Cult of the Lamb è solo uno degli ultimi, interessanti progetti lanciati sul mercato sotto l’ala protettrice di Devolver Digital e che abbiamo visto a più riprese nelle ultime conferenze del publisher, oltre ad averlo conosciuto grazie ad una demo pubblicata su Steam.
Protagonista del gioco, come si può intuire dal titolo, un agnellino sacrificale dai grandi occhioni, e dalla paffuta e candida chioma arricciata. Una creatura dolcissima, che tuttavia si trasforma ben presto nel padrone di un culto, dove altri animali inneggiano il suo nome. Il titolo di Massive Monster mette in contrapposizione due elementi pressoché inconciliabili: l’immaginario di un culto satanico e dei carinissimi animaletti. Un biglietto di presentazione incredibile, e perfettamente coerente con lo stile di Devolver Digital. Se loro possono presentare dei videogiochi con una versione Mecha di Suda51, allora può esistere un agnellino infernale ma anche adorabile.
Con questi ottimi presupposti, approcciarsi a Cult of the Lamb è davvero facilissimo. Il titolo impazza sui social e su Twitch. Con 1 milione di copie vendute dal lancio, viene da chiedersi i motivi dietro questo successo. Per accorgersene, in realtà, basterebbe scaricare la demo su Steam, avviarla e lasciare che vi ammali con il suo stile e gameplay. Una volta finita ne vorrete di più, e una volta acquistato il gioco la storia si ripeterà.
Il viaggio dell’agnellino di Massive Monster inizia in modo piuttosto diretto, e basta poco per iniziare a far muovere i suoi ingranaggi. Condannati a morte da strane creature a capo di un “Vecchio credo”, verremo salvati e riportati in vita da una creatura imprigionata, nota come “The One who Waits”. Un essere potente e rancoroso, che vuole trasformarci in uno strumento per la sua vendetta. Poco importa se la nostra stazza è limitata e se il pelo bianco si sporca facilmente di sangue, Cult of the Lamb ci getta fin da subito nella suo gameplay da roguelike e, inaspettatamente, anche da gestionale piuttosto profondo.
Cult of the Lamb è un ottimo roguelike
Le due anime che compongono Cult of the Lamb sono entrambe ricche di sfumature, e giocano con il loro genere di appartenenza per offrire un’esperienza sì intensa, ma mai soverchiante o frustrante. La prima, è quella di un roguelike un po’ edulcorato. Con il nostro Agnello dovremo superare 4 diversi biomi, per raggiungere ed eliminare il proverbiale boss finale. Nell’affrontare ognuna di queste zone, avremo una serie di dungeon a stanze, generati proceduralmente, con alcuni elementi casuali a rendere le partire imprevedibili.
All’inizio di ogni run, avremo a disposizione un’arma corpo a corpo e una maledizione, una sorta di magia da utilizzare consumando il mana. Nel corso della nostra esplorazione, nemico dopo nemico, potrà capitare di incontrare loschi figuri intenti ad aiutarci, mercanti o drop di abilità o armi più potenti. Ma anche l’uso dei tarocchi, fondamentale per trarre il meglio da ogni esplorazione. Sbloccare tutti i tarocchi, con i bonus più disparati, è importante. Ma soprattutto, fa in modo che ogni livello acquisisca una propria identità, con quel pizzico di casualità che può immediatamente rendere una run peggiore di un’altra (o migliore!).
Ma Cult of the Lamb è anche molto più permissivo di altri esponenti del genere. Un roguelike leggero, se vogliamo, che punisce il vostro fallimento con la diminuzione di alcune risorse ottenute esplorando, fondamentali per migliorare e accrescere il proprio culto.
La sua struttura a stanze non offre situazioni particolarmente inattese, si procede e ci si fa strada a colpi d’arma e utilizzando le variegate maledizioni disponibili. Qualcuna lancia proiettili a ricerca, altre fanno un danno ad area intorno all’agnello. Il risultato è un’esperienza immediata e appagante, che mostra un po’ il fianco a qualche fase di stanca dopo una decina di ore. Nonostante i molteplici potenziamenti e la casualità dell’esperienza, si percepisce una mancanza di varietà nelle sezioni più avanzate. Le meccaniche ludiche tendono a ripetersi, così come le sfide a cui veniamo sottoposti.
La stessa esplorazione casuale, con la scelta del percorso da fare in una sorta di mappa minimale, perde presto il suo alone di imprevedibilità, una volta riconosciuti i pattern e le situazioni presenti. Nonostante ciò, Cult of the Lamb resta un’esperienza davvero divertente e rigiocabile, ma è difficile che riesca a mantenere alto il suo mordente per decine e decine di ore.
Anche la parte gestionale del culto soffre un po’ di questo problema, ma la sua profondità e ricchezza riesce a restituire un senso di progressione costante e meglio bilanciato. Ogni esplorazione sarà si incerta e violenta, ma ci permetterà anche di trovare nuovi animali da indottrinare nel culto. Una volta scelto il nome e l’aspetto (collezionateli tutti, altro che Pokémon!), potremo decidere che attività assegnar loro.
Si va dalla preghiera, per migliorare il culto e costruire strutture migliori, al raccolto, utile per cucinare deliziosi manicaretti ed evitare di far morire di fame (o dissenteria) i vostri adepti. Dopo ogni esplorazione, vedrete il culto crescere sempre di più, diventando un’efficiente e ben oleata macchina. I nostri adepti potranno lavorare, producendo legna e altre materie prime, ma anche aiutarci nelle nostre esplorazioni sotto forma di demoni, una volta costruita la struttura adatta.
Un bellissimo e truculento libro popup, a metà strada tra un racconto mefistofelico e una fiaba per bambini
Cult of the Lamb riesce a creare un loop di gameplay estremamente denso e appagante, che trova la sua massima espressione proprio nella gestione del culto. Oltre a tutti gli elementi legati alla cura e gestione degli adepti (guai a lasciare cacca in giro), sarà possibile personalizzare alcuni loro comportamenti, in cinque categorie diverse. Ogni scelta sarà fondamentale all’identità del nostro culto, il che rende Cult of the Lamb piuttosto rigiocabile, se volete compiere scelte differenti e vederne l’evoluzione.
Il nostro culto era basato, ad esempio, su due dottrine importantissime: rispettare gli anziani e non lamentarsi se per cena c’è semplicemente un piatto d’erba. Ma le possibilità sono molte di più, con picchi di follia e umorismo davvero memorabili.
Cult of the Lamb è un ottimo titolo, che dà una lettura tutta sua del genere roguelike, addolcendone alcuni spigoli. Il tutto spingendo su una componente gestionale divertente e profonda. La grande personalizzazione del culto e degli adepti, rendono il titolo di Massive Monster una fucina di piccole storie emergenti. Queste si intrecciano con quella che dà un senso alle esplorazioni del nostro piccolo, infernale agnellino. Divertente e sorprendente nelle prime ore, perde parte del suo mordente superate le dieci ore abbondanti. Qualche variabile in più lo avrebbe reso sufficientemente più vario. Anche così resta una piccola, grande esperienza, ricca di elementi secondari e collezionabili di cui fare incetta. Un titolo che si lascia giocare di gusto, nonostante qualche bug di troppo. Nulla da dire sullo stile grafico, un bellissimo e truculento libro popup, a metà strada tra un racconto mefistofelico e una fiaba per bambini. |
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