ricco di elementi secondari e accessori, ma la sua formula principale appare un po’ vecchia e obsoleta, con l’attacco unidirezionale e una generale lentezza dei movimenti. Graficamente poi il titolo è un po’ un pugno in un occhio, con degli stili estetici che cozzano tra loro in una resa grafica poco ispirata e dal feeling “plasticoso”.

Siamo comunque di fronte ad una bella esperienza: “classica”, ma una bella esperienza.