Era l’oramai lontanissimo 1990 quando Mike Pondsmith, allora game designer presso Talsorian Games, diede vita ad uno dei più iconici e famosi giochi di ruolo di sempre, che avrebbero condizionato un’intera generazione di appassionati, e non solo. Film makers, creatori di videogiochi, musicisti e fumettisti di tutto il mondo hanno contribuito negli anni a venire a rendere omaggio al capolavoro che è stato Cyberpunk 2020. Basato sugli scritti di William Gibson e Bruce Sterling, il mondo di Cyberpunk si concretizzava in un futuro fumoso e oscuro, dove un’ambientazione grottesca, che sembrava uscire direttamente da Johnny Mnemonic e Blade Runner, si sposava con il controllo mondiale delle multinazionali e delle mega corporazioni, divenute più forti e potenti dei governi.
Le città si estendevano come un enorme cancro sulla terra, e milioni di disagiati lottavano per la sopravvivenza in quelle che venivano chiamate in slang “sprawl”, ovvero enormi megalopoli risultate dalla fusione di più grandi città. Individui straordinari chiamati Netrunners si infiltravano nella rete per violare i database delle mega corporazioni, mentre persone ciberneticamente potenziate combattevano per le strade gli agenti delle malvagie multinazionali. Nonostante la molteplicità di giochi da tavolo derivati dalla creazione di Pondsmith però, Cyberpunk 2020 sparì lentamente dalla circolazione, e nemmeno la sua ultima incarnazione, Cyberpunk V3 del 2008, è riuscita a riesumare la gloria originale di quel fantastico gioco di ruolo. Fino ad ora. Già, perché CD Projekt Red ha stupito fan e appassionati annunciando (ben quattro anni fa) di essere al lavoro con Mike Pondsmith in persona per portare ai videogiocatori Cyberpunk 2077, trasposizione videoludica alla massima potenza di quello che è stato un gioco di ruolo eccezionale. E chi meglio dei creatori di The Witcher 3 poteva permettersi di mettere le mani su di un brand così iconico?
A costo di sembrare di parte devo iniziare questa anteprima con le dovute premesse: questo gioco, per chi vi scrive, è stato il non-plus-ultra di questa fiera losangelina. Null’altro mi ha colpito, sconvolto e affascinato come la Night City di CD Projekt RED, che si è rivelata una sorpresa esplosiva dopo un trailer parecchio sottotono. Sono entrato nel booth di Cyberpunk 2077 con le aspettative ribassate, complice quel filmato mostrato durante la conferenza Microsoft, un video con troppi colori, tanta cultura pop e poca sostanza. Pensavo che il gioco avrebbe deluso il giocatore di Cyberpunk 2020 che è in me. Mi sbagliavo. Mi sbagliavo di grosso.
La demo, giocata dal vivo da uno sviluppatore seduto accanto a me, comincia come inizierebbero tutti i giochi di ruolo cartacei di questo mondo: con la creazione del personaggio. Il nostro (o la nostra) protagonista si chiama V, ed è un mercenario che vive ai bordi della società, un cyberpunk reietto che cerca di farsi strada attraverso gli sprawl sovrappopolati e le corporazioni senza scrupoli in una città dura, pericolosa, che non ha pietà per niente e nessuno. Per la prima volta in un gioco di CD Projekt RED potremo scegliere non solo il sesso del nostro personaggio ma anche il suo volto, il colore della sua pelle, i tatuaggi, gli innesti cibernetici e persino il suo passato. Quest’ultimo influenzerà il carattere ed il futuro di V, pertanto dovremo prestare parecchia attenzione in questi primi passi, perché incideranno definitivamente sullo sviluppo della nostra storia. Come in tutti i giochi di ruolo cartacei che si rispettino, dovremo assegnare dei punteggi alle caratteristiche (forza, destrezza, costituzione, intelligenza e così via) che a loro volta forniranno la base per lo sviluppo delle nostre abilità. Dopo aver esplorato il passato del nostro protagonista, CD Projekt RED ci ha mostrato quello che V potrà diventare: un Solo, ovvero un mercenario/assassino; un Techie, specializzato in meccanica e cyberinnesti; oppure un Netrunner, un incredibile hacker con impianti cerebrali in grado di penetrare persino i firewall delle mega corporazioni (o il cervello di qualche malcapitato).
Tuttavia i ragazzi polacchi hanno specificato che le classi non sono definitive, e nulla impedirà a V di acquisire skill e capacità dagli altri set up, in modo da creare l’esperienza Cyberpunk definitiva. Questi primi passi servono a farvi comprendere quanto sia ambizioso il progetto di CD Projekt RED, un titolo che vuole essere il futuro punto di riferimento per tutti i giochi di ruolo (per parecchi anni a venire). Finita la creazione del personaggio ci troviamo a Night City, un’immensa megalopoli che fonde le più grosse città della California: questo conglomerato di metropoli divide il ricco dal povero in maniera insensibile e brutale: i signori delle corporazioni siedono sui loro scranni nei grattacieli del quartiere altolocato di Westbrook, mentre tutti gli altri combattono per la sopravvivenza nelle sprawl del ghetto di Pacifica, come ratti che si dividono una carogna. In tutto questo caos c’è la nostra vita, stipata all’interno di un mega palazzo pieno di negozi, appartamenti, bar, nightclub e cantine della peggior specie (tutti esplorabili a detta del team di sviluppo).
Sin dalle prime battute si capisce che Cyberpunk 2077 è un gioco pensato per un pubblico adulto, con toni maturi e cupi a farla da padrone. La spensieratezza del primo trailer scompare schiacciata dalla violenza e della cattiveria di Night City, che non risparmia dolore a nessuno. Un esempio? Nella missione iniziale di salvataggio, V recupera una ragazza (figlia di qualcuno di importante) da uno sprawl malfamato. La giovane è in coma, e per chiamare il soccorso medico la nostra protagonista si connette neuralmente alla ragazza, le rimuove un virus dal cervello e permette al Trauma Team (una sorta di SWAT medica) di addebitare la parcella sulla carta di credito della donna per poter procedere all’intervento. L’arrivo dei dottori non è certo dei più felici: il Trauma Team è sostanzialmente una squadra di medici armati fino ai denti (ed addestrati ad uccidere) che arriva sul posto tramite un’ambulanza corazzata volante, e non si fa problemi a riempirvi di piombo per recuperare il suo prezioso paziente. Sta a noi decidere se collaborare o rischiare l’osso del collo con una risposta provocante.
A differenza di The Witcher 3, Cyberpunk 2077 avrà una visuale esclusivamente in prima persona, e i ragazzi polacchi hanno dichiarato di aver scelto questo modus operandi per immergere ancora di più il giocatore nel mondo di Cyberpunk 2077. Solamente le sessioni di guida, che potranno essere effettuate su diversi veicoli (anche su motociclette), avranno la possibilità di cambiare la telecamera spostandola sulla terza persona. La scelta degli sviluppatori può non essere condivisibile, e lo capisco bene. Ma nei cinquanta minuti di adrenalina e azione che ho visto devo ammettere di non averne sentito la mancanza. V interagisce, parla, e si muove in un mondo che sembra vivo e credibile. Ma sopratutto, la visuale in prima persona sembra quasi una scelta naturale, una volta vista la profondità di Cyberpunk 2077. Persino l’interno dell’automobile è estremamente godibile in prima persona, con allestimenti che stanno a metà fra Kitt di Supercar e la Delorean di Ritorno al Futuro. L’auto sfreccia per Night City ad alta velocità, con la musica elettronica in sottofondo mentre attraversiamo quartiere dopo quartiere i peggiori sprawl della città: la corsa in automobile ci ha mostrato l’immensità di Night City, gargantuesca megalopoli viva e pulsante. Gli sviluppatori ci hanno assicurato che ci saranno decine e decine di eventi casuali, come essere attaccati da un furgone pieno di disperati: la nostra mercenaria ha dovuto pensare a loro uscendo dal finestrino per sparare, mentre il suo partner teneva il volante. Inutile dirvi che il combattimento è stato fantastico e V sembrava una versione fantascientifica di John Wick.
La demo prosegue raggiungendo il covo del Dottor Victor, un sinistro ma affidabile Techie che vende e installa impianti cibernetici di ogni sorta, illegalmente. Per portare a termine un lavoro importantissimo conferitoci da un gangster locale, V si affida al Doc Victor per farsi impiantare un nuovo impianto ottico Kiroshi ed un potenziamento sulla carne viva della mano destra. Nonostante abbiamo la possibilità di scegliere da un menù i nostri componenti cibernetici, non è attraverso un menù che avviene l’impianto: no, assisteremo a tutto, dal cambio dell’occhio all’incisione del palmo della nostra mano. Dovremo persino assumere una droga (due volte al giorno) per lenire i postumi dell’intervento. Dopodiché sarà possibile approfittare dei nostri nuovi potenziamenti: avremo un occhio in grado di zoomare e scansionare i nemici, dandoci le infinite possibilità di una vista potenziata.
Le scelte sono nuovamente il fulcro dell’esperienza che Cyberpunk 2077 offrirà ai giocatori: le nostre parole andranno selezionate con attenzione (o magari no, con tutte le conseguenze del caso), per plasmare una storia che sembra addirittura più vasta e tentacolare di quella di The Witcher 3. Accetteremo l’incarico del gangster o ci fideremo della executive corporativa senza scrupoli? Acquisteremo merce di contrabbando o la ruberemo facendoci strada a pistole spianate? O nulla di tutto questo per decidere invece agire attraverso un’interfaccia, sia meccanica che umana, per scoprire tutto quello che ci serve sapere. Davvero, chi vi scrive ha serie difficoltà nello spiegarvi quello che Cyberpunk 2077 ha in serbo per voi, e vorrei poter essere ancora più chiaro: questo gioco ha le potenzialità per essere qualcosa di mai visto prima, totalmente inaspettato e forte come un pugno nello stomaco. La DEMO prosegue con l’accordo di V con Meredith Stout, una dirigente della Militech (una multinazionale delle armi) che decide di approfittare delle nostre competenze per portare avanti la sua agenda e la sua scalata verso la vetta della sua corporazione. Da lì alla fine della dimostrazione succede davvero di tutto: un negoziato andato a male, un combattimento serrato e un tradimento. Il gunplay ci ha sorpreso, apparendo divertente e nello stesso tempo realistico (per quanto possano essere reali delle armi inesistenti). In particolare l’utilizzo di alcune armi da fuoco futuristiche, come un mitragliatore con i colpi a ricerca, ci ha lasciato particolarmente senza parole: V corre sui muri, scansiona un esoscheletro nemico con il suo nuovo occhio Kiroshi, ne trova il punto debole e, mentre il suo partner Jackie crea un diversivo, spara da una posizione sicura grazie ai colpi a ricerca e abbatte il nemico. Il tutto mentre pilastri di cemento si sgretolano sotto il piombo delle armi, le finestre si rompono e i due interagiscono come un vero team di mercenari esperto. Ci siamo anche connessi tramite impianto neurale a una sorta di droide-ragno che della MiliTech, un attrezzo che vale parecchi crediti e che dovevamo recuperare per il nostro primo, grosso lavoro.
Nonostante la mia incontenibile gioia post-DEMO, devo ammettere di avere anche qualche dubbio che sarà difficile da dissipare: un gioco di questa portata necessita di tanto, ma tanto lavoro. La mancanza di una qualsivoglia finestra di uscita ci fa pensare che Cyberpunk 2077 non vedrà la luce prima del 2020, anno in cui è ambientata la prima edizione del gioco cartaceo. Non vi allarmate, la nostra è una previsione realistica basata su quanto abbiamo avuto modo di vedere insieme ai ragazzi di CD Projekt RED: Cyberpunk 2077 è immenso, profondo e ambizioso. Servirà tutta l’esperienza e la manodopera possibile per portare questo gioco sui nostri scaffali in un tempo ragionevole. Chi vi scrive pensa che sia meglio che i ragazzi polacchi si prendano il loro tempo e confezionino questo sogno al neon come si deve, piuttosto che rilasciare una release frettolosa. Lo stato di alcuni NPC un po’ legnosi e qualche compenetrazione poligonale di troppo negli abiti ci fa capire che la strada per la perfezione è ancora da percorrere, ma CD Projekt RED è già a un buon punto.
Cyberpunk 2077 non è un gioco presentato all’E3, è IL gioco presentato all’E3. Qualcosa di nuovo in un genere che ha sentito troppe volte la parola/promessa “open-world” spesso disattesa. Quello di CD Projekt RED e Mike Pondsmith è un vero e proprio sogno fatto di neon e musica synthwave. Non potrei essere più diretto di così: se le premesse sono queste, di questo gioco vi innamorerete perdutamente. Le sue ambientazioni, le sue musiche e la sua profondità sono un cocktail assassino che vi stenderà al primo colpo. Non vediamo l’ora di rivederlo alla gamescom, anche solo per prendere un’altra dose di questa droga sintetica estremamente potente in grado di allargarci le pupille e scolpire nelle nostre retine l’immagine di un futuro sì in rovina ma allo stesso tempo estremamente affascinante e seducente.