Se nell’ultimo film Pokémon dedicato al ventennale della serie animata il buon Pikachu si lasciava andare a potenti sentimenti tanto da far sembrare che avesse imparato a parlare la lingua degli umani oltre ai classici versi a base di “pika pika“, qui la situazione è ben diversa: Pikachu non solo parla e si fa capire da un giovane ragazzo, ma lo fa anche in modo piuttosto inusuale. Detective Pikachu, come preannuncia il titolo, non è la classica avventura pokemon a base di scontri ed erba alta, ma nemmeno a base di dungeon di svariati piani e ranger che proteggono le amatissime creature a colpi di pennino: è un avventura grafica, un punta e clicca se vogliamo, che segue le vicende investigative di Pikachu e di Tim Goodman, nella fantasiosa ma realistica Ryme City.
Quindi, ricapitolando: su 3DS è arrivato un gioco pokemon basato su un Pokémon parlante con un berretto da investigatore che gira per la città dispensando commenti con una voce da quarantenne brontolone che ha appena perso il treno per accendersi una sigaretta? Esatto, ma nulla è come sembra: stiamo parlando pur sempre di un prodotto Nintendo!
Pur essendo l’indiscusso protagonista della storia, al suo fianco Pikachu avrà il giovane Tim, il cui padre è scomparso da due mesi in circostanze poco chiare, e l’unico a comprendere pienamente il nostro detective giallo. I loro destini sembrano incrociarsi e non per caso, e le motivazioni dietro la “parlantina” del nostro Pikachu e la scomparsa del padre di Tim Goodman sono meno distanti di quel che sembra. Sarà questo il mistero principale dell’avventura, che si dipana nell’arco di una decina di ore in modo piuttosto classico: ci sono casi da risolvere a tema Pokémon che richiedono il nostro intervento. Ma come ogni “punta e clicca” che si rispetti, con i movimenti affidati all’analogico e il pennino all’interazione, Detective Pikachu si rivela essere piuttosto curato nei dialoghi, semplici ma perfettamente inseriti nel contesto fantastico di Ryme City, e nei colorati e originali personaggi che faranno da spalla sia a Pikachu che a Tim durante i vari casi che li coinvolgeranno.
Casi che, è bene metterlo subito in chiaro, sono piuttosto semplici e “innocui”, coinvolgendo spesso svariati Pokémon (gli Aipom sospettati di furto, ad esempio) che richiederanno l’intervento arguto di Pikachu e Tim: Detective Pikachu è un gioco adatto ai più piccoli insomma, offrendo una sfida semplice e una narrazione senza tante sorprese. Ma il carisma e la parlantina di Pikachu potrebbero offrire qualcosa anche ai poké-fan più appassionati, che troveranno il classico fascino del mondo Pokémon e qualche simpatica sorpresa: il misterioso passato di Pikachu è comunque interessante, e anche se i più acuti di voi riusciranno a capire l’esito dei casi prima del naturale corso, non è detto che non troverete piacere e divertimento in questa bizzarra scampagnata a Ryme City.
Pikachu è la vera stella del gioco e probabilmente il vero motivo per cui siete finiti a leggere questa recensione
Anche il gameplay non diverge molto dalla classica impostazione del genere, né intende farlo: essendo un gioco adatto anche ai più piccoli fan, risolvere i casi e investigare le scene del crimine coinvolge elementi piuttosto semplici, come trovare prove e fare domande ai personaggi (o ai Pokémon) presenti nelle ambientazioni – molto carine tra l’altro, con un look tridimensionale piuttosto curato, nonostante l’assenza del 3D e l’ormai obsoleta tecnologia del 3DS – per ottenere elementi sufficienti a discutere con Pikachu della soluzione del caso. Nonostante l’impostazione piuttosto semplice, che prevede semplicemente le due opzioni “Indizi” e “Appunti”, dove trarre le conclusioni una volta ottenuti elementi sufficienti, Detective Pikachu non si rivela completamente piatto nella sua esecuzione, offrendo piccoli puzzle per dimostrare al nostro detective chiacchierone che sì, siamo bravi anche noi come lui a fare deduzioni anche senza i palazzi mentali del ben più noto Sherlock di Benedict Cumberbatch. Col pennino dovremmo spesso posizionare gli indizi ottenuti nella scena del delitto, e quando non si usa il touch screen ed il pennino, Detective Pikachu mostra la parte più cinematografica di sé con quick time event a scandire scene d’azione. Forse questo aspetto tende ad essere abusato nelle parti più avanzate del gioco, in favore di un’azione più travolgente e dinamica, ma visto il genere di appartenenza e il target Detective Pikachu riesce a bilanciare i suoi elementi in modo riuscito e godibile.
La parte più bella di Detective Pikachu, nemmeno a dirlo, è proprio Pikachu con la voce da vecchio brontolone, di quelli che se non cedete loro il posto sui mezzi pubblici nell’arco di 3 secondi vi iniziano ad attribuire appellativi piuttosto discutibili. È carismatico ed inusuale, soprattutto per i pikachu che abbiamo conosciuto fin’ora, e nel corso del gioco potremmo interagire con lui tramite il touchscreen, scambiando informazioni cruciali per la nostra investigazione o semplicemente sbloccando piccoli siparietti e scorci nella particolare personalità di Pikachu: questo non è sicuramente quello di Ash, e la sua voce grossa rispecchia la sua personalità un po’ bizzarra, visto che ama bere del caffè nero e fare delle pessime battute (due elementi che sembrano suggerire la sua appartenenza al genere “quarantenni su Facebook“) ma in realtà, Detective Pikachu è la vera stella del gioco e probabilmente il vero motivo per cui siete finiti a leggere questa recensione.
Detective Pikachu è una inusuale new entry tra i titoli ambientati nel “meraviglioso mondo Pokémon” ed è sicuramente quello più particolare, così improntato sulla narrazione pura e semplice, oltre che su poche ma semplici interazioni proprie del genere punta e clicca. Il titolo Nintendo trasuda carisma da tutti i poligoni, con una doppiaggio (inglese, con sottotitoli in italiano) del buon Pikachu tanto bizzarro quanto esilarante, ed un’avventura per Ryme City che pur indirizzata ad un pubblico più giovane, potrebbe riservare qualche bel momento anche per i poké-fan di lunga data, che dovranno però scendere a patti con un’esperienza semplicistica e appena abbozzata, nonostante qualche similitudine con le avventure del Professor Layton. Consci di questo, vi aspettano una decina di ore “atipiche”, con una cornice piuttosto caratteristica, filmati 3D ben riusciti e delle animazioni convincenti, nonostante la piccola console stereoscopica di Nintendo sia ormai al limite (come dimostra la forte presenza di aliasing e la totale assenza della visione in 3D). |
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