Los Angeles – Il modo migliore per accontentare i fan è ascoltare le loro richieste e lavorare in modo da soddisfare i desideri di tutti. Activision forse non lo ha fatto del tutto negli scorsi anni, seguendo una linea futuristica per Call of Duty che è finita per essere ridondante e sempre più priva di originalità. L’anno scorso ci ha pensato Battlefield a riportare il focus sul passato, sperimentando una visione leggermente distopica della Prima Guerra Mondiale, mentre ora è Call of Duty: WWII a prendere la palla al balzo.
L’ambientazione della Seconda Guerra Mondiale è già di suo interessante per vari motivi: è il terreno di nascita per Call of Duty e rappresenta anche una realtà tramandata per un buon numero di giocatori fidelizzati fin dal primo capitolo. Tralasciando le nuove leve, chi ha preso in mano Call of Duty al suo lancio originale sarà sicuramente in una fascia d’età tale da aver ascoltato i racconti di guerra dei nonni, quindi vorrà sicuramente mettere le mani sulla rinascita del concept iniziale.
Senza grandi giri di parole, Call of Duty: WWII si è mostrato ai nostri occhi nella sua formula multiplayer, mettendo insieme l’innovazione delle nuove console e la classicità del suo gameplay, leggermente variato per rispettare la storia delle armi iconiche, ma soprattutto espanso con modalità mai viste nel franchise. Insomma, non basta essere solo bravi a sparare: bisogna diventare dei veri soldati.
La campagna di Call of Duty: WWII ha come focus principale lo sbarco in Normandia, già mostrato durante la presentazione e dotato di una profondità maggiore rispetto alla classica narrazione della serie. Si parla infatti non solo del conflitto tra le potenze europee, ma anche di un grande intreccio di storie per i personaggi, un racconto che va oltre la superficialità delle scene cinematografiche. Nella storia si avrà dunque a che fare con una trasposizione storica oltre che di intrattenimento, con tematiche sensibili e riferimenti alle scuole di pensiero per gli anni passati: razzismo, discriminazione e odio verso il diverso, difetti che permangono nella cultura odierna, ma che non erano stigmatizzati abbastanza negli anni più bui della specie umana.
Dal punto di vista del gameplay, invece, poco è stato mostrato finora, ma finalmente siamo riusciti a mettere le mani su tre modalità scelte per l’esperienza online: prima di tutto su un semplice deathmatch a squadre, poi su un Dominio e infine su una nuova playlist, basata su attacco e difesa, con qualche spunto preso addirittura da Overwatch. Innanzitutto conviene parlare di cosa succede fin dalla lobby di gioco. La personalizzazione delle varie classi continua ad espandersi con ogni capitolo di Call of Duty, portando anche nella Seconda Guerra Mondiale quella differenziazione dovuta all’approccio e alla scelta delle armi. Si parla degli anni 40, dunque sarebbe folle aspettarsi mirini reflex e puntamenti automatici: le armi sono automatiche e semi-automatiche, ma soprattutto sono proprio quelle usate durante il conflitto, senza nomi fasulli o grafiche inventate. La ricreazione dello sfondo bellico è infatti un punto cardine per l’esperienza sia single-player che online di Call of Duty: WWII.
Nella creazione degli equipaggiamenti si possono scegliere come al solito granate e oggetti da applicare alle armi, tra cui anche le baionette. Questo apre ad un nuovo tipo di attacco corpo a corpo, attuabile solo se l’arma imbracciata ha una baionetta sulla canna: è possibile infatti effettuare una carica quasi suicida sui nemici, correndo con tanto di urlo da battaglia. Le grida lasciano spazio anche agli ansimi, legati non solo allo sforzo fisico degli scatti, ma anche alla paura che un soldato può avere in trincea: un’altra rappresentazione inequivocabile della dedizione di Sledgehammer Games nello sviluppo del gioco.
State aspettando che la lobby si popoli e che termini il conto alla rovescia? Lasciate perdere lo smartphone, perché avete un modo migliore per passare il tempo. È infatti possibile accedere ad un poligono di tiro durante l’attesa per provare le armi scelte e testare con qualche obiettivo di latta la propria mira. Non appena tutti i giocatori sono pronti si viene automaticamente posti nella mappa di gioco, con un’introduzione classica dal bianco e nero al colorato.
Da qui si vede la componente grafica del gioco, spettacolare con PS4 Pro e dotata di uno stile che bene abbraccia l’ambientazione antica della Seconda Guerra Mondiale. Una volta arrivati sul campo di battaglia è tempo di esplorare e accordarsi coi membri della squadra, sia in Deathmatch che in Dominio: le due modalità non si discostano dalla linea sempre intrapresa, mantenendo anche la costruzione a punteggio delle killstreak. In base all’abilità del giocatore, si può richiamare la ricognizione degli alleati, scoprendo dunque la posizione di alcuni nemici e anticipando le loro mosse. Altrimenti è possibile richiedere l’intervento di un caccia militare, pronto a mitragliare dall’alto gli avversari: non è niente di automatico, poiché la visuale viene trasportata sul velivolo da cui sparare manualmente ai bersagli. Ancora una volta, in quegli anni poche cose erano automatizzate e gli sviluppatori hanno voluto mantenere questo limite nella tecnologia.
Il multiplayer di Call of Duty: WWII è nel fango e tra le macerie, non in situazioni futuristiche e con jetpack. Gli stivali affondano nel terreno, gli ostacoli sono difficili da superare, buttarsi per terra non porta a scivolate di 5 metri. I giocatori sono soldati, mortali, persone normali con un fucile in mano, quindi non automi o guerrieri potenziati. Sacchi di carne che comunicano e lottano insieme per un motivo apparente, la conquista di posti strategici o l’accumulo di punti per vincere. Ma c’è di più, una ricerca dell’obiettivo che si manifesta nell’ultima modalità provata durante la presentazione: attacco e difesa che si scontrano per resistere o sopraffare il nemico.
A turni, le squadre devono raggiungere quattro obiettivi. Nei panni della difesa bisogna prima proteggere ad ogni costo un avamposto, piazzando trappole per rallentare l’offensiva e anticipando l’azione d’accerchiamento dei nemici. Durante la nostra prova, l’atteggiamento difensivo si è fermato qui grazie alle nostre spiccate e inaspettate doti di resistenza, che non hanno permesso ai nemici di raggiungere nemmeno il primo traguardo. Se si è in possesso di una mitragliatrice, avvicinarsi ad una finestra aperta permette di posizionarla in modalità fissa, riducendo così il rinculo, ma aumentando il rischio di diventare bersagli facili per i cecchini.
Una volta ribaltati i ruoli della modalità, abbiamo finalmente visto tutti gli step da seguire per arrivare al traguardo finale. Prima bisogna appunto conquistare l’avamposto nemico, continuando ad attaccare e a sostare nell’area prestabilita per affermare la supremazia. In questo caso tornano utili le granate fumogene e quelle velenose, essenziali per costringere i nemici ad uscire dai luoghi sicuri ed entrare in linea di tiro. Successivamente è tempo di costruire un ponte, restando vicini per collaborare all’opera ingegneristica o supportando i compagni con fuoco di copertura. Da qui parte quella sezione che ricorda parecchio Overwatch, con l’apparizione di un carrarmato molto simile al payload: si può prendere il possesso di una mitragliatrice mentre il mezzo pesante si fa strada tra le linee nemiche, costantemente sotto il fuoco degli avversari.
L’obiettivo finale è infatti la distruzione dell’armeria nemica, attuabile solo trasportando il carrarmato nella posizione strategica. In questo modo il gameplay di Call of Duty: WWII assume un dinamismo che era mancato da troppo tempo, avvicinandosi magari a soluzioni già sperimentate in altri giochi, ma con quel background della Seconda Guerra Mondiale che risulta una vera delizia per gli occhi e per lo spirito. È l’innovazione delle meccaniche attuali che si fonde perfettamente con il classicismo di Call of Duty.
Call of Duty: WWII assume un dinamismo mancato da tempo
Per questo è difficile, quasi irrispettoso, trovare punti negativi. La sezione multiplayer di Call of Duty: WWII ha dimostrato prima nel trailer e poi dandoci il controller in mano una solidità che i giocatori apprezzeranno sicuramente, a prescindere che i loro gusti vertano verso i nuovi o vecchi capitoli della serie.
Un solo appunto negativo, che dipende molto dalla soggettività, è dato dalle killstreak, che ancora una volta sono a punteggio e non a quantità di uccisioni consecutive senza morire. Per alcuni è un valido cambiamento arrivato con gli ultimi capitoli, per altri è un’autentica bestemmia nei confronti dell’economia classica del gioco.
In ConclusionE3
Call of Duty: WWII promette una storia appassionante ed un gameplay profondo, con spunti presi dal passato che vadano a sfruttare la potenza dei dispositivi da gaming odierni. Basandosi sui soli trailer era difficile capire se gli sviluppatori avrebbero saputo dare un taglio al tono futuristico e fondere alla perfezione passato e innovazione. Con le tre modalità provate, sembra che la strada intrapresa sia proprio quella giusta.
Quest’anno avremo probabilmente a che fare con un gran bel Call of Duty, un capitolo che si preannuncia memorabile per la serie e finalmente diverso dal precedente. È tutto ciò che i fan chiedevano ed è tutto ciò che gli sviluppatori stanno per dare.
Commenti