12 Nov 2021

Call of Duty: Vanguard – Recensione

Non è mai facile parlare di Call Of Duty: nel bene o nel male si rischia sempre di scontentare qualcuno. È un gioco estremamente divisivo, spesso deriso e sminuito (o al contrario, idolatrato) senza una precisa ragione.

È vero, è un franchise che si rinnova a cadenza annuale, dietro cui ci sono ben tre team di sviluppo differenti che si alternano e questo porta a inevitabili differenze (anche tecniche) che non sempre vengono accolte con la giusta dose di ottimismo. Basti pensare all’ultima fatica di Infinity Ward, Call Of Duty: Modern Warfare, arrivato come un deus ex machina in un momento estremamente complicato per la saga, risollevandola grazie ad una modalità campagna ben strutturata e a un multiplayer esemplare, rinnovato da capo a piedi, che ha restituito il giusto lustro al gioco. Neanche un anno dopo, Treyarch pubblicava Black Ops Cold War, capitolo insipido (al di là di qualche isolato guizzo creativo), ma che nei mesi ha garantito un eccellente supporto a Warzone, la modalità Battle Royale targata Activision, amatissima dagli appassionati.

Nel 2021 è nuovamente Sledgehammer Games a prendere le redini della serie e porta sugli scaffali l’atteso Vanguard, che ci riporta nell’abusatissimo periodo della Seconda Guerra Mondiale, cercando questa volta di raccontare (almeno durante il single-player) alcune delle battaglie meno conosciute, ma non per questo meno importanti di quegli anni.

Call of Duty Vanguard

I giocatori prendono le redini della Task Force 1, un addestrato ed eterogeneo gruppo di soldati alleati che viene mandato in missione segreta per indagare sul misterioso Progetto Phoenix, probabile arma segreta nazista che potrebbe ribaltare le sorti della guerra, anche se oramai già segnate. Licenze storiche a parte, la campagna (composta da 9 brevi capitoli) permette di utilizzare i differenti personaggi attraverso l’espediente dei flashback: imprigionati da un gerarca nazista, i nostri eroi cercheranno una via fuga e confrontandosi uno con l’altro avranno anche modo di rivelare il loro turbolento passato. Nulla che non abbiate già visto in più di un’occasione e purtroppo in questo caso il team di sviluppo non si impegna più di tanto per imprimere l’esperienza nella vostra memoria.

I giocatori prendono le redini della Task Force 1, un addestrato ed eterogeneo gruppo di soldati alleati che viene mandato in missione segreta per indagare sul misterioso Progetto Phoenix

Tutta l’avventura è infatti pervasa da un senso di finzione, come se più che simulando un conflitto storico, stessimo simulando un blockbuster hollywoodiano che a sua volta simula un conflitto. Dialoghi stereotipati, esagerazioni cinematografiche e incongruenze narrative si ritrovano spesso, lasciando un fastidioso senso di insoddisfazione che le ottime avventure single player dei precedenti capitoli avevano quasi cancellato. Persino i vari protagonisti sono abbastanza anonimi e poco caratterizzati, impreziositi da abilità personali che vengono però sfruttate poco e solamente nei livelli a loro dedicati (non sarebbe stato meglio avere a disposizione tutta la squadra e far scegliere al giocatore di volta in volta?, ndr). Insomma, ci ritroviamo davanti agli occhi il classico corridoio semi-interattivo a cui la saga ci ha abituato tempo addietro e che in fin dei conti rappresenta uno scialbo riempitivo per passare poi alle modalità competitive. Anche sul fronte tecnico non è tutto rosa e fiori, iniziando dall’altalenante comparto sonoro che mal gestisce il volume generale, a volte molto chiaro, altre del tutto impercettibile, passando poi per la resa visiva, decisamente sottotono (abbiamo provato il gioco su Xbox Series X) e in alcuni frangenti addirittura lacunosa.

Sul fronte multigiocatore, Sledgehammer Games si comporta decisamente meglio, prendendo in prestito molte delle ottime idee di Modern Warfare (d’altronde il comparto PVP è stato sviluppato assieme al team di Infinity Ward) ed escludendo tutte le criticità che aveva portato alla luce Cold War. Il ritmo di gioco è molto elevato, complice un time to kill rapidissimo, che non lascia spazio ad errori, nemmeno marginali. Le mappe, 20 in totali al lancio, variano per grandezza e complessità, ma tutte vantano un level design accorto ed articolato. La distruzione ambientale è ancora assente, ma in Vanguard è finalmente possibile distruggere specifici muri, porte o trincee, il che aumenta senza dubbio il dinamismo generale e rende imprevedibile ogni round. Il feedback delle armi è abbastanza buono e viene arricchito da una personalizzazione profonda, figlia di quel Modern Warfare a cui Vanguard si è tanto ispirato.

Sul fronte multigiocatore, Sledgehammer Games si comporta decisamente meglio, prendendo in prestito molte delle ottime idee di Modern Warfare

I perk aggiuntivi e le serie di uccisioni che concludono ogni equipaggiamento non variano più del solito, tranne qualche stuzzicante aggiunta e qualche gradito ritorno (come i letali cani da combattimento!). Il sistema di progressione è rimasto identico, anche se al momento buona parte delle ricompense del Battle Pass sono dedicate a Warzone o Cold War: la cosa ci ha sorpreso, in quanto non si è invogliati ad acquistare il pacchetto completo se poi si ottengono extra per altri giochi, anche se dello stesso franchise.

Ci sono alcune nuove modalità, come Pattuglia, che consiste nel difendere una zona della mappa che si muove costantemente durante la partita, oppure Collina Dei Campioni, una sorta di torneo 2vs2 o 3vs3 che miscela sapientemente elementi di Warzone, come l’acquisto di nuovo equipaggiamento durante i match, ai tradizionali round competitivi, tesi e brutali come sempre, che danno il meglio soprattutto con gli amici. Questi elementi inediti rappresentano una riuscitissima e solida aggiunta, tanto da poter essere paragonate a modalità già rodate come Uccisione Confermata, Dominio o Deathmatch a Squadre.

Call of Duty Vanguard Zombies

Per quanto riguarda la modalità Zombie ci troviamo davanti ad un qualcosa che potrebbe essere definito un prologo di quanto visto l’anno scorso. Der Anfang rappresenta l’unico scenario attualmente disponibile e ci permette di affrontare diverse orde di non-morti all’interno di una piazza da cui selezionare mini-prove e migliorare poi armi ed equipaggiamento. Poco diversificata e forse meno intensa rispetto al passato, appare chiaro che questa compagine è ancora acerba e solo con i futuri aggiornamenti e le prossime aggiunte potremo vedere cosa Sledgehammer ha realmente in serbo per noi.

Per quanto riguarda la modalità Zombie ci troviamo davanti ad un qualcosa che potrebbe essere definito un prologo di quanto visto l’anno scorso

Vanguard non rappresenta il punto di svolta tecnico che probabilmente ci si aspettava dalla saga, soprattutto alla vigilia della prima candelina della next-gen, ma rimane saldamente ancorato al motore grafico di Modern Warfare, migliorandolo qua e là per rimanere al passo coi tempi. Inevitabili sono i compromessi, tra cui una conta poligonale non sempre soddisfacente, occasionali rallentamenti durante i momenti più concitati della campagna e numerose barriere invisibili che riducono la grandezza degli scenari a niente poco di più che ampi corridoi. Sorprendono in negativo le animazioni dei personaggi principali durante le sequenze in-game, privi di quella mimica facciale e quell’espressività classiche della serie, mentre le cut-scene rimangono di altissimo livello.

Il risultato finale è comunque positivo, ma rimane netta la sensazione che si sarebbe potuto fare di più, soprattutto sulle nuove console.

Conclusioni

Chi ha apprezzato la frenesia di Modern Warfare, non potrà non adorare Call Of Duty Vanguard che, contesto storico a parte, ne sembra quasi il diretto successore. L’impronta di Infinity Ward è forte e si fa sentire, ma ciò nonostante Vanguard mantiene una sua identità e soprattutto nel multiplayer, stupisce con le sue tante novità.

Allo stesso tempo però, una campagna risicata e poco appagante tarpa le ali alla produzione di Sledgehammer Games, che altrimenti avrebbe sicuramente ambito a lodi maggiori. Ciò che ha sempre rappresentato un punto debole per Call Of Duty, ossia l’aspetto single-player, trova una triste conferma proprio nella sua ultima incarnazione, nonostante l’innegabile fascino delle premesse narrative e le tante possibilità solo accennate, ma mai realmente sfruttate fino in fondo.

Punto interrogativo per la modalità Zombie, anche in questo caso molto divertente in gruppo, ma incapace di intrattenere per più di qualche occasionale ora di svago; verrà sicuramente arricchita ed allungata nel tempo, com’è sempre stato.

Call of Duty: Vanguard è disponibile da GameStop Italia.

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