Los Angeles – Nel mare magnum di esclusive e titoli presentati durante la fulmicotonica conferenza E3 di Sony, gli amanti delle amosfere zombesche avranno certamente preso nota di Days Gone, una nuova IP pregna di quell’atmosfera decadente che ha reso grande uno dei più imponenti capolavori della scuderia Sony (The Last of Us, che ha alzato l’asticella qualitativa a livelli stellari), e che pesca a piene mani da opere letterarie e non, su tutti quel The Road che, riga dopo riga, dipingeva un quadro dalle tonalità tra il grigio e il marrone, e lasciava spazio unicamente a note di colore rosse come il sangue.
Si tratta della prima nuova IP di Sony Bend, per alcuni solo la ruota di scorta che rese tattili le gesta di Nathan Drake (con Uncharted: Golden Abyss), per tanti altri, gli autori di una serie unica e inimitabile dell’era d’oro del gaming, quella della prima PlayStation: parliamo di Syphon Filter, tristemente lasciata a marcire in chissà quale polveroso cassetto. I rappresentanti del team nordamericano in quel del Convention Center, Eric Jensen e Ronald Allen, non hanno minimamente nascosto la forte emozione di poter tornare a produrre qualcosa di nuovo e ambizioso, sulla console del momento, e la cosa non può portare con sé una carica incredibile, un fuoco da alimentare a suon di idee, ma anche tanti rischi, dovuti un po’ al debutto, un po’ al trovarsi tra le mani un genere, quello open world, indomabile.
A complicare le cose ci pensano le intenzioni del team, ovvero quelle di raccontare una grande storia, densa di emozioni ed eventi, e di incastonarli in un vastissimo mondo, preso di peso da quello reale, quello che circonda gli studios, ovvero quell’America del Nord-Ovest, fatta di foreste, deserti, caverne labirintiche, tutto a disposizione di Deacon St. John, un ex-biker poco di buono, reinventatosi cacciatore di taglie in una post-apocalisse che, a due anni da una terribile epidemia, ha le strade (sterrate e non) piene di carne putrescente e affamata di altrettanta (ma ben più fresca) carne, e di “normali” in equilibrio precario tra la vita e la morte, pronti ad appigliarsi a qualsiasi cosa, e a ricorrere a qualsiasi mezzo, pur di sopravvivere un giorno in più.
E il protagonista, tra scazzottate e sparatorie e pomeriggi passati a riparare la sua rombante moto, di abilità di sopravvivenza ne ha sviluppate un casino: nel suo bolide potrà stipare tutti quegli oggetti ingombranti, impossibili da portare perennemente nel proprio equip, e trasportarli in uno dei baluardi di umanità sparsi nella mappa; grazie al crafting system avrà modo di personalizzare il suo armamentario, e renderlo più letale, o strategicamente più utile (come il silenziatore per pistola ottenuto da un pezzo di motore); non ha inoltre paura di sporcarsi le mani, e il suo istinto sopraffino gli permetterà di schivare prese morbose (in appositi quick time event), ma anche di sfruttare l’ambiente circostante, tra kill sanguinolente (sfruttando ad esempio una sega circolare) e diversivi estremamente efficaci, se messi in atto al momento giusto (come i molteplici modi per sfruttare i depositi di tronchi visti nel video gameplay di presentazione).
Nessuno però vi costringerà a seguire per filo e per segno l’approccio mostrato dagli sviluppatori: la demo proposta, e ce lo han ribadito durante la presentazione, è stata debitamente confezionata per l’occasione: il ritrovarsi su un silos con una sola pistola e circondati da centinaia di zombie, avrebbe portato dritti dritti verso la morte e il ritorno al checkpoint (abbiamo chiesto numi a riguardo, ottenendo come risposta un “Ne parleremo in seguito, ma sappiate che faremo di tutto per non rendere frustrante l’esperienza”), e a dirla proprio tutta, una semplice fuga a gambe levate ci avrebbe risparmiato tutta quella fatica (anche perché oggettivamente sembravano davvero un po’ troppi per un luogo apparentemente così isolato).
Nonostante tutto, anche lì ci sono tracce di vita: il compito di Deacon durante la missione presentata è infatti quello di cercare risorse e stanare una taglia, salvo poi trovare il suo obiettivo dilaniato da chissà cosa. Nella demo mostrata, basterà pochissimo per comprendere la natura di quel “chissà cosa”: i primi contatti con i Freakers, umani divorati da un terribile virus, presenti in varie forme. Ci saranno infatti varie tipologie di nemico, ma per ora ne sono stati mostrate solo due: una forma più piccola, veloce e sfuggente, pronta ad avvinghiarsi alla vittima e a non staccarsi più, e quella, presumibilmente, più comune.
Anche in questo caso, ne sapremo di più in futuro, ma per ora l’impressione è che per quanto sia impressionante il numero di nemici a schermo, pecchino sin troppo in varietà, e in una tipologia di esperienza così “estenuante” per sua natura, ogni dettaglio conta, e l’adottare soluzioni troppo simili non fa altro che saturare il giocatore e smorzarne l’entusiasmo. Manca però ancora molto all’uscita (non è nemmeno confermato il 2017 come finestra di lancio), e di cose sotto i ponti ne cambieranno. A non cambiare, lo speriamo, sarà invece il comparto tecnico, semplicemente pazzesco: foreste che si perdono a vista d’occhio, dettagli del protagonista e della compagine zombesca curati fino allo sfinimento, dalle vesti alla pelle martoriata e putrefatta, distruttibilità delle ambientazioni, anch’esse ricche di rifiniture (come le lamiere dei tetti della fattoria) decadenti e pregne di quell’atmosfera desolante, precise e puntuali, o gli effetti particellari che caricano l’aria di scintille e pulviscolo.
Per non parlare poi delle animazioni, anche se non sempre stellari: i combattimenti, tanto all’arma bianca quanto imbracciando un fucile, appaiono sin troppo artificiali e composti, e stonano con i grezzi modi di Deacon. In questa occasione, la demo (la stessa della conferenza) ci è apparsa più fluida, priva di alcune lievi incertezze nel framerate riscontrate durante l’annuncio, ma appaiono davvero infime nello splendido quadro generale. Certo, toccherà poi vedere quanto di tutto questo splendore resterà nel prodotto finito, che a detta del team sarà davvero vasto e denso di cose da fare, tra una corposa questline principale e compiti secondari, accampamenti e altro ancora. Dettagli che non erano ancora pronti a condividere, e di cui, si spera, sapremo di più in occasione di Gamescom e/o PlayStation Experience, inclusi gli effetti delle condizioni climatiche (imprevedibili come nel vero Oregon, tra escursioni termiche e neve in estate) e dell’ora del giorno tanto sullo stato psicofisico del protagonista, quanto sui comportamenti dei Freakers.
Le premesse per una nuova, grandissima IP ci sono tutte
Le premesse per una nuova, grandissima IP ci sono tutte, così come certi rischi difficili da prendere senza incappare in sonori fallimenti: il curriculum di Sony Bend è di tutto rispetto, ma tra una certa ruggine (visti i ritmi degli ultimi anni) e l’approdo su una nuova piattaforma, non basta solo quello; l’atmosfera e il concept zombesco sono intriganti sulla fiducia, ma indubbiamente abusati, e la struttura open-world è difficile da mantenere coerente e sempre interessante per l’intera durata dell’avventura, soprattutto se l’idea è di puntare tutto sulla narrazione. Ecco perché se il primo contatto (soltanto visivo, purtroppo) è stato indubbiamente positivo, Days Gone ha ancora tanto da dimostrare, e il team ne è ben consapevole. Speriamo che la pressione non li travolga con lo stessa foga dei Freakers della demo.