19 Feb 2019

Crackdown 3 – Recensione

Fino a poco tempo fa, parlare di Crackdown 3 era considerato come lanciare uno sguardo nel vuoto, come chiacchierare tra amici di quell’amico che da sempre pacco agli appuntamenti, prima atteso e poi, lentamente, dimenticato a causa delle sue continue mancanze.

Crackdown 3 (in realtà il numero si sarebbe aggiunto più in la), annunciato in pompa magna nel 2014, a next-gen appena avviata, divenne tanto uno dei cavalli di battaglia, quanto uno dei talloni di Achille di Microsoft, con la casa di Redmond in palese stato confusionale dopo un avvio di generazione tutt’altro che ottimale e con una penuria di esclusive e killer app che potessero far propendere l’ago della bilancia dalla sua parte.

A ben cinque anni di distanza, dopo cambi di tecnologia, riscrittura del codice e ri-branding del prodotto, ecco arrivare sulle nostre Xbox One (e PC) l’ultraritardatario e, oramai, non più tanto atteso Crackdown 3: addentriamoci dunque tra le strade di New Providence pronti a capire se sia valsa (o meno) la pena di attendere tutto questo tempo.

Le principali città della terrà sono state colpite da un blackout che ha gettato nel panico l’intera popolazione, causando l’abbandono delle stesse ed una fuga verso New Providence, unica delle metropoli americane non ancora colpita da questo fenomeno, vista quale paradiso terrestre da cui tutto potrà ripartire, unendosi per far fronte, grazie alla coesione, ai tempi duri che verranno.

Elisabeth Niemand, governatrice di New Providence, è in realtà la maschera esteriore della multinazionale Terranova, entità dietro gli attacchi alle altre città, capace di gestire il flusso migratorio degli esuli a suo favore, attraendoli con l’inganno, riducendoli in schiavitù, con l’evidente scopo di raggiungere la dominazione globale. Nei panni di un agente dell’Agenzia, un gruppo di soldati super-addestrati, saremo noi a doverci opporre ai piani della Terranova, non prima però di venire uccisi nei primi minuti di gioco.

Debitamente recuperati e clonati, ci dovremo lanciare per le strade di New Providence e svolgere una serie di attività che ci permettano di recuperare le nostre potenzialità, andate perse con la prematura dipartita, e poter così affrontare fino all’ultimo dei boss presenti sul territorio.

Un gameplay che sa di vecchio

La prima cosa a divenire chiara, pad in mano, è la natura derivativa rispetto al primo episodio della serie, e se può essere considerato un bene il non aver fatto riferimento ad un mediocre secondo episodio, alla stessa maniera, per quanto le cose funzionino e siano piacevoli tanto da guardare che da giocare, non è il massimo trovarsi di fronte ad un gameplay che sa “di vecchio”, per quanto funzionale, da qualsiasi lato lo si guardi.

Perchè Crackdown 3, tolta la levolution gestita mediante cloud Azure, relegata solo nella componente multiplayer, alla fine altro non è che una versione estesa, potenziata, lucidata e messa a nuovo del primo Crackdown, con le dovute variazioni ma fatta per mettere d’accordo i fan storici senza voler (o poter) osare di più a causa di uno sviluppo che definire travagliato sarebbe riduttivo.

Finanche le dinamiche da shooter risultano svilite, vista l’implementazione della funzione di lock automatico, in favore di un approccio che vede nella estrema mobilità, nell’esplorazione e negli spostamenti acrobatici il vero fulcro del gameplay di Crackdown 3: tutto ciò andrebbe anche bene se il sistema di lock non andasse in confusione di tanto in tanto, passando da bersaglio a bersaglio a seconda della nostra prossimità allo stesso, andando a vanificare la nostra azione di attacco pregressa. Le continue peregrinazioni per le vie di New Providence si ridurranno dunque a una serie di acrobazie e progressi attraverso percorsi guidati al fine di raccogliere sfere verdi volte a potenziare uno dei nostri parametri vitali.

Per livellare debitamente e avere dunque accesso ad aree più avanzate e a nemici più agguerriti, ci basterà semplicemente distruggere tutto ciò che ci capita davanti, avendo l’accortezza di usare quante più armi possibili, al fine di aumentare parallelamente tutte le stats del nostro personaggio. Per sconfiggere la Terranova dovremo farci largo, partendo dal basso, tra le sue gerarchie, scalzando prima mini-boss, poi boss locali per poi arrivare ai boss di area il cui superamento ci permetterà di ottere informazioni di intelligence utili per volgere i nostri prossimi attacchi alla potente struttura piramidale.

Per quanto appagante, il gameplay presta il fianco ad una palese ripetitività, interrotta saltuariamente da prove di abilità o corse automobilistiche che vanno, almeno queste ultime, a mostrare i limiti di una fisica che fa letteralmente a pugni con un modello di guida tutto sommato gradevole. Ciononostante Crackdown 3, a patto di voler venire a patti con i difetti su indicati, è un titolo che ha il suo porco fascino, dotato di un gunplay che, per quanto atipico, diverte quanto basta, non facendo gridare al miracolo ma nemmeno allo scandalo.

Caduta dalle nuvole

La vera “caduta dalle nuvole” di Crackdown 3 sta proprio nella tanto propagandata modalità Wrecking Zone, costruita per mostrare la potenzialità del cloud computing made in Microsoft, non tanto per un discorso di resa effettiva (si lascia giocare senza remore e risulta essere anche divertente) ma per la scarsezza di modalità ed arene messe a disposizione per mostrare la potenza (?) computazionale Cloud Azure. Non ci troviamo sicuramente davanti ai livelli di interattività visti in Just Cause 4 ma il risultato, non fosse penalizzato da una estrema ripetitività data dalle poche modalità presenti, è più che sufficiente e, comunque, un vago spettro di quel che attendevamo dopo l’annuncio in pompa magna di cinque anni fa.

Graficamente, invece Crackdown 3, pur lesinando in quanto a nuda e cruda conta poligonale, risulta essere appagante per lo sguardo grazie alla scelta di un cel-shading ultra-saturo e pieno di luci neon, facendo risultare New Providence una città a metà tra il futuristico ed il cyberpunk e comunque ben oltre la sufficienza. Parimenti l’accompagnamento sonoro ben si sposa con l’incessante azione proposta dall’ultimo nato in casa Sumo Digital.

Conclusioni

Crackdown 3 è tra noi: e questa è già una notizia.

Riemerso dai fumi del vaporware, si presenta però come l’ombra di ciò che sarebbe dovuto essere: un gioco divertente e giocabile, per carità, ma non il messia rivoluzionario o una delle killer app della line-up Microsoft.

Sumo Digital porta a termine il compitino senza infamia né lode, proponendo un gioco che vede nella referenzialità alla tradizione il suo pregio e maggior difetto insieme.

La ripetitività nel gameplay inficia tanto la modalità single-player quanto quella multiplayer: la presenza della distruttibilità “powered by Cloud Azure” risulta purtroppo fiaccata da una disponibilità di modalità e di arene di gioco a dir poco imbarazzante.

Crackdown 3 merita comunque una chanche, non fosse altro perché inserito nel Game Pass e, pur con i suoi limiti, saprà garantire ore di divertimento senza pensieri.

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