12 Apr 2016

Dark Souls 3 – Recensione

Ci sono momenti nella nostra vita in cui riusciamo ad assimilare stimoli esterni al massimo delle nostre possibilità, lasciamo che storie, personaggi e mondi abbattano la loro dimensione fantastica per diventare parte di noi, influenzare ciò che siamo e che diventeremo. Dark Souls è una di quelle esperienze: al pari del cinema e della letteratura, il medium dei videogiochi è riuscito a farsi strada dentro la mia testa, influenzando per sempre la mia percezione di una storia e del potere evocativo della parola. Miyazaki-san, il geniale creatore della serie lo sa bene dopotutto, perché come ha spesso dichiarato la sua epifania l’ha avuta con ICO, altro capolavoro videoludico e altro esempio di come si può raccontare una storia anche col silenzio, con un castello vuoto e con le mani strette di due bambini in fuga. Dark Souls 3 è figlio di un nuovo modo di concepire i videogiochi, con un genere a sé spesso definito “soulslike” e che nonostante gli anni e la formula più o meno immutata continua ad appassionare ed a stregare milioni di giocatori in tutto il mondo.

Arrivati a questo punto le promesse a cui tenere fede sono tante, forse troppe: da un lato abbiamo Dark Souls, il primo, vero e proprio punto di svolta e caposaldo delle esperienze From Software; dall’altro abbiamo Bloodborne, che dalla sua ha un nuovo modo di concepire il combat system tipico della serie Souls ed una narrazione che attinge a piene mani dal pozzo nero pece di Lovecraft, un terrore viscerale e criptico che ha stregato e inquietato i possessori di PS4 lo scorso anno. Dark Souls 3 ha l’arduo compito di settare un nuovo standard per la serie, compito purtroppo fallito dal predecessore Dark Souls 2, e dimostrare quindi che la fiamma è tutt’altro che flebile, ma brucia e scalda come la prima volta che l’accendemmo nel Santuario del Legame del Fuoco.
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Oggi come allora, tutto ha inizio così: da un falò, oggetti semplici ma che nascondono al loro interno il più grande dei segreti, il compito universale di tenere accesa la prima fiamma, per evitare che il mondo sprofondi nel buio e che la grande Era del Fuoco giunga alla sua conclusione. Oggi come allora la nostra avventura avrà inizio proprio in quello stesso santuario (più o meno), l’Altare del Vincolo, dove risiedono i cinque troni dei Lord dei Tizzoni, esseri che in passato hanno vincolato la fiamma e che ora devono dare conto delle proprie azioni, per evitare quella che sembra essere a tutti gli effetti la fine del mondo, di un ciclo iniziato nell’ormai remota Lordran. Come da tradizione il giocatore avrà un ruolo cruciale nelle vicende, ed è per questo che il “Fiamma sopita” dovrà essere accuratamente creato sia nell’aspetto fisico che per quanto riguarda la classe, l’oggetto di accompagnamento ecc.

La prima differenza sostanziale rispetto al passato, quantomeno quello recente, è la totale assenza di parametri nascosti (con una particolare eccezione) e, in un certo senso, di vere e proprie truffe ideate dagli sviluppatori per demolire il giocatore più fragile, poco attento ai dettagli che le descrizioni ed il mondo di gioco fornisce. Dark Souls 3 non è facile, ma è sicuramente più accessibile: il primo passo in questo senso è stato proprio quello di fornire una lettura più chiara ed efficace del proprio personaggio, con il totale abbandono ad esempio della discussa “adattabilità”, introdotta nel secondo capitolo con il benevolo intento di rendere più tecnici gli scontri PvP (giocatore contro giocatore). Peccato però che a conti fatti quella statistica dava non poco filo da torcere anche ai giocatori non interessati al multiplayer, andando a cambiare i frame di invincibilità e le conseguenti strategie di combattimento apprese nei precedenti Souls. Niente paura quindi, è ritornato il tempo in cui una rotolata ben piazzata vi permetterà di salvare la pelle del vostro personaggio.

L’approccio più leggibile, dalle statistiche all’hub di gioco, e una serie di meccaniche mutuate dal secondo capitolo permettono a tutti, ma proprio a tutti, di avvicinarsi al titolo con un minimo di incoraggiamento in più

Ma se si parla di accessibilità, quanto è cambiato rispetto al passato il rapporto con i novizi, chi per la prima volta decide di approcciarsi al genere? Moltissimo, e in tal senso la lezione Bloodborne ha sicuramente aiutato. Pur poggiando su basi differenti, l’approccio più leggibile, dalle statistiche all’hub di gioco, e una serie di meccaniche mutuate dal secondo capitolo permettono a tutti, ma proprio a tutti, di avvicinarsi al titolo con un minimo di incoraggiamento in più. Resta infatti possibile spostarsi di falò in falò dall’inizio dell’avventura, e la rigenerazione dei nemici ogniqualvolta ci si riposa ad un falò permette, pur con meno facilità rispetto al passato, di racimolare anime per salire di livello.

Perché in fondo Dark Souls è questo: racimolare anime, salire di livello, migliorare il proprio equipaggiamento, esplorare le aree di gioco e battere i temibili Boss al loro culmine. Un riassunto che non rende propriamente giustizia all’esperienza di gioco, ma è utile ai meno avvezzi a comprendere il quadro generale, addomesticarlo e farlo proprio. Il senso di progressione di questo terzo capitolo è infatti il migliore mai visto, fa muovere il giocatore organicamente attraverso le sue aree e lo mette in condizione di avere un quadro generale chiaro (non proprio, il gioco è sempre contraddistinto da quell’aria di irrisolutezza e mistero) che ben restituisce i progressi ottenuti.

L’Altare del Vincolo è bello soprattutto per questo, perché al pari di Majula e del Nexus racchiude in un unico spazio tutti gli NPC utili al proseguimento della nostra avventura: il fabbro, la venditrice ed alcuni individui interessanti allo sviluppo di quest secondarie legate ai patti, stavolta letteralmente equipaggiabili e di più facile gestione. Cambia anche la gestione del falò, potenziabile attraverso un oggetto specifico, e delle fiaschette Estus. Sì, stavolta sono due, e si ricollegano di prepotenza all’altra grande novità del gioco: i PA (punti abilità) o per gli amici “mana”. Se prima gli incantesimi, le piromanzie e via dicendo funzionavano a consumo, in Dark Souls 3 tutto viene gestito attraverso i PA, una barra blu sotto la nostra salute che andrà ricaricata attraverso le fiaschette Estus cineree, che affiancano quelle classiche che fanno recuperare punti vita. Tra l’altro è possibile gestire la propria riserva di Estus in modo del tutto libero, con la possibilità di portare più fiaschette cineree rispetto a quelle normali a seconda del nostro stile di gioco. Se non è accessibilità questa!

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Tutte le opzioni magiche vanno quindi gestite in questo modo e non solo, perché seguendo le orme di Bloodborne anche Dark Souls 3 ha un sistema di combattimento rinnovato. La serie ha sempre avuto una certa pesantezza nel modo in cui permetteva di approcciarsi agli scontri: la possibilità di gestire attraverso i dorsali rispettivamente mano destra e sinistra, con la possibilità di equipaggiare armi e scudi e farsi strada tra i nemici in modo strategico e oculato. Questo approccio è rimasto sostanzialmente intatto, e la sensazione di avere pieno controllo del proprio personaggio è sempre presente, tra fendenti e schivate che danno vita ad una giostra coreografica e appagante come poche altre esperienze videoludiche in circolazione.

A cambiare le carte in tavola intervengono quindi le pose, “weapon arts” in inglese, che possono essere attivate impugnando l’arma a due mani ed hanno svariati effetti: dal più semplice miglioramento delle statistiche al vero e proprio cambiamento di moveset, con nuovi set di movimenti offensivi che permettono di approcciarsi ai nemici in modo diverso a seconda delle esigenze. Strategia e controllo, anche Dark Souls 3 tiene i piedi ben saldi a terra e porta a casa un risultato piuttosto notevole, velocizzando in parte gli scontri (no, non siamo affatto dalle parti di Bloodborne) pur non rinunciando alla regale danza di spade e scudi che è sempre stata prerogativa dei Souls.

Fendenti e schivate che danno vita ad una giostra coreografica e appagante come poche altre esperienze videoludiche in circolazione

Nella nostra ricerca dei Signori dei Tizzoni abbiamo percorso Lothric e dintorni in circa 40 e più ore di gioco, esplorandone ogni anfratto e superando anche i boss e le aree opzionali (alcune davvero ben nascoste).

In questo senso Dark Souls 3 è, come spesso dichiarato da From Software stessa, più piccolo dei suoi predecessori. Per molti sarà un limite, e la sensazione di “volerne di più” è sempre dietro l’angolo, soprattutto se si cade nel turbine di terrore ed emozioni che un’opera simile riesce a darvi, ma oggi più che mai ci siamo resi conto dell’importanza del detto “less is more”.

Questo terzo capitolo rappresenta infatti una chiusura, un ciclo che raggiunge il suo culmine e, nel farlo, pesca a piene mani dal passato remoto e non della serie From Software. Non è un remake, ma una visione chiara e nuova che prende il passato e lo reinventa, riuscendo a stupire ed impressionare il giocatore come mai prima d’ora. Il level design è assolutamente incredibile, con una cura maniacale al dettaglio ed una densità di segreti, oggetti e nemici che mai avevamo provato in una forma così intensa.

Alcune (non tutte) aree sono grandi, terrificanti labirinti che nascondono insidie e soddisfazione dietro ogni angolo, con la consapevolezza di avere intorno a noi un mondo realistico e dagli spazi ben definiti. Una sensazione di controllo che pochi altri videogiochi riescono a trasmettere. Magnifico in questo senso il lavoro svolto nella realizzazione del world design, con le aree realisticamente collegate tra loro che, pur non raggiungendo la magnificenza del primo capitolo, restituiscono incredibili emozioni quando si riesce vedere in lontananza un punto superato in precedenza o l’esatta collocazione spaziale di un’ambientazione rispetto ad un’altra.

Una bellezza che denota ancora una volta il genio e l’esperienza maturata da Miyazaki-san e da From Software, che si è impegnata particolarmente su un aspetto che viene spesso dato per scontato ma di estrema importanza:le boss-fight. Titanici ed epici scontri, spesso contro ogni legge della natura che ci hanno stupito e terrorizzato negli anni e che, come mai prima d’ora, rimarranno impressi nella memoria. Sia da un punto di vista artistico che di design, gli scontri rappresentano alcune delle migliori sfide che ho mai affrontato nella mia carriera di videogiocatore. Alcune di queste hanno una potenza emozionale, visiva e ludica tale da far impallidire anche il giocatore più esigente e scettico. Dark Souls 3 è la quintessenza dell’esperienza Souls vissuta in questi anni e la si vive in ogni singola creatura, boss, ambientazione e personaggio secondario.

Dark Souls 3 è un vero e proprio capolavoro, ma di quelli veri, che restano impressi nella memoria e nella storia per gli anni a venire

Il motore grafico, figlio di Bloodborne, dà vita ad un mondo curato nei minimi dettagli, dai particellari alle animazioni e a tutto ciò che fa da sfondo alle avventure del nostro “unkindled”, raggiungendo risultati tecnologici sicuramente interessanti anche in prospettive future. Nonostante alcune incertezze su console ed un frame rate non proprio ancorato ai 30 fotogrammi al secondo, la patch 1.03 (già disponibile al day-one) migliora notevolmente la situazione, mettendoci di fronte ad un dilemma tanto chiaro quanto devastante: si può affermare che Dark Souls 3 sia il migliore della serie, e che non abbia difetti sostanziali? Sì, ed è difficile da credere attraverso le parole di un’altra persona, ma il terzo capitolo della serie From Software è un capolavoro senza se e senza ma.

L’unico vero difetto è forse imputabile all’estremo citazionismo dell’esperienza, che permette sì ai novizi di approcciarsi per la prima volta alla serie, ma vede nel suo mondo e nella lore una potenza che senza un minimo di conoscenza pregressa risulta difficilmente digeribile (avete visto a proposito i nostri speciali sulla lore? ndr). Più che un difetto è forse un limite, ma a nostro avviso è anche insito nella natura stessa del titolo, che vede in quel “3” un significato ben preciso e non una numerazione fine a se stessa.

Conclusioni

Se la fiamma dei Souls dovesse spegnersi ora, la tristezza sarebbe accompagnata dalla assoluta certezza (non con un pizzico di arroganza) che questa è la magnum opus di From Software, un perfetto equilibrio tra passato e presente e tra i mondi che per primi hanno acceso in me (e in tutti i fan) la passione per questo genere di esperienze. Dark Souls 3 è difficile, a tratti anche più del passato, ma è accessibile come mai prima d’ora e permette proprio a tutti, novizi ed esperti, di mettersi alla prova nelle misteriose lande di Lothric e dintorni. Le novità ad un’occhiata superficiale appaiono irrilevanti o fondamentalmente fini a se stesse, ma con un’attenta analisi rivelano l’incredibile equilibrio che questo terzo capitolo è riuscito a raggiungere: tra difficoltà e accessibilità, tra l’importanza della vastità di un mondo ai suoi contenuti e al suo level design, che è tornato a impressionare come solo From Software è in grado di fare.

I difetti ci sono, ma definirli tali sarebbe un errore imperdonabile. Il multiplayer in primis  è praticamente uguale al passato, con gli evidenti miglioramenti legati alla coop ed alla possibilità di cambiare patti, le covenant, in modo più semplice. In seconda battuta un citazionismo a tratti invadente, ma secondo me assolutamente necessario per offrire un’esperienza all’altezza delle aspettative. Il resto, dopotutto, è un trionfo: dalla sublime colonna sonora al motore di gioco, passando per i boss, per la lore per il mondo di gioco stesso, sempre così terrificante e lirico nella sua storia e nella sua presentazione. Se non si fosse ancora capito, Dark Souls 3 è un vero e proprio capolavoro, ma di quelli veri, che restano impressi nella memoria e nella storia per gli anni a venire. Un ciclo si è chiuso, ma la fiamma è tutt’altro che spenta: ora arde dentro di noi con una consapevolezza tutta nuova, in attesa di scoprire cosa riserva il futuro.