Il confronto di un determinato gioco con Dark Souls, o più in generale con il sottogenere dei soulslike che ha concorso a creare, è un cliché ormai consunto che farà alzare gli occhi al cielo a chiunque – indipendentemente dalla misura in cui tale confronto è giustificato, specialmente per i giochi indie. Da Hyper Light Drifter a Dead Cells, da Salt and Sanctuary a Blasphemous, sembra ci sia un nuovo gioco ogni anno che a modo proprio e in una certa misura chiama questo confronto.
Dopo le imprese del Penitente nel già citato Blasphemous, il 2019 si avvia alla conclusione con Dark Devotion, un cupo ibrido metroidvania-roguelike che cerca di emulare la trilogia di Miyazaki in modo molto più sentito dei suoi predecessori. Ciò lo porta naturalmente a essere frustrante ma se avete familiarità con i soulslike, anche divertente. Basta sapere come prenderlo.
Dark Devotion è ambientato in un tempio lovecraftiano pieno di minacce e segreti che metteranno alla prova la vostra sopravvivenza: a volte otterrete il favore degli dèi in questo mondo, altre no e verrete al contrario maledetti (dopotutto sono entità capricciose). Solo la forza della vostra fede vi aiuterà a proseguire permettendovi di ottenere benedizioni, assoluzione dai peccati e a volte persino di aprire le porte, tuttavia non è una risorsa che va sperperata.
Perché la fede è tanto importante da essere diventata il fulcro della nostra sopravvivenza? Semplice, perché la protagonista è un cavaliere templare, una giovane donna che si ritrova alle porte dell’Ancient Dungeon che aspetta solo di inghiottirla con i suoi orrori. I Templari, nel mondo di Dark Devotion, sono rappresentati come una società brutale e metodica, che rapisce i bambini dai loro genitori per istruirli nell’arte del combattimento così che adempiano ai loro doveri verso Dio. Tutti i Templari, presto o tardi, sono chiamati presso l’Ancient Dungeon per motivi che non vengono chiarificati: almeno finché non avrete mosso il primo passo all’interno di questo labirinto, solo allora viene chiarita la portata dell’immoralità di quest’ordine. Qui inizia Dark Devotion.
Nel vero stile soulslike, non c’è una trama lineare da seguire passo passo una volta superati i cancelli: i personaggi parleranno vagamente delle motivazioni che li hanno spinti fino a lì e altrettanto raramente, seppur con discrezione, vi riveleranno i loro obiettivi ma non c’è una vera forza trainante che spinga il giocatore ad andare più a fondo nel dungeon: ci sono quattro livelli, ognuno costruito attorno a un tema ambientale specifico che determina stanze e mostri nascosti al suo interno. Troverete note scarabocchiate e persino dei Templari sopravvissuti, alcuni dei quali vi daranno qualche suggerimento su dove poter trovare pulsanti o falsi muri per svelare piccoli segreti; altri invece avranno un ruolo più rilevante nel dipingere l’Ancient Dungeon e le motivazioni dietro la sua esistenza. Infine, altri ancora saranno elementi di contesto chiave per la dozzina circa di boss che incontrerete e affronterete lungo il cammino.
Spade, scudi, asce, archi e incantesimi sono tutte armi che brandirete per distruggere i nemici che incontrerete, dai mob di livello basso ai nemici più potenti. A volte, il successo dipenderà dalla vostra pazienza nel conoscere il nemico e gestire la vostra resistenza per evitare attacchi mortali. Esistono sistemi per migliorare le difese del tuo personaggio, come ad esempio tavolette antiche in grado di offrire con potenziamenti permanenti alla resistenza, armature per aumentare i punti ferita e abilità che possono cambiare le carte in tavola in modi molto interessanti, ma ricordate che chiunque può essere una minaccia se non vi avvicinate con la giusta cautela.
Dark Devotion cerca di emulare la trilogia di Miyazaki molto più dei suoi predecessori
Soprattutto, attenzione a ciò che raccogliete perché esistono anche armi maledette che in cambio del loro potere vorranno qualcosa da voi. Vero, nulla che non abbiate già visto se siete giocatori di Dark Souls ma è sempre bene tenerlo a mente. Le due meccaniche rimanenti sono Fede ed esperienza: la prima, lo abbiamo già accennato, funziona da salvavita in diverse occasioni. Rappresenta essenzialmente un indicatore per il mana ma sappiamo che il suo scopo non è solo permettervi di lanciare magie. Nel corso dell’esplorazione potrete incontrare statue all’interno delle quali è possibile depositare un po’ di fede in modo da aprire determinate porte, essere benedetti o rimuovere maledizioni e stati negativi: è un interessante dilemma, quello che pone, tra il suo utilizzo a scopi offensivi e difensivi oppure la volontà di conservarla in attesa di un’occasione migliore o semplicemente per precauzione. Non si sa mai quando possa comparire una statua benedetta, giusto?
L’esperienza, com’è logico, si ottiene sconfiggendo nemici ed è una delle deviazioni che Dark Devotion prende rispetto a Dark Souls, avvicinandolo più al concetto di GdR classico: l’esperienza guadagnata, infatti, non scompare alla morte del personaggio e questo permette al giocatore di scambiarla per qualche utile buff se dovesse trovarsi in difficoltà con un boss. Le abilità guadagnate in questo modo sono divise in una sorta di albero a più livelli ma alcune sono ovviamente più utili di altre, come un danno intrinseco puro o un potenziamento del critico rispetto a quello una tantum per il vostro livello di armatura. Nel complesso, questo si traduce in un livello sorprendentemente alto di versatilità quando si tratta di trovare la vostra arma preferita e assicurarvi che gli altri equipaggiamenti e abilità si sinergizzino bene con essa.
Sono due i modi in cui Dark Devotion si allontana un po’ dal tipico stile metroidvania e il primo risale, senza alcuna sorpresa, alla sua ispirazione soulslike. Nonostante il punto di vista 2D, il templare non è in grado di saltare, dunque non ci sono elementi di platforming di alcun tipo. Ci sono alcune occasioni in cui dovete attraversare piattaforme in movimento o persino affrontare raffiche di vento, ma al di fuori di questi casi ogni discesa è una strada a senso unico e non potete risalire una volta scesi a livello inferiore.
Un design esacerbato dal fatto che Dark Devotion pesca anche dal mazzo roguelite per il proprio sviluppo: in particolare, mentre la mappa potrebbe fare le veci di una qualunque in un qualsiasi gioco metroidvania, ogni porta che collega le varie stanze è a senso unico e si bloccherà dietro di voi una volta entrati. Pertanto, per esplorare altri percorsi al fine di saccheggiare aree diverse, trovare nuovi equipaggiamenti o tavolette che aumentano le statistiche, ma persino per combattere diversi boss, dovrete ripartire dall’inizio, anche se ci sono alcuni checkpoint pensati per levigare questa asperità. Va da sé che questo limite risulta frustrante mano a mano che si procede nel dungeon, perché basta un piccolo errore come cadere da una piattaforma o attraversare la porta sbagliata al momento sbagliato per vedersi costretti a ricaricare – soprattutto, non aiuta il non avere idea di quale porta condurrà dove.
Un altro aspetto frustrante di Dark Devotion è la natura apparentemente semi-arbitraria delle benedizioni e delle maledizioni che vengono date al giocatore durante le lunghe spedizioni. Criteri minori come indossare lo stesso set di armature o non pregare presso una statua per un lungo periodo di tempo o persino leggere una nota particolarmente raccapricciante comporteranno debuff sul giocatore senza preavviso. Lo stesso vale per i vantaggi, che per quanto graditi spesso non si capisce a cosa siano dovuti. Questo tipo di design arbitrario si manifesta anche nell’equipaggiamento che si può fabbricare alla fucina all’inizio di ogni nuova run. La maggior parte dell’equipaggiamento in Dark Devotion deve essere acquisita lungo la strada scendendo per il dungeon, raccogliendo nuove armi in base ai nemici che si sconfiggono. Tuttavia, alcuni di questi possono essere fabbricati una volta raccolti e “appresi”, senza che vi sia una chiara indicazione di quali si comportino così – costringendo il giocatore a raccogliere ogni arma lungo la strada e sperare di sbloccare nuovi set nella fucina per caso.
Dark Devotion è un gioco incredibilmente ispirato che prende in prestito alcuni fra i migliori aspetti dei giganti a cui guarda, tuttavia l’eccessivo numero di idee tutte assieme mina l’esperienza rendendola goffa e confusionaria. La natura a senso unico dell’esplorazione, per esempio, mina la stessa e va contro le basi del metroidvania che, comunque, Dark Devotion vorrebbe essere. L’eccessiva quantità di benefici, seppur spesso casuali, che il giocatore può ottenere vanno inoltre a banalizzare il combattimento nel suo complesso e le boss fight nello specifico, che altrimenti risulterebbero memorabili. Gli ambienti desolati e la narrativa poco chiara sono ben fatte (pur non essendo quest’ultima molto stimolante) ma molti degli elementi roguelike e metroidvania sono in contrasto tra loro troppo spesso. Dark Devotion funziona, questo sì: se però pensava di distinguersi, non ci è riuscito. |
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