Control è un nome buffo da dare a un videogioco, soprattutto se si pensa alla storia di Remedy. I suoi sviluppatori, infatti, non hanno mai avuto controllo delle proprie proprietà intellettuali: Max Payne prima, Alan Wake (di cui ha riacquistato i diritti) e Quantum Break dopo.
La sua turbolenta storia fatta di capolavori e di fallimenti commerciali ha reso Remedy uno dei team più bistrattati della recente storia dell’industria. In collaborazione con 505 Games però, ha voluto cambiare il suo destino creando qualcosa su cui avesse pieno e assoluto controllo: Control, appunto. Ho giocato e finito l’ultima fatica del team finlandese in pochi giorni, nonostante la calura estiva. Non riesco a pensare ad altro, anche mentre scrivo questa recensione.
Vi è mai capitato di entrare in un luogo storico: magari una cattedrale vecchia di secoli, in cui anche un solo mattone ha in sé una storia inscrutabile ma incredibilmente potente? Quel silenzio che fa spazio ad una strana sensazione di claustrofobia, come se una presenza vi impedisse di ragionare lucidamente o abbandonare quel luogo.
L’aria si fa pesante, l’afa brucia la pelle e i polmoni sembrano uscire dal petto. Eppure, siete completamente in balia di quel luogo. Nel momento in cui Jesse Faden, la nostra protagonista, mette piede nel Federal Bureau of Control la sensazione che si prova è la stessa.
Quest’ultima è un’agenzia governativa segreta che si occupa di gestire e contenere tutti gli avvenimenti soprannaturali o bizzarri che avvengono nel mondo. Ma Jesse non metterà piede in una semplice agenzia, perché il Federal Bureau of Control ha sede in un edificio piuttosto particolare: la Oldest House.
Si tratta di un luogo di potere, collegato ad altri mondi attraverso delle soglie. Una struttura in continuo cambiamento, trasformativa le cui mura si muovono come facessero parte di un cubo di Rubik. Al suo interno domina l’architettura brutalista, con gli spigoli e i materiali esposti e che incutono un tragico senso di sconforto, ma la quale risuona di un mistero e di un fascino che rendono quelle stesse mura bellissime.
La narrazione di Control si sviluppa per capitoli, in totale 10, che porteranno ad esplorare nella sua interezza i diversi piani della Oldest House, ognuno con la propria mappa specifica e con i suoi segreti da scoprire, comprese sezioni opzionali e svariate quest secondarie. Ma la vera spinta a muoversi tra le mura grigie della Oldest House è il fratello di Jesse Faden, catturato dal Bureau da piccolo a seguito di un incidente avvenuto nella città di Ordinary, e a cui la nostra protagonista ha assistito.
Una scrittura che rasenta lo stato d’arte
La disperata ricerca di risposte l’ha condotta qui, a seguito della morte del Direttore e all’invasione dell’Hiss. L’Hiss è come un sibilo, un bisbiglio fastidioso: entra nella mente e trasforma i suoi ospiti in folli creature o più semplicemente in soldati senza libero arbitrio pronti a morire per far espandere questa “presenza”.
Il compito di Jesse, in quanto nuovo direttore del Bureau of Control, è quello di contenere questa piaga e assicurarsi che non esca dalla Oldest House. Isolata e impercettibile dal resto del mondo, l’agenzia ha al suo interno un nutrito cast di personaggi, ognuno ben delineato in un universo narrativo che sembra avere fondamenta ben più solide di quello che dà a vedere. Il mondo di Control ha delle regole, confuse e particolari che reggono una narrazione assolutamente incredibile, con una scrittura che rasenta lo stato d’arte e alcuni dei momenti più belli che mi sia capitato di vivere in un videogioco.
Mentre Jesse si faceva largo tra i piani (4, per la precisione) del Bureau, in quello dedicato alla Manutenzione fa la conoscenza di un bizzarro personaggio: Ahti, il custode; il suo lavoro è quello di pulire, assicurarsi che la Oldest House non vada in malora. “Perkele!” esclama più volte, mischiando la lingua finlandese all’inglese senza che io, spettatore/giocatore, sappia di cosa sta parlando. Con una rapida ricerca su internet ho scoperto che si tratta di un’imprecazione ben nota ai finlandesi. Non male, ho imparato qualcosa.
Control è tutto così, un viaggio incredibile nella mente umana e nella comprensione di ciò che è incomprensibile. Una narrazione silenziosa che si fa potente con delle scene assolutamente visionarie, da lasciare senza parole. Ci penso ancora, lo interpreto anche dopo giorni che ho visto i crediti scorrere sullo schermo nero. Il riflesso della mia faccia su quello schermo la diceva molto sul mio stato mentale.
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Ma Control è anche un gioco, ed è un di quelli da lasciare senza fiato. Oltre ad aver ereditato il ruolo di Direttore, Jesse ha accolto tra le sue mani un oggetto del potere: una pistola multiforme; quella sarà la vostra unica compagna per avanzare tra i nemici della Oldest House, ma le sue forme (Rapidità, Perforazione, Frantumazione e Presa) hanno tutte uno stile di sparo differente e si prestano a differenti strategie. Frantumazione ad esempio funziona un po’ come un fucile a pompa, ma grazie agli slot di modifica può essere reso più versatile diminuendone il rinculo o la diffusione dei proiettili.
Mod simili possono essere applicate anche a Jesse, migliorandone la Salute o l’Energia per utilizzare i propri poteri. Oltre ad essere uno “spara spara” di notevole profondità infatti, Control gestisce gli scontri rinunciando alle classiche coperture da sparatutto in terza persona. Al suo posto, introduce una serie di abilità particolari che permettono un differente approccio agli scontri. Oltre ad una rapida schivata, c’è la possibilità di lanciare letteralmente qualsiasi cosa (o quasi) delle ambientazioni contro i nemici, utilizzare le macerie come scudo, Levitare per raggiungere luoghi inaccessibili o approcciare gli scontri da un punto di vista diverso.
Control è folle, bizzarro ma in termini puramente ludici funziona che è una meraviglia, perché con poche, significative opzioni permette al giocatore di sentirsi in controllo di Jesse e di poter affrontare l’Hiss ad armi pari, senza mai essere imbattibile ma non per questo in svantaggio. Il titolo Remedy richiede testa, più che forza bruta, per essere pienamente compreso ed apprezzato. Questo aspetto è più che mai vero vista la non linearità dell’esplorazione della Oldest House. Nonostante la progressione per la trama principale segua un ritmo e dei binari ben definiti, il resto è tutto nelle mani del giocatore. Le quest secondarie sono molteplici, tutte differenti tra loro e con uno scopo ben preciso all’interno del Bureau.
Non giocavo un’avventura così da tempo
Ma a colpire di più è il level design della Oldest House, che andrà esplorata come il più classico dei Metroidvania, facendosi strada più e più volte per sezioni inesplorate, ritornando sui propri passi per utilizzare un nuovo potere o una carta d’accesso. In questo aspetto ritorna impellente la sensazione di cui vi parlavo all’inizio, che spinge a superare la claustrofobia e a muoversi per i piani della Oldest House in cerca di risposte, di oggetti e di un modo per aprire questa o quella porta, provare a levitare per capire se è possibile raggiungere quel luogo che ho visto indicato sul muro. Ci sarà un modo per accedere al Jukebox? Forse no, eppure non riesco a pensare altro. Voglio risposte, in questa mia speranza c’è una cosa buona: Control è un grande gioco.
Ma ha anche dei difetti, come giusto e normale che sia. Uno è che finisce, lasciando in sospeso alcuni aspetti della narrazione (pur avendomi ampiamente soddisfatto). In generale i difetti amputabili a Control risiedono tutti in limitazioni tecniche o in scelte di design specifiche.
La mappa di ogni piano non è sempre chiarissima, e tende a rendere meno intuitivo il suo aspetto da metroidvania. Ritornare sui propri passi non è sempre facile, a meno che voi abbiate una memoria fotografica di ferro.
Le animazioni non sono sempre soddisfacenti e in generale le performance su Playstation 4 (non Pro) sono altalenanti. Il titolo di Remedy tende a scattare e a perdere rovinosamente frame nelle situazioni più concitate, aspetto che a volte (purtroppo) si riversa nelle cutscene. Un peccato, perché le performance degli attori sono eccezionali, contribuendo in maniera eccellente a raccontare una storia strana, ma dannatamente affascinante ed emotivamente appagante.
Control non è un capolavoro, e anche se esistesse un modo oggettivo per misurare quanto si avvicina a quella valutazione, non ci interessa. Control è una folle, affascinante, divertente e assuefacente discesa in un universo unico e affascinante creato da Remedy. Un capolavoro avrebbe un impianto tecnico più stabile anche su console, e avrebbe sicuramente fatto un lavoro migliore per bilanciare i vari poteri. Infatti, è un po’ facile lasciarsi prendere la mano con l’abilità lancio e dimenticarsi di tutto il resto (ma è vero solo in parte). Nonostante tutto questo, Control è un capolavoro (mi contraddico?! ndr). Non perché lo sia davvero, ma perché voglio dirlo io a gran voce: non giocavo un’avventura così da tempo, e Remedy mi ha ricordato perché il videogioco è un medium incredibile. Chapeau, sipario. |