Il concetto più in voga con l’avvento delle console di nuova generazione è stato, senza ombra di dubbio alcuno, “open-world” (oltre a Remake HD, ma questa è un’altra storia…): tutti gli sviluppatori infatti hanno preferito, basandosi sulla maggiore potenza di calcolo delle macchine next-gen, riproporre dinamiche di gioco già rodate in passato, espanse però all’ennesima potenza.
Watch Dogs, Far Cry 4, Assassin’s Creed: Unity, Dragon Age: Inquisition e Forza Horizon 2 sono esempi lampanti, pur con risultati a dir poco alterni, di questo nuovo trend volente nel detto “bigger is better” il dogma interpretativo di una nuova generazione di giochi.
Verifichiamo insieme dunque se l’ultima fatica Ivory Tower sia riuscita a raggiungere i livelli di eccellenza di Forza Horizon 2 o se ci troviamo davanti all’ennesimo scialbo simulatore afflitto dalla sindrome di inizio generazione.
Start your engines please…
The Crew
Piattaforma: Xbox One, Ps4, Xbox 360, Pc
Genere: Racing Game
Sviluppatore: Ivory Tower
Publisher: Ubisoft
Giocatori: 1
Online: 2-4 Co-op
Lingua: Completamente in Italiano
Dopo sei (o sette) episodi di Fast & Furious ed anni di Need for Speed è ben chiaro che, eccezion fatta per il fallimentare Need for Speed: the Run,la trama non rivesta un ruolo principale all’interno del microcosmo delle corse clandestine: aderendo a questa scuola di pensiero, quella di The Crew brilla in tutto tranne che originalità.
Traendo ispirazione dai topoi ricorrenti del settore, in The Crew vestiremo i panni di un poliziotto che, infiltrato all’interno di una gang criminale, assiste impotente all’omicidio del fratello da parte di quello che si rivelerà poi essere il capo supremo di questa organizzazione a delinquere. Detto-fatto: il nostro bravo protagonista partirà, mosso da una tremenda voglia di vendetta ed armato solo dei numerosi HP nascosti sotto il cofano delle fuoriserie che si troverà a condurre in lungo ed in largo per gli Stati Uniti d’America, con il compito di guadagnare fama all’interno della suddetta organizzazione criminale e far piazza pulita dei vari scagnozzi disposti nelle varie posizioni di comando con il fine ultimo di arrivare al confronto finale con il capo della stessa, assassino di suo fratello e guadagnare, dopo averlo sconfitto, la tanto agognata redenzione.
Ad inframezzare una narrazione a dir poco soporifera ci penseranno comprimari ed intermediari dotati del carisma di un armadio a quattro ante, personaggi che ci presenteranno le sfide che, di volta in volta, dovremo affrontare e che ci proporranno potenziamenti per i nostri bolidi…
La struttura di progressione ruolistica implementata in The Crew è, di sicuro, l’elemento meglio riuscito di tutta la produzione.
Per correre da una parte all’altra degli states avremo bisogno di recuperare una macchina e di effettuare un debito potenziamento della stessa al fine di renderla competitiva e mettere sempre più distanza tra noi e gli avversari che, di volta in volta, incontreremo sul nostro cammino. Dopo aver dunque scelto il veicolo iniziale ci troveremo di fronte al dettagliatissimo sistema di customizzazione, vero e proprio cuore pulsante di questo The Crew, sistema di modifiche mediante il quale potremo personalizzare in ogni minimo dettaglio estetico-motoristico il nostro bolide al fine di renderlo assolutamente unico e distinguibile dal marasma di auto che incontreremo gara dopo gara.
La scarsezza di fondi disponibile ad inizio avventura ci catapulterà però immediatamente “on the road”, alla ricerca di vittorie o piazzamenti che ci forniranno la pecunia per acquistare i potenziamenti necessari per progredire nella nostra scalata al vertice o, nel caso di raggiungimento di una serie di pre-condizioni, all’acquisizione diretta di ricambi specifici (montabili on the run) da applicare al bolide in questione. La struttura di progressione ruolistica implementata in The Crew è, di sicuro, l’elemento meglio riuscito di tutta la produzione: come in ogni gdr che si rispetti all’aumentare del numero di eventi disputati con una determinata vettura ci sarà un parallelo avanzamento sia dell’esperienza del pilota (che si tradurrà in un novero di bonus associabili all’ottenimento di potenziamenti o di particolari benefit) che del livello dell’autoveicolo utilizzato, con conseguente diminuzione del costo per l’acquisizione dei power-up associabili alla vettura stessa.
Ad un graduale avanzamento di livello corrisponderà una parallela possibilità di accesso a tipologie di ricambi sempre più avanzati e ad un conseguente, lineare, aumento delle prestazioni del veicolo su cui gli stessi verranno equipaggiati. Se però la scelta di un potenziamento motoristico in favore di un altro comporterà una diametrale differenziazione prestazionale, la stessa cosa non può esser detta riguardo i potenziamenti estetici: la scelta di una minigonna, di una presa d’aria o di un alettone non andrà minimamente ad influire, cosa non corrispondente ad una eventuale attuazione reale della medesima modifica, sulle prestazioni finali della vettura, scelta scriteriata ed immotivata, visto l’enorme parco di modifiche estetiche disponibili e il potenziale insito nell’implementazione non esclusivamente “cosmetica” di dette varianze aerodinamiche, risultante in una ottimizzazione fatta solo “a metà”.
Shame on you Ivory Tower…
Quest’ultima scelta è indubbiamente ascrivibile, si badi bene non ho detto giustificabile, all’approccio ibrido simulazione-arcade cui The Crew è orientato: ove però l’impostazione nettamente arcade ben si adatta ad un gioco che fa della personalizzazione motoristica, in puro Need for Speed style, il suo punto forte, la componente simulativa implementata nella gestione della trazione dei veicoli stride fortemente con l’approssimazione realizzativa dell’applicazione fisica della stessa.
A meno di non possedere infatti una vettura di elevatissimo livello (dal 40 in su…) ci ritroveremo, molto spesso, a fare i conti con una debordanza del posteriore che si tradurrà nell’impossibilità quasi totale di ottenere una perfetta tenuta di strada: ove questo fenomeno sarebbe giustificabile in presenza di vetture dotate di alti HP e trazione posteriore, lo stesso non può essere assolutamente detto di veicoli a trazione anteriore o, meglio ancora, integrale. Se a ciò aggiungiamo una leggerezza realizzativa delle dinamiche degli impatti, che si tratti di salti o di collisioni con vetture, circuiti od ostacoli, ci si trova davanti ad un netto sbilanciamento della difficoltà in favore della IA (o presunta tale) che, a nostra differenza, non sarà mai oggetto di impatti, derapate, fuoripista o errori di qualsiasi tipo.
L’IA rappresenta, a conti fatti, il punto dolente dell’intera produzione Ivory Tower: pur avendo infatti una vettura nettamente più potente di quella avversaria, non si comprende per quale arcano motivo la stessa rimarrà sempre in scia non lesinando sportellate o scorrettezze che ci porteranno a perdere gare già vinte nonostante una condotta di gara a dir poco ineccepibile; la varietà delle missioni che andremo di volta in volta ad affrontare sarà comunque minata dallo scripting pressoché totale delle azioni delle auto avversarie: il più delle volte basterà memorizzare il percorso compiuto dagli opponenti IA based per impostare una strategia funzionale al corretto superamento della prova in oggetto. A differenza inoltre di Forza Horizon 2, nella maggior parte delle gare affrontate, l’unico risultato possibile sarà la vittoria: pur anche un dignitosissimo secondo posto si tradurrà in una sconfitta, con il conseguente obbligo di ripetere daccapo la prova, che si tratti di una gara di pochi minuti o di un coast to coast di svariate ore, con buona pace della frustrazione e del godimento dell’esperienza di gioco tutta.
L’IA rappresenta, a conti fatti, il punto dolente dell’intera produzione Ivory Tower
Ad una fallace IA corrisponde, purtroppo, una altrettanto approssimativa realizzazione tecnica del mondo di gioco che, ahinoi, brilla si per maestosità dimensionale difettando però di qualità realizzativa.
Il livello poligonale delle vetture a nostra disposizione, in linea con quello degli avversari, stride fortemente con quello del traffico incontrato durante le nostre peregrinazioni sul suolo americano: alla stessa maniera,la quasi totalità degli ambienti di gioco sono, graficamente parlando, svariati gradini sotto la perfezione stilistico-realizzativa dei bolidi parcheggiati nel nostro garage. L’abbassamento dei dettagli di questi elementi, resosi indubbiamente necessario per permettere alle macchine della corrente generazione di gestire un mondo di gioco così vasto non ha sortito però gli effetti sperati: l’intera esperienza di gioco è infatti infarcita di bug grafici, glitch, compenetrazioni poligonali e cali di frame rate che porteranno, molto spesso, l’asticella ben al di sotto dei 30fps promessi in fase di realizzazione dai ragazzi di Ivory Tower; non pervenuto il meteo variabile, che rimane ad appannaggio di titoli quali Driveclub o, per restare in ambito free-roaming, Forza Horizon 2.
Gradevole invece il lavoro fatto sul comparto sonoro con motori, corrispondenti alle loro controparti reali, il cui rombo varia a seconda dell’implementazione di uno o più potenziamenti; degna di nota anche la colonna sonora, appropriata e mai scontata.
La martellante campagna marketing istituita da Ivory Tower ha indicato, nel corso dei mesi, The Crew come il primo vero racing arcade game ibrido completamente online (forse dimentichi dei due, malriusciti invero, test-drive unlimited) ambientato in un mondo di gioco immenso e completamente esplorabile.
Se per quel che riguarda il mondo di gioco i sopraccitati valori, pur con i distinguo del caso, risultano essere verificati, l’affermazione inerente lo status di “Always online” va ampiamente discussa. Primo problema, endemico delle produzioni dell’anno domini 2014 Ubisoft, Far Cry 4 a parte, è la, chiamiamola, difficoltà a reperire con facilità sessioni online libere e stabili durante tutto l’arco del seppur breve playthrough. I primi giorni di questo The Crew sono stati, alla guisa di quanto successo con Assassin’s Creed, afflitti da problemi di connettività e frequentissime disconnessioni o fenomeni di lag che rendevano a dir poco ingiocabile il comparto online del titolo Ivory Tower.
Con il passare del tempo, e con il rilascio di svariate patch, la situazione, almeno dal punto di vista della stabilità, sembra essere migliorata, lasciando però spazio a problemi di ottimizzazione matchmaking duri e puri: per porre un freno alle lunghissime attese, in cerca di giocatori disponibili a giocare, da Ivory Tower han ben pensato di implementare un sistema di integrazione “First come, best served”, con buona pace della selettività del matchmaking.
In soldoni tutto ciò si traduce nella sicurezza di incontrare giocatori di livello elevatissimo anche nell’occasione delle primissime partite online: nessun criterio (altresì detto FILTRO) per il livellamento dell’esperienza di gioco online è stato infatti implementato automaticamente (o anche mediante selezione manuale, come presente in Forza Horizon 2) ingenerando dunque frustrazione nei newbie alle prese con le prime disfide in rete.
Non avvicinatevi dunque al comparto online se non prima di aver potenziato (almeno livello 40) il vostro bolide: utente avvisato… mezzo salvato!
Il 2014 è stato, senza ombra di dubbio, l’annus horribilis di Ubisoft.
Escludendo il pressoché perfetto Far Cry 4, tutti i titoli sfornati dal produttore franco canadese, Assassin’s Creed in testa, son caduti vittima di grossolani errori di ottimizzazione e di bug di ingente caratura.
Ivory Tower si inserisce a piè pari in questo filone, presentandoci un The Crew con potenzialità incredibili ma, ahinoi, ampiamente sotto-sfruttate. Un mondo di gioco immenso e diversificato ma dannatamente mal realizzato, sia dal punto di vista artistico che da quello tecnico, ed un novero di personalizzazioni motoristiche ed estetiche (queste ultime ininfluenti ai sensi della giocabilità), non bastano a far decollare questo primo “open world arcade racing game”: tutta l’esperienza di gioco è costellata da bug che vanno ad inficiare, anche pesantemente, la fruizione della stessa.
Tecnicamente si assiste, ahinoi in modo sistematico, a cali di frame rate, glitch, compenetrazioni poligonali ed estemporanei freeze del gioco: impossibile presentare un gioco con un così basso livello di rifinitura al day-one. Il sistema di guida poi sembra non tener conto minimamente della differenziazione delle vetture in gara, presentandoci reazioni pressoché uniformi anche in presenza di elementi ampiamente diversificanti: l’IA (o presunta tale), dal canto suo, a volte troppo aggressiva, a volte molto meno, non rappresenta mai una sfida davvero probante a causa dello scripting estremo di ogni suo comportamento.
Il comparto online, che avrebbe potuto (e dovuto, a detta degli sviluppatori) dare una sferzata positiva alla valutazione, cade vittima di errori di ottimizzazione del netcode e, una volta risolti questi, di uno scriteriato criterio di match-making volto all’eliminazione dei tempi di attesa, pantagruelici nei giorni seguenti il day-one, senza la benchè minima comparazione del livello dei giocatori inseriti nella stessa sessione.
Se a tutt0 ciò aggiungiamo un coefficiente di ripetitività elevatissimo… la frittata è fatta: che questo ennesimo passo falso serva ad Ubisoft per concentrarsi maggiormente sull’ottimizzazione dei giochi e sul rispetto dei videogiocatori invece che sull’invadenza delle campagne marketing.
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