29 Nov 2018

Darksiders III – Recensione

Quella di Darksiders III è una storia che ha rischiato di divenire iconica, al pari di (furono) leggende del vaporware quali Duke Nukem Forever, Final Fantasy XV (ex-XIII Versus) e The Last Guardian: assieme a questi tre, arrivati sui nostri monitor con svariati anni di ritardo dai loro rispettivi annunci, ecco giungere dunque anche la terza, e penultima, iterazione del franchise post-apocalittico made in Vigil Games (o da ciò che ne rimane).

Mentre, dunque, Half Life 3 continua a farsi attendere, imperterrito, abbiamo ora la possibilità di mettere le mani su questa ex-chimera, prima annunciata, poi cancellata, poi data per dispersa ed infine, dopo peregrinazioni in vari limbo, fallimenti e passaggi di proprietà di varie software house, giunta a noi nella sua forma definitiva.

Definitiva ma, come successo nel caso dei sopraccitati antesignani vaporware, ben lungi dalla perfezione: evidentemente la lunga gestazione e le mille peripezie passate si sono riverberate sulla salute di Furia, giunta a noi in evidente stato semi-confusionale e con qualche problema di troppo.

Ma, come si suol dire in questi casi, procediamo per ordine provando a liberarci da questi dubbi ancestrali e a giudicare in modo quanto più neutro questo terzo capitolo del franchise di Darksiders.

Le perplessità nei confronti di Darksiders III però, per quel che mi riguarda, erano iniziate ben prima di mettere le mani sul codice definitivo PC concessoci per permetterci di recensire l’ultima fatica dei ragazzi di Gunfire Games. La software house, nata dalle ceneri di Vigil Games in seguito alla acquisizione da parte di THQ Nordic, ha visto la stessa, però, orfana del genio creativo di Joe Madureira, responsabile del comparto artistico dei due precedenti capitoli, e di parecchi membri di spicco del talentuoso studio texano: in tutto ciò, le frammentarie notizie trapelate da sei anni a questa parte, centellinate e sempre fumose, hanno contribuito a creare un alone di mistero sul futuro del brand, alone dissipato dall’uscita di questo terzo capitolo che va, di fatto, a dare seguito alle avventure di Morte e Guerra.

Mentre Guerra era stato inviato per scoprire le ragioni dell’apocalisse anticipata e Morte incaricato di difendere l’onore del fratello, ingiustamente accusato di essere il mandante del caos scatenatosi sulla Terra, ci troviamo a fare la conoscenza di Furia, convocata per imprigionare i sette peccati capitali, liberatisi in seguito alla Apocalisse anticipata, chiedendo di essere messa a capo, in cambio di questo servigio, dei cavalieri dell’Apocalisse: una trama palesemente meno ispirata rispetto alle precedenti due e che, nonostante alcuni spunti di rilievo nella progressione del playthrough, pare forzatamente ispirata a quella dei precedenti, non riuscendo però a lasciare, alla stessa maniera, il segno.

L’ottimizzazione presta il fianco a più di qualche critica

I ragazzi di Gunfire Games provano, dunque, ad innovare nel segno della tradizione: memori delle critiche ricevute dal secondo episodio della saga, provano a correggere il tiro riproponendo le dinamiche di gameplay che fecero la fortuna del primo episodio, rinunciando dunque ad una preponderanza di combattimenti furiosi per tornare ad una struttura mista fatta da scontri ed enigmi/interazioni ambientali che vede però, in una revisione completa di ambedue le dinamiche, tanto il punto forte di Darksiders III, quanto la sua principale vulnerabilità. Gli otto anni intercorsi dalla pubblicazione del primo capitolo della saga han fatto sì che i ragazzi di Gunfire Games recepissero, più o meno ammiccanti alle tendenze di mercato, il successo dell’esperienza di gameplay forgiata dalla saga di Dark Souls, tranendone forte e lampante ispirazione ed implementando dinamiche tipiche della saga From Software all’interno di Darksiders III. Tanto il design dei livelli, passato da un open world immenso e senza confini ad una serie di mini livelli interconnessi da un hub interno accessibile dai vari checkpoint, quanto la propensione del combat system a premiare la corretta temporizzazione della schivata in relazione agli attacchi fatti dai nemici, atta a consentire l’accesso ad una serie di combo devastanti tanto in spettacolarità quanto in efficienza, sono emblematici di un fisiologico e furbo “adattamento” a dinamiche di gameplay esterne alla saga di origine:  e mentre ciò, di per sé, non sarebbe un male, è la qualità di questa implementazione che lascia l’amaro in bocca.

Trovandoci al cospetto di una saga che ha fatto della qualità del combat system il suo principale appeal, risulta alquanto frustrante osservare tanto una approssimazione nella realizzazione grafica, quanto una totale ingestibilità della telecamera: Furia infatti sembra “scivolare” sul mondo di gioco, visivamente sollevata di qualche millimetro dal terreno, mondo di gioco che, più di qualche volta, scompare per via di mancanze di texture, pavimenti invisibili, mura e rocce detexturizzati, lasciandoci brancolare nell’inazione più totale: nulla che un re-load checkpoint non possa correggere, sia chiaro, ma resta il disagio, nonostante la day-one patch, di una ottimizzazione che presta il fianco a più di qualche critica.

Il combat system, da sempre fiore all’occhiello della saga, si presenta rinnovato e gradevolmente derivazionista da quelli visti in Dark Souls/Bloodborne, seppure con qualche endemica variazione sul tema. Fulcro dell’intero cs, come specificato poco sopra, è la schivata: una corretta temporizzazione della stessa, permetterà infatti a Furia di scatenare tutto il suo potenziale, permettendole di innescare combo altrimenti non accessibili e permettendole di riempire una barra di azione che, una volta completa, consentirà l’accesso alla forma Ombra, capace di rendere Furia letale e pressoché invincibile. La cadenza dei combattimenti è diminuita sensibilmente rispetto ai due precedenti episodi della saga, lasciando il passo a scontri con nemici secondari, puzzle ambientali e impegnative boss battle che, pur scimmiottando le medesime iterazioni del primo episodio, non riescono ad ottenere quell’appeal “old-school” che tanto mi aveva affascinato nel corso delle avventure di Guerra.

A peggiorare un quadro di insieme non del tutto roseo contribuisce, inoltre, una gestione criminale della telecamera, capace di balzare da parte a parte senza alcun preavviso, facendoci perdere secondi preziosi e, ovviamente, interrompendo concatenazioni di combo ed esponendoci, così, a colpi che potrebbero essere letali, soprattutto a livelli di difficoltà più elevati. Ad ingigantire questo palese bug, l’impossibilità di effettuare un lock sul bersaglio, per aumentare la difficoltà del combattimento, in puro stile soulslike, ottenendo, come risultato, sempre più perentori game over (e conseguenti crisi di nervi/voglia di fiondare il pad fuori dalla finestra). Il combat system rimane comunque di gradevole fruizione ed è un peccato che, per fretta di consegnare il prodotto o approssimazione, non siano stati implementati degli accorgimenti di sorta o dei fix atti a prevenire questi evitabilissimi problemi di ottimizzazione.

La gestione  della telecamera è ai limiti del criminale

Paradossalmente, però, i problemi principali di Darksiders III, o almeno della build PC messami a disposizione per la recensione, riguardano il comparto tecnico-grafico. Esteticamente il gioco risulta gradevole, pur mancando tanto in level quanto in character design del guizzo creativo originale tipico delle due precedenti iterazioni, il cui comparto artistico, griffato Joe Madureira, raggiungeva picchi di eccellenza: se i primi livelli, quelli ambientati nelle lande superiori della Terra, risultano ispirati ed accettabili, mano a mano che si scende verticalmente nei meandri del pianeta, il tutto diviene più anonimo e routinario, ripetuto all’infinito a mo’ di riempimento di spazi vuoti mediante corridoi tutti realizzati dalla stessa mano. Solo le mutazioni di Furia, a seconda degli elementi che andrà via via a governare, daranno un briciolo di varietà alla grafica ma, ribadisco, i ragazzi di Gunfire Games si sono limitati a svolgere il compitino per portare a casa la sufficienza.

Tecnicamente, invece, Darksiders III sembra volersi ispirare alla dantesca strofa “per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolore”. Nel corso della mia prova ho visto, spesso e volentieri, cutscenes con sequenze interrotte, textures mancanti, interi pezzi di livello scomparire e, dulcis in fundo, crash di sistema che mi hanno obbligato a riprendere le mie peregrinazioni nel mondo post-apocalittico di Darksiders III dall’ultimo checkpoint, in barba a tutti i progressi fatti con fatica dallo stesso. La day-one patch sembra aver fixato i problemi grafici ma permangono, purtroppo, sporadici crash di sistema ad inficiare una esperienza di gioco già di suo non impeccabile.

Conclusioni

Darksiders III si presenta al grande pubblico dopo ben sei anni di attesa, tra probabili cancellazioni, cambi ai vertici degli studios di programmazione e, non ultimo, defezioni di caratura dagli stessi.

Come risultato, Darksiders III è l’ombra di ciò che sarebbe dovuto essere: un prodotto comunque gradevole ma ben lontano, per via di demeriti tecnici e di una approssimazione realizzativa inattesa per un prodotto di tale caratura, dal livello che sarebbe stato lecito attendersi.

Una trama al di sotto delle due precedenti ben si accompagna ad un comparto tecnico altalenante: tutto ciò va a vanificare un combat system e un gameplay comunque piacevoli, ma la cui fruibilità è inficiata da una telecamera ballerina, da qualche saltuario calo di frame rate e, purtroppo, da frequenti crash di sistema.

Darksiders III è un prodotto che, alla fine della fiera, divertirà comunque, anche al netto di tutti i suoi difetti ma di sicuro non è il seguito che ci aspettavamo, né quello che le avventure di Guerra e Morte meritavano.

I ragazzi di Gunfire Games avranno molto su cui lavorare per donarci un esplosivo finale di saga e porre rimedio, tanto all’apocalisse anticipata, quanto ai danni fatti con questo terzo capitolo.

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