Borderlands Legendary Collection – Recensione Switch

Ore di discorsi e milioni di righe lette e scritte su teraflops, frame-rate e prodigi tecnologici della prossima generazione non possono che affievolirsi fino a sparire quando si può fare un salto sulla pericolosissima superficie di Pandora e massacrare orde di nemici impugnando letteralmente migliaia di armi dalle caratteristiche uniche, il tutto nel palmo di una mano grazie a Nintendo Switch. Certo, qualche sacrificio nella Borderlands Legendary Collection c’è e si vede, dai 30 fps (la metà dei 60 fps visti nei remaster per PS4 e Xbox One) ai Joy-Con che non sono il controller ideale per gli sparatutto, per non parlare degli anni sul groppone di ognuno dei 3 capitoli inclusi in questa collection (rispettivamente 2009, 2012 e 2014), e di uno stile artistico che, con un pizzico di astuzia, appare ancora oggi fresco e piacevole nonostante la vecchiaia.

Ma stiamo pur sempre parlando di titoli mastodontici, capaci (sommati) di offrire fino a 80-90 ore di contenuti, di epici villain, di storie folli e indimenticabili, un monte ore capace di salire vertiginosamente per chi si dedicherà a ogni singola quest secondaria e a tutti i DLC inclusi nel pacchetto, in solitaria o persino in co-op (in 4, online), anche in split-screen (su Switch però al massimo in 2).

Ecco perché ha ancora senso fare un salto su Pandora, sia che si tratti della vostra prima volta, che della terza o quinta: perché potrete finalmente dedicarvi alle scorribande a caccia di tesori e criminali letteralmente ovunque vi troviate, e questo basta e avanza.

A muovere gli intenti e le coscienze dei protagonisti di ogni capitoli è sempre un “Vault”, un luogo nascosto, segreto, custode di tesori pazzeschi, di armi e tecnologie aliene, di potere e ricchezze in grado di soggiogare qualsiasi creatura su qualsiasi pianeta. Nei panni di 4 vault hunter, ognuno dotato di specifiche abilità, personalità e pro/contro (occhio quindi a chi scegliete se intendete giocare da soli), dovremo soddisfare le folli richieste di altrettanto folli personaggi per farci strada tra le insidie del pianeta, e affrontare bestioni mutanti, predoni impazziti, ammassi metallici, e chi più ne ha più ne metta, a suon di mosse speciali e tonnellate di piombo, garantite da un’infinità di armi: partendo da tutta una serie di classiche tipologie (pistole, mitragliatrici, shotgun e così via), ogni arma che troverete sarà unica in termini di bonus e malus che offrirà, rendendo ogni run un pizzico più imprevedibile e differente.

Uno dei meriti di Borderlands, all’epoca, fu proprio il suo sdoganamento del concetto di “looter-shooter”, poi ripreso e reso ancor più diabolico da titoli come Destiny: la caccia continua ad armi e mod per granate e scudi via via più potenti, dai bonus extra sempre diversi e fondamentali per trovare il giusto equilibrio, tra chi preferisce un approccio più offensivo, e chi vuol giocare sul sicuro optando per ricarica della salute o per un aumento della stessa. Tra l’equipaggiamento e le abilità da apprendere accumulando esperienza (ottenuta una kill e una missione dopo l’altra), si arriva a creare la propria build definitiva, e a seminare il terrore per il pianeta.

La formula ludica di Borderlands è stata replicata in tutti i capitoli, ma ancora oggi risulta brillante e vincente

Una formula reiterata in tutti i capitoli, ma sempre brillante e vincente, complice un gunplay ancora oggi tra i migliori in circolazione, che rende ogni sparatoria, anche contro il più infimo dei mob, una vera delizia, anche dopo 50 o 100 ore di avventure lungo i tre archi narrativi. Se possedete un Pro Controller meglio, in quanto per gli sparatutto è l’ideale, ma con un po’ di pratica, la combo Joy-Con e giroscopio (disattivato di default) per mirare sa farsi apprezzare, anche in handheld.

La freschezza è dovuta anche alla varietà nella caratterizzazione di nemici, avamposti, personaggi e ambientazioni, tra fazioni e specie ben distinte tra loro, e cambi di bioma che rendono meno ripetitiva e noiosa l’esperienza, nonostante nei primi due si tratti sempre dello stesso pianeta, e oggi, dopo quasi due lustri, alcune location appaiano un po’ spoglie (soprattutto nel primo Borderlands). In Pre-Sequel, dove il cast di protagonisti può definirsi davvero speciale (c’è anche Clap-Trap, l’amata/odiata mascotte della saga), si assiste ad un ancor maggiore varietà, complice l’approdo su Elpis, luna di Pandora (ma tranquilli, sempre un Vault da scovare c’è, e con esso tonnellate di nemici da annientare).

Ma come si comportano su Switch queste 3 perle? Beh, più che bene. Come anticipato, a venir penalizzato maggiormente è il frame-rate, dimezzato rispetto a PS4/Xbox One e PC, ma tendenzialmente molto solido, in particolare nelle versioni handheld del trittico. In Borderlands 2 e in Pre-Sequel noterete qualche lieve calo in alcune boss fight (2 in particolare) e quel fenomeno poco gradito (ma non troppo evidente, a dirla tutta) del frame-pacing, ma il ritmo forsennato degli scontri non vi darà poi tutto quel tempo per star lì a notare quei 2-3 fps in meno, state tranquilli. Perdipiù se si pensa che in split-screen il frame-rate resta il medesimo, nonostante la doppia mole di elementi da caricare in contemporanea.

Come si comportano su Switch queste 3 perle? Beh, più che bene

Promossa anche la risoluzione: 1080p fissi per i primi 2 capitoli, dinamici per Pre-Sequel, il capitolo più recente e anche quello che ha retto meglio lo scorrere del tempo, con questa maggiore flessibilità che ha permesso al team di spingere di più l’acceleratore e offrire migliori effetti e animazioni, oltre che anti-aliasing (del tutto assente nel primo capitolo) e un maggiore depth of field, che offre un miglior colpo d’occhio quando si osservano meglio le ambientazioni. Paradossalmente, insomma, il più moderno e pesante è anche il capitolo meglio trasportato, ed è un peccato che non tutti e 3 i titoli abbiano subito lo stesso trattamento (complici certamente le architetture più vecchie e complesse della scorsa generazione di console), ma il peculiare stile in cel shading che ha sempre caratterizzato la saga riesce a farsi apprezzare anche oggi, 11 anni dopo.

Conclusioni

Una delle migliori saghe sparatutto, in grado di unire gunplay eccellente, meccaniche ruolistiche e una narrazione di qualità e originale, approda con i suoi primi 3 capitoli sulla console ibrida di Nintendo, il che si traduce in quasi 100 ore (e oltre) di contenuti da fruire sia a casa che in mobilità, ovunque vogliate. La Borderlands Legendary Collection è un modo tutto nuovo per rivivere vecchie perle del passato anche se non si ha più lo stesso tempo a disposizione, o per scoprirle, magari come antipasto dell’ottimo Borderlands 3 (sperando anche quello arrivi su Switch, prima o poi).

I sacrifici tecnici ci sono, ma non sono tali da sconsigliarne l’acquisto, anzi: il lavoro svolto da Turn Me Up Games (già artefice di porting Switch e mobile di qualità come Journey to the Savage Planet e Brothers: A Tale of Two Sons) è ampiamente promosso, in quanto riesce a racchiudere 3/4 dell’universo di Gearbox nel palmo di una mano, il che non è facile quanto scovare un Vault su Pandora.

Borderlands Legendary Collection è disponibile da GameStop Zing Italia.

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