Sinceramente non nutrivo grandissime speranze per I Rinnegati di Destiny 2. È pur vero che ho trovato molto interessante la modalità Azzardo già durante l’E3 2018, ma i veri punti deboli del gioco non riguardavano quell’aspetto. Piuttosto, Bungie avrebbe dovuto concentrarsi su una linea narrativa sensata, in grado di catturare il giocatore e non costruita solamente per portare a un livello di Potere decente per proseguire nell’endgame.
Detto fatto. Bungie si è messa al lavoro e ha tirato fuori dal cilindro la storia più coinvolgente della serie. I più maliziosi potrebbero commentare con un “non che ci volesse tanto”, eppure I Rinnegati ha una trama molto facile da seguire, che va dalla A alla Z, con un personaggio estremamente importante che abbandona il sipario e uno che finalmente trova il suo ruolo nell’Universo.
Senza ombra di dubbio, per godere al massimo di questa espansione bisogna aver giocato non solo tutto Destiny 2, ma anche il capitolo precedente. Solo così è possibile affezionarsi a Cayde-6 e comprendere quanta rabbia possa dare la sua morte per mano di Uldren Sov. Quest’ultimo doveva avere un ruolo molto più marcato già in Destiny 1, con tanto di cutscene dedicate mai incluse nel gioco finale.
Uldren, fratello della ex-regina degli Insonni Mara Sov, evade dalla Prigione degli Anziani insieme a nuovi compagni, gli Infami. Quella che sembra solo una scaramuccia tra detenuti è invece un’evasione con piani molto più ambiziosi. Per questo Cayde-6 e il giocatore vengono chiamati all’ordine da Petra Venj, ma le cose non vanno per nulla bene.
Cayde-6 cade nella trappola di Uldren e dei suoi 8 Baroni, complice anche la sua foga nel cercare spettacolarità. È però un buon modo per caricare il giocatore, non più alle prese col salvataggio dell’Universo, bensì in cerca di vendetta.
Petra Venj, Zavala e Ikora sono infatti affranti dalla perdita di Cayde-6, tanto da mandare il giocatore a vendicare la sua morte e a cercare Uldren. Sulla sua strada, specialmente per trovare gli 8 Baroni, compare però un insolito alleato, il Ragno, un Caduto invidioso dei Baroni che stringe un patto con Petra e il giocatore per collaborare e regnare sulla Riva dell’Atollo.
Essendo ormai arrivato al limite della zona spoiler, mi limito solo a lanciarvi qualche spunto. Uldren poteva avere parecchi motivi per volere morto Cayde-6, ma c’è ben altro dietro questa azione. Per la prima volta Destiny propone una storia che crea un inizio e si conclude in modo sensato, esplorando la sofferenza di un personaggio ritenuto finora etereo.
Nulla di articolato, ovviamente, ma I Rinnegati porta in una storia più oscura di quella dei Corrotti, con tratti decisamente dark e contorti. Avrei apprezzato una tinta ancora più oscura per la trama, ma Bungie sembra aver trattenuto l’acceleratore per non uscire dal seminato. Destiny 2 non è un gioco horror e nemmeno un thriller psicologico, ma lo sarebbe diventato con questa espansione se le catene della narrazione si fossero spezzate.
Tuttavia, Destiny 2: I Rinnegati gioca sottilmente con la mente del giocatore, specialmente in una cutscene e durante la caccia ai Baroni. L’intero DLC ruota attorno alla vendetta, ovviamente tramite lo spargimento di sangue. Zavala è il primo a mettere in tavola l’argomento, puntualizzando sul fatto che i Guardiani non sono dei soldati (Codice Jedi, anyone?).
Sono poi gli stessi Baroni a plasmare il dubbio che la Luce, il Viaggiatore e i Guardiani stessi non siano poi così esemplari. Per arrivare a Uldren bisogna ucciderli tutti, e nessuno di loro, durante i combattimenti, si esime dal commentare la foga del Guardiano, schernendo l’ironia della sua missione.
È un aspetto che parte dal viaggio per la vendetta e termina (forse) nell’ultimissima parte della storia.
Uscendo dall’ambito narrativo, la storia di Destiny 2: I Rinnegati è soddisfacente anche dal punto di vista del gameplay. Nonostante il numero di missioni complessive rimanga coerente con quello delle due espansioni precedenti, sono le attività nella Riva a giocare un ruolo fondamentale. Sei Baroni sono infatti da cacciare in Avventura e non in Missione, fatto che allunga non di poco la longevità.
Questo permette a ogni Barone di avere un approccio diverso al combattimento. Ognuno ha abilità uniche, che definiscono così anche l’andamento dell’Avventura. Senza andare troppo bel dettaglio, sempre per evitare spoiler, c’è il Barone che preferisce i fucili da cecchino e quello col fetish per l’Alveare. In questo modo ogni Avventura è unica e c’è una buona varietà nei combattimenti contro i diversi Baroni.
Non penso nemmeno di essere troppo esoso nel dire che l’ultima missione (penultima se si conta anche quella post-storia) è una delle più interessanti che abbia mai giocato alla fine di un gioco. Lunga quanto basta, senza essere prolissa, con un level design che include cambi repentini, tinte estremamente dark, platforming e un crescendo fino alle battute finali.
Arrivare preparato, dal punto di vista del Potere, necessita di una buona quantità di esplorazione o grinding. Esatto, o uno o l’altro. Nonostante ci si possa tuffare negli Assalti e in Azzardo per aumentare il Potere fino ai livelli necessari, c’è un metodo più pacifico per ottenere armamento sempre migliore: basta aprire tutti i Forzieri della Regione, continuando a tenere i pezzi d’armatura più potenti.
Non a caso ho concluso la campagna ben al di sopra del livello consigliato di Potere a 460, senza grindare eventi e attività, ma avendo solo un pezzo Leggendario come arma primaria e tutto il resto Raro.
Il problema arriva dopo, perché Bungie ha deciso di rivoluzionare il sistema di Infusione per migliorare gli equipaggiamenti. La libertà di poter utilizzare tutte le armi preferite ha infatti un prezzo: ora per infondere armi e armature bisogna non solo utilizzare Frammenti Leggendari, ma anche Nuclei Prodigiosi, trovabili smontando armi Prodigiose oppure acquistabili dal Ragno sotto lauto pagamento.
Inutile dire che questo rallenta incredibilmente la collezione di equipaggiamenti Leggendari ed Esotici, poiché bisogna pensare più di due volte a infondere un oggetto per potenziarne un altro, visto il suo elevato costo. La speranza è che ciò possa aumentare la longevità e soddisfare anche coloro che passano ore e ore davanti allo schermo.
Oltre la Storia c’è di più, una Città Sognante davvero splendida e ancora piena di misteri da risolvere. Non a caso, per arrivarci bisogna essere vicini al Soft Level Cap, fissato a Potere 500. Da lì in poi è grinding assoluto, quindi tanto vale arrivarci con pezzi d’armatura Rari e non Leggendari.
Nel frattempo c’è anche Azzardo, quello che Bungie ritiene il gioiello dell’esperienza multiplayer sia PvE che PvP. Come detto più volte nelle anteprime degli scorsi mesi, Azzardo è un’idea molto interessante e ben realizzata, con partite sempre sul filo del rasoio.
I Rinnegati è il vento fresco di cui Destiny aveva bisogno
Avere due gruppi diversi di avversari da affrontare è una vera sfida di multitasking. Per quanto i mob controllati dalla CPU siano impertinenti, bisogna sempre pensare a quale sia la strategia giusta contro un team di cui si sa poco e niente. Conviene accumulare motes e rischiare di perderle o di evocare un mostro potente, oppure trasportarle velocemente e mirare a quel gap di 75 che permette di incontrare il boss finale? E se un avversario invade il territorio?
Non esiste una partita di Azzardo che sia scritta già dall’inizio. Questo è il bello.
A più di un mese dall’uscita de I Rinnegati, la corsa per accrescere il Potere è stata piuttosto lunga ed estenuante. Per quanto possa sembrare un punto negativo, in verità non lo è: si tratta infatti non solo di un ritorno al passato, quando il grinding faceva parte della routine quotidiana senza diventare troppo ripetitivo, ma anche di un tentativo riuscito di aumentare la longevità del titolo.
Mi sono ritrovato dunque in una Città Sognante più abbordabile rispetto a quella incontrata subito dopo la fine della Storia. Ora è più facile sgusciare tra i nemici e partecipare agli eventi casuali per la mappa, grazie soprattutto al fatto che il Potere sia più alto e che dunque gli avversari incidano meno sulla barra vitale.
Il viaggio è stato lungo per la quantità di attività potenzialmente completabili, accompagnate dal nuovo sistema di Infusione che, seppur pesante nella progressione, alla fine dà al gioco il ritmo che merita. Il risultato è che ovviamente non sono arrivato al level cap assoluto, ma ho raggiunto comunque un livello che consente di terminare tutte le attività con un numero dignitoso di fallimenti.
Una di queste è ovviamente l’Incursione, che mi ha subito spaventato dopo la notizia di una tale difficoltà per la prima vera run completata da 6 giocatori che rimarranno nella leggenda.
Bungie aveva promesso qualcosa di mai visto prima, sia per la difficoltà che per la complessità in termini design. L’attesa alla fine ha ripagato, dando ai giocatori un’Incursione con una struttura leggermente diversa da quella lineare a cui sono stati abituati fin dalla prima attività finale.
Entrano in gioco praticamente tutte le meccaniche, portate al loro estremo in fatto di difficoltà. La coordinazione è come sempre essenziale, ma non c’è mai stato un bisogno così forte di abilità da ogni singolo giocatore per passare indenni alla sfida successiva.
Anche la preparazione in termini di Potere è da prendere in considerazione. Serve tanto tempo e tanta dedizione per raggiungere un livello tale non solo da arrecare danni consistenti, ma anche resistere alle sevizie degli amichetti di Riven.
L’attesa alla fine ha ripagato
Dopo il primo completamento di sempre, nella Città Sognante sono state sbloccate anche attività aggiuntive per tutta la community. Forse è anche questo a cui si riferiva Bungie prima del lancio del DLC, parlando di una continua trasformazione della Città Sognante per essere sempre nuova e imprevedibile.
Nonostante non sia del tutto una meccanica dipendente dalle “decisioni” dei giocatori, bensì causata dal normale completamento di determinate attività, la lentezza con cui i nuovi spicchi della Città Sognante vengono scoperti lascia ben sperare per le prossime settimane. È ciò di cui non solo i giocatori, ma anche Destiny come brand aveva bisogno, una continuità già inserita nel gioco e svelata passo dopo passo dalla continua azione della community.
Nota di merito anche per gli amanti della lore. Durante il primo contatto con l’espansione mi erano sfuggiti dettagli riguardo collezionabili in grado di sbloccare frammenti di memorie, ritrovabili poi direttamente tra i menu di gioco e non sul sito dedicato, come succedeva per Destiny 1.
Chi vuole scoprire dettagli sulla trama può dunque così acculturarsi e capire non solo da che parte arrivi la chimera che ha stregato Uldren, ma anche quale impatto abbiano avuto gli Ahamkara sulla cultura degli Insonni.
Le due espansioni iniziali di Destiny 2 non sono riuscite a farmi venire una grandissima voglia di giocare dopo la fine delle loro trame narrative. Questa invece sì, ed è per quello che il giudizio al momento è positivo. I Rinnegati è il vento fresco di cui Destiny aveva bisogno. Anche l’Incursione ha finalmente esaudito i desideri dei giocatori, rivelandosi non solo un’attività in grado di tenere attaccati allo schermo per parecchio tempo, ma anche non fine a se stessa o al loot. La Città Sognante è viva e cambia in vari step, grazie alle azioni dei giocatori. Questa espansione ha del resto l’unica trama sensata, dal punto di vista narrativo, dell’intero Destiny: ha riportato ai giocatori la possibilità di utilizzare le armi preferite senza ritegno, ha introdotto un concetto di multiplayer innovativo e ha anche messo in discussione la moralità di un Guardiano. Il Re dei Corrotti ha definitivamente un valido competitor in Destiny 2: I Rinnegati. |