Prima di non vedere di buon occhio queste primissime novità (è stata solo scalfita la superficie), vi basti sapere che il parco nemici ci è parso già variegato e incattivito a dovere, tra cultisti apparentemente innocui pronti a trasformarsi in creature inconcepibili da una mente umana (con tentacoli irregolari e disgustosamente pelosi), cagnacci scheletrici ed ogni sorta di entità immonda, ignominie che non seguiranno più il discusso respawn del II, in quanto tra i concetti principali che Miyazaki ha voluto trasmettere, il fulcro del gameplay deve divenire in maniera ancor più esasperata e stimolante l’osservare con cura il comportamento dei nemici ed apprendere dai propri errori, un escamotage che spingerà ulteriormente la serie, unitamente all’aumento di velocità del gameplay, verso un inasprimento delle meccaniche, ma al contempo una maggiore accessibilità, un’evoluzione costante alla quale assistiamo sin da Demon’s Souls, del resto.
I cavalieri sono stati imbastarditi e non poco, ora ancor più coriacei e difficili da abbattere, soprattutto perché non mancheranno di attaccare il giocatore in coppia (mentre non sono mancati i gruppi da 5 di mob più comuni, ma non per questo più semplici da eliminare). La miglior strategia? Quando non sarà possibile separarli, se ne potrà stordirne uno e, durante il suo tempo di ripresa, massacrare l’altro.
Ma quando a qualche metro di distanza c’è una Dancer of the Frigid Valley, c’è davvero poco da esultare. Non si poteva chiudere in bellezza una dimostrazione a porte chiuse ed in anteprima senza un boss, l’ostacolo insormontabile che conclude ogni ciclo di labirinti, ogni machiavellico level design degno di tale nome che anche in questo caso ci è parso ispirato (principalmente nella struttura, visto il debito verso Demon’s e il primo Dark, artisticamente parlando), e che ci ha mostrato tetti ed ascensori e scorciatoie da memorizzare tra una delle tante morti e l’altra, con una scelta di checkpoint che, almeno nella porzione di gioco mostrata, ricorda più Bloodborne che DS2 (dove spesso il boss si trovava nei paraggi del falò).
La Dancer, dicevamo: una mostruosità munita di gobba e di lama infuocata, addobbata da un velo da sposa di fumo che la segue sinuosamente, come lei con i suoi passi felpati e letali segue il giocatore per sferrargli l’ennesimo attacco letale. E quando, durante il second mode, le lame diventano due, è davvero dura resistere ai suoi vortici e ai suoi rapidi colpi.
Una morte indotta ed ordinata da un cenno di Miyazaki-san pone fine al bagno di sangue, un tripudio di crudeltà severa e chirurgica che pur familiare e immersa in un demoniaco senso di déjà-vu, si insinua con prepotenza sul sentiero intrapreso non tanto dai soli Souls, quanto da From Software stessa, ormai 5 anni fa. Il gameplay più veloce e la “observation”, la parola chiave di Dark Souls III, rappresentano, su ammissione del suo creatore, la nuova filosofia della serie, e a testimoniarlo ci pensano le weapon arts, la fluidità dei movimenti, ma anche il ritorno ad elementi momentaneamente accantonati con Bloodborne (l’uso strategico dello scudo su tutti), e a quel dark-fantasy medievaleggiante e tremendamente desolante al quale i fan non riusciranno a resistere.
Della perdita di efficacia e buone intuizioni che un rilascio annuale (seppur suddiviso tra team differenti) rischia di portare con sé, così come di quel che ci aspetta in termini di multiplayer, level e stat system e quant’altro, ne parleremo in fase di anteprima più vicina all’uscita, o meglio ancora, di recensione, quando raggiungerà PS4, Xbox One (e PC) nei primi mesi del 2016 (la seconda metà di marzo, ormai classica, pare la finestra di lancio più probabile).
Della fiducia riposta in Miyazaki, del potere delle sue incomprensibili parole (in giapponese, ma tradotte in inglese, tranquilli), se ne può parlare anche ora: di errori ne ha commessi benpochi, e per quanto si sia solo sfiorata la punta dell’iceberg, il ritrovarsi tra le mani l’ennesimo sontuoso concentrato di crudeltà e profonda soddisfazione rimane l’ipotesi più accreditata.
Sia lodato il sole, un sole più decadente che mai.
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