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Burnout Paradise Remastered – Recensione

Quanto è bello tornare finalmente a Paradise City, sentire le stesse voci, respirare la stessa aria e sfrecciare in tutta tranquillità tra alcune delle strade più caotiche del mondo dei videogiochi. Burnout Paradise Remastered è soprattutto questo, una festa di colori e lamiere che evolvono il concetto stesso della serie portandola allo stile open world e consegnandola così di fatto alla storia videoludica. Purtroppo, parlando di nuovi capitoli, nulla è arrivato per rappresentare un vero sequel, con Criterion che si è concentrata più sulla collaborazione che sullo sviluppo in prima linea. Tant’è, comunque, che Burnout Paradise Remastered è finalmente qui, arrivato dopo una serie lunghissima di rumor smentiti più e più volte, per poi essere confermati con lo spettacolare trailer d’annuncio.

Burnout Paradise Remastered comincia esattamente come il titolo originale, fornendo il giocatore di una patente malandata con cui sfrecciare tra le strade di Paradise City. La città è aperta ed esplorabile fin dall’inizio, ma non tutti gli eventi sono subito disponibili: bisogna infatti attraversare i vari incroci per sbloccare le varie tipologie di gara, alcune delle quali dedicate a modelli specifici.

Parliamoci chiaro però. La prima cosa che viene in mente di fare in Burnout Paradise Remastered non è premere l’acceleratore per tagliare in fretta il traguardo, bensì seminare la distruzione eseguendo Takedown sugli avversari. Lo scontro tra le lamiere è la base su cui si fonda l’intera serie di Burnout, ma trova una seconda vita (ancora meglio, una terza) in Burnout Paradise Remastered: per la prima volta si ha a disposizione una mappa aperta e non solo una serie di circuiti e tracciati distribuiti tra le varie sfide.

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La patente base è il trampolino di lancio per un’avventura fatta di straordinari incidenti, velocità pazzesche, stunt mozzafiato e auto da collezionare. Burnout Paradise Remastered riporta tutto questo finalmente con una grafica fino a 4K e una pulizia davvero degna di nota. Non è però solo la grafica a rendere questo titolo uno dei remaster meglio riusciti degli ultimi tempi. Fin dal primo momento, Burnout Paradise Remastered è infatti in grado di regalare quella sensazione che molti giocatori cercano nel prendere in mano un vecchio gioco. Purtroppo, gli anni si fanno sentire ed è inevitabile capire che il titolo dei propri ricordi è invecchiato e non è più come lo si ricordava. Burnout Paradise Remastered è invece esattamente come ce lo potremmo ricordare dopo anni di stasi nella propria libreria.

Una volta avviato il primo veicolo del gioco, la voce narrante spiega come muoversi in Paradise City e accedere agli eventi. Circa ogni incrocio corrisponde alla porta di ingresso per una gara: eseguendo un piccolo burnout si può dunque iniziare la competizione con altri giocatori governati dalla CPU, ma anche contro se stessi grazie agli Stunt. Burnout Paradise Remastered propone le stesse modalità viste nel titolo originale, quindi gare classiche, furie stradali, fughe, stunt e gare tematiche.

La particolarità di Burnout Paradise Remastered è l’assenza di una traccia da seguire durante gli eventi. L’unico modo per capire dove andare è stare attenti all’indicazione delle vie nella parte superiore dello schermo, oppure alle luci direzionali che si accendono automaticamente mentre ci si avvicina a un incrocio. È una soluzione più unica che rara, ma che porta anche una difficoltà che cresce proporzionalmente con le performance delle auto più potenti. Andare più veloci significa seminare gli avversari, ma il giocatore ha meno tempo per capire in quale via svoltare.

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Esistono pochi giochi del genere che uniscono una fisica solida e originale a un’anima tipicamente arcade. Gli incidenti sono realistici, così come le reazioni delle auto agli scontri e alle sportellate. Soprattutto nelle gare Furia Stradale bisogna stare attenti anche ai danni del veicolo, che ne compromettono la stabilità. Per quanto però questo aspetto sia tendente alla realtà, l’altra faccia della medaglia propende per un gameplay puramente arcade, irreale, velocissimo, frenetico, tanto da farvi incrociare gli occhi per non schiantarvi contro il primo muro. Il fatto più bello in assoluto è che le facce di questa medaglia sono entrambe dannatamente entusiasmanti.

Burnout Paradise Remastered fa inoltre dei Takedown la sua ciliegina sulla torta. Durante qualsiasi competizione è possibile fare a sportellate con gli avversari per rovinare la loro gara. Questo è il momento perfetto per uscire dagli schemi e scatenare la vostra ira repressa in un videogioco, dove nessuno può uscire ferito dall’accartocciarsi delle lamiere. I Takedown non servono solo per attivare la splendida telecamera a rallentatore con cui ammirare la fisica del gioco, ma anche per rallentare gli avversari e avere così qualche chance in più di vincere. Sono invece tutto ciò che contano ad esempio nelle gare Furia Stradale, dove è importante schiantare gli altri e tenersi ben lontani dai muri.

Burnout Paradise Remastered è un bellissimo ricordo che torna reale

Il Takedown è però importante anche nelle scorribande libere per le strade. Occasionalmente si incontrano infatti altre auto da distruggere, poiché questo è l’unico modo per portarle dallo sfasciacarrozze e aggiungerle così alla collezione. È quasi inquietante pensare a quanto questo metodo di progressione nel gioco sia lontano dalla visione odierna, governata dalla spesa piuttosto che dal merito. Burnout Paradise Remastered non ha alcuna valuta interna, non ha monete strane da spendere, non ha microtransazioni, non ha praticamente nulla di barattabile con altri contenuti. Si vincono gare, si demoliscono avversari, si distruggono auto casuali per prenderne il possesso, si guadagnano patenti, ma soprattutto si gira senza meta per la mappa sperando di bucare i vari cartelloni o sfondare i cancelli. Burnout Paradise Remastered ha del resto anche i suoi collezionabili e le sfide da completare, sia offline che online.

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Proprio la parte multiplayer è il prossimo punto di cui parlare. La transizione da partita offline a online è praticamente impossibile da avvertire: oltre ad affidarsi a un menu interno alla sessione, senza quindi alcuna pausa, permette di fondersi immediatamente con una lobby libera e altri giocatori. L’host può dunque decidere quali eventi attivare e i giocatori sono liberi di unirsi o meno, il tutto con un’ottima stabilità, come si può vedere anche dal nostro recente live-stream. Le gare diventano a checkpoint per dare un tocco di imprevedibilità e i Takedown si privano ovviamente della visuale rallentata, però è decisamente più soddisfacente schiantare un amico in continuazione piuttosto che un semplice giocatore governato dal computer.

Un’ultima nota eccezionale è dedicata alla colonna sonora del gioco, pari a quella originale e così ricolma di hit del passato. Resta ben salda al timone Paradise City dei Guns N’ Roses, ma si ritrovano anche autentici capisaldi dell’adolescenza altrui, come Girlfriend di Avril Lavigne. Non mancano inoltre tracce dai precedenti titoli della serie Burnout e soprattutto una compilation di musica classica, il cui armonioso virtuosismo si sposa perfettamente con la distruzione seminata per le strade.

Se bisogna proprio trovare il pelo nell’uovo, Burnout Paradise Remastered forse offre troppo già dall’inizio dell’esperienza. La versione rimasterizzata è infatti completa di tutti i contenuti post lancio arrivati anni e anni fa. Il problema è che tutti questi contenuti sono usufruibili fin dall’inizio della carriera, quindi dopo aver lasciato il primo sfasciacarrozze. Per chi cerca di equilibrare difficoltà e divertimento, ciò diventa una distrazione che porta subito all’utilizzo delle auto più potenti, magari proprio quella con lo stile di turbo intercambiabile grazie alla pressione di un solo tasto. È superfluo dunque precisare che le battute iniziali di Burnout Paradise Remastered possano potenzialmente essere più che semplici da percorrere.

Conclusioni

Tirato a lucido e completo di tutti i contenuti extra, Burnout Paradise Remastered è senza dubbio una gioia per gli occhi dei fan di vecchia data, che possono trovare un remaster valido, completo dei contenuti, solido nel comparto multiplayer e visivamente esaltante.

Quelli che hanno giocato la versione originale ritroveranno un amico vecchio di anni, ma per fortuna senza troppe occhiaie. Chi invece non ha mai avuto la possibilità di giocare Burnout Paradise dovrebbe prendere in considerazione l’acquisto per lasciarsi catturare da Paradise City. Contrariamente a quanto si dice in questi anni, non è del tutto necessario infatti avere amici al fianco con cui giocare. Il single-player di Burnout Paradise Remastered è completo e pieno di cose da fare, forse un po’ tendenti agli standard degli anni ormai trascorsi, ma comunque in grado di incollare allo schermo per ore.

Ora vogliate scusarci, ma è tempo di tornare nella città dove i prati sono verdi e le ragazze sono carine.

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