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Milano Ognuno di noi si è confrontato con Call Of Duty, il mostro sacro dei first person shooter moderni, durante la sua carriera da giocatore. E volente o nolente, questo sparatutto ha segnato la storia del genere, imprimendo un marchio indelebile nel panorama videoludico mondiale. Arrivato quindi davanti al booth di Sony Computer Entertainment mi sono chiesto cosa mi sarei trovato davanti quest’anno. Ho apprezzato molto la performance di Kevin Spacey in Advanced Warfare, ma seppur magistrale non è stata sufficiente per portare il gioco alla gloria indiscussa del primo Modern Warfare, rimasto ancora nel cuore di moltissimi appassionati del genere.
La premessa di questo nuovo capitolo è intrigante: un drammatico e oscuro futuro, dove la tecnologia è prepotentemente entrata nei corpi dei soldati, invadendone persino i pensieri ed andando a creare una nuova generazione di combattenti potenziati da protesi cibernetiche. La campagna di Black Ops III si spinge quindi ancora più avanti rispetto a quanto fatto in Advanced Warfare, in un futuro distropico che lascia una leggera sensazione di deja vu.
Il comparto multiplayer è probabilmente la prova del nove di ogni capitolo della longeva saga di Call of Duty: perché è assolutamente vero che la campagna vuole la sua parte da prima donna, ma il protagonista indiscusso è senza dubbio la modalità multigiocatore. Pertanto, ho afferrato il fedele dualshock e mi sono gettato a testa bassa nella mischia di Call of Duty: Black Ops III.
Salta immediatamente all’occhio la personalizzazione più approfondita delle classi e dei perks rispetto a quanto visto l’anno passato in Advanced Warfare. La classe scelta da me per la prova è stato il Reaper, un imponente droide da guerra sperimentale con un braccio in grado di trasformarsi in una specie di letale minigun che travolge chiunque si trovi nel suo raggio d’azione.
La modalità multigiocatore da me provata è stata Uplink, dove l’obiettivo principale è afferrare un piccolo drone (dalle dimensioni e dalle forme di una palla) e riportarlo nella zona di uplink nemica. Chiunque afferri il drone non può sparare, ma otterrà un bonus relativo a salute e velocità di movimento, nonché l’abilità di passare il drone ad un altro giocatore semplicemente mirando. Questa modalità è stata introdotta originariamente in Advanced Warfare ed è pronta a fare il suo ritorno in Black Ops III, pertanto ho subito avuto una sensazione familiare non appena ho preso in mano il pad.
Premento R1 ed L1 insieme si attiva un’abilità caricata variabile a seconda delle classi scelte in maniera molto similare alla feature “Super Caricata” vista in Destiny di Bungie. Scompaiono le piccole schivate laterali ma rimane la scivolata in avanti, utile per evitare i colpi avversari insieme al salto potenziato attivabile semplicemente tenendo premuto il pulsante dedicato (X su PS4). La partita è stata frenetica e intensa, come ogni match che si rispetti in un episodio della serie di Call of Duty.
Nonostante l’ovvio divertimento che traspare dai miei minuti assieme a Call of Duty: Black Ops III, la inquietante sensazione di deja-vù perenne non ha mai abbandonato i miei pensieri nemmeno per un istante, portandomi a riflettere sulla strada intrapresa da questo capitolo del franchise sparatutto più famoso al mondo. Certo, l’eredità di Call of Duty è un pesante fardello da portare e le mie impressioni sono sicuramente destinate a cambiare a fronte del prodotto finale, tuttavia è chiaro per me al momento che Black Ops III è esattamente lo sparatutto che ci aspettiamo, forse anche troppo. Call of Duty Black Ops III arriverà per PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One e PC il prossimo 6 novembre. Rimanete su Gamesoul per tutte le anteprime e le novità in diretta dalla GamesWeek di Milano.
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