Halo Infinite articolo speciale
Speciale 08 Gen 2022

Come Halo Infinite mi ha riavvicinato alla saga

L’attesa per Halo Infinite è stata decisamente inusuale. Con il suo primo gameplay reveal, il titolo Microsoft e 343 Industries aveva mostrato un nuovo modo di concepire Halo. Spazi aperti, diverse attività sparse per la mappa e un gunplay che sembrava ritornare ad un feeling più classico. Nonostante questo interessante e inaspettato biglietto da visita, quella presentazione la ricordiamo tutti per altri motivi.

Su tutti, una componente grafica davvero arretrata e deludente. All’alba della nuova generazione, un po’ tutti si aspettavano qualcosa di più. L’entusiasmo era decisamente crollato, lasciando spazio a perplessità e dubbi. Fast forward ad oggi, e per Halo Infinite il risultato è stato decisamente diverso rispetto alle premesse iniziali.

Accolto dalla stampa specializzata con grande entusiasmo, Halo Infinite è riuscito a convincere anche tantissimi appassionati. I motivi del successo sono diversi, come potete leggere nella recensione su queste pagine, e la presenza di una modalità multiplayer solida e divertente è sicuramente tra questi. Insomma, chi se lo aspettava? La decisione di Microsoft e 343 Industries di rimandarlo di 1 anno ha ripagato, offrendoci uno degli Halo più divertenti ed interessanti degli ultimi anni.

Per me, almeno, lo è stato. Dopo la bruciante delusione di Halo 5: Guardians, su cui ho scritto diverse parole di dissenso, Halo Infinite ha riacceso in me un certo entusiasmo per la saga. Un po’ come recita Escharum, comandante degli Esiliati, nel gioco: “accendi un fuoco nel tuo cuore, Spartan!”. Avviare la campagna di Halo Infinite è stato un bel momento, che mi ha fatto ripensare a tutte le campagne precedenti. Non solo, ma anche al mio rapporto con ognuna di loro.

Halo Combat Evolved e Halo 2 sono due avventure stampate nella mia memoria, con dei momenti memorabili e il filtro della nostalgia, di quei pomeriggi passati davanti al PC quando ero piccolo. Ben più recenti, invece, Halo Reach e Halo 4, due capitoli agli antipodi per accoglienza degli appassionati. Il primo fu la mia prima esperienza multigiocatore, mentre il secondo riuscì a trasportarmi nella sua lore come mai prima d’ora. Un viaggio intimo tra Master Chief e Cortana, ricco di pathos e di interessanti scambi tra questi due partner storici. Certo, anche Halo 4 aveva i suoi bei problemi, ma la cura riposta nel loro rapporto riusciva a dare all’avventura uno spessore ed un sapore fino ad allora ancora inesplorato.

Tutti elementi, questi, che nel corso della mia storia di videogiocatore hanno plasmato il mio amore per questa saga. Un amore fatto di alti e bassi, e anche di una grande distanza, che solo Halo Infinite è riuscito ad accorciare. Una volta preso il controllo di Master Chief, il feeling era quello di un tempo: un gunplay particolare che pone molta enfasi sulla fisicità degli scontri, e sul costante movimento del giocatore. Quanto era bello muoversi per queste mappe, così curate, con il buon vecchio fucile d’assalto UNSC.

Così bello che alla prima boss fight, anche a difficoltà Normale, ho dovuto gestire il mio armamentario e ponderare i miei movimenti per la mappa. Poi, la sorpresa: l’ascensore sale e le porte si spalancano; Zeta Halo si apre per la prima volta dinanzi ai miei occhi, come uno scorcio alieno ma allo stesso tempo familiare. Nonostante il paragone possa sembrare ridondante (lo avranno fatto tutti), Halo Infinite ha proprio il sapore di quel buon vecchio Combat Evolved. La vastità dell’anello lì veniva solo suggerita, con un grande gioco di percezioni. Qui, invece, è reale. Così la mia avventura e quella di Master Chief ha inizio, e anche quella che renderà Infinite uno dei miei capitoli preferiti: l’esplorazione.

Muoversi per Zeta Halo è dannatamente affascinante, così come scoprirne i segreti o osservarne i dettagli. In questo senso il rampino è un’aggiunta eccezionale, che rende l’esplorazione della mappa inaspettatamente stimolante. Se una delle critiche mosse ad Halo Infinite è che il suo open world sia concettualmente “vecchio” e un po’ monotono, è anche vero che al di là del suo scheletro di gioco, c’è anche molto altro. Questo l’ho percepito scalando montagne e strutture a colpi di rampino, raggiungendo segreti ed elementi extra nascosti dagli sviluppatori.

Arrampicarsi sulla Torre, uno dei primi avamposti degli Esiliati raggiungibili, sfruttando il rampino e raggiungere la cima è stato esaltante. Il peculiare motore fisico di Infinite, unito a questa abilità, permette di muoversi per la mappa in modi creativi e intelligenti. Svariate ore dopo, con un semplice rampino ho raggiunto strutture uniche e misteriose (un vecchio altare in cima ad promontorio), ma anche alcuni degli archivi dei Precursori sparsi per la mappa. Ho raggiunto anche il punto più alto della mappa, che non solo mi ha sbloccato un obbiettivo, ma anche permesso di osservare e saggiare di tutti i possibili anfratti o scorci raggiungibili da Master Chief.

Un’esperienza esplorativa inebriante, anche un po’ fine a sé stessa, ma inaspettata per un FPS e ancor di più per Halo, una saga che nel bene o nel male ha sempre avuto un’impostazione molto “classica” e lineare. Muovermi per Zeta Halo mi ha in un certo senso ricordato Breath of the Wild. Un paragone sicuramente azzardato e, forse, improprio, ma che ben testimonia la sensazione di potenza e “gioco” durante l’esplorazione. Non solo andare da punto A a B, ma anche scegliere come arrivarci e giocare con la mappa e con i sistemi di gioco per farlo a modo proprio.

Le sensazioni avute durante l’esplorazione si sono riversate anche nella campagna. Il mistero legato a Zeta Halo è stato sfruttato con grande intelligenza, dando risposte al giocatore ma lasciando un velo di inaspettato e incompreso durante tutta la campagna. Il viaggio con Arma, l’eredità di Cortana e anche il vero obiettivo della Messaggera, tutti elementi che sono riusciti a donare ad Halo Infinite un fascino e una presa unica. Un po’ come fu per Combat Evolved, con la scoperta dei Flood e tutto ciò che gli Halo significavano.

Una sensazione entusiasmante, dopo gli insipidi conflitti raccontati in Halo 5. Con questo non voglio incensare Halo Infinite a capolavoro della narrazione, anzi. Ma nonostante una scrittura imperfetta e un ritmo altalenante, questo viaggio ha davvero acceso un fuoco nel mio cuore. Il fuoco della curiosità, del voler scoprire cosa ci attende oltre, quali segreti verranno svelati e come questi segneranno questo “nuovo corso” di Master Chief.

Insomma, Halo Infinite mi ha riavvicinato al suo universo in modi inaspettati. E’ stato così anche per voi, o siete del parere opposto?

Halo Infinite è disponibile su Xbox One, Xbox Series X/S e PC, anche attraverso il servizio Xbox Game Pass. Disponibile anche online e in negozio da GameStop IT. 


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