L’arrivo sul mercato di un nuovo episodio di un qualsiasi titolo AAA è uno di quegli eventi capace di generare hype nei fan e di alzare, maggiore è la notorietà del titolo in oggetto, le aspettative nei suoi confronti. Quando poi il nuovo capitolo è riconducibile ad uno di quei franchise che hanno segnato, nel bene e nel male, la storia di un genere, quanto detto poc’anzi aumenta esponenzialmente, creando un vortice di aspettative capace tanto di glorificare la nuova incarnazione quanto di causare una rovinosa caduta della stessa dal trono tanto ambito.
Deus Ex: Mankind Divided entra a pieno diritto in questa ultima categoria: franchise nato nel lontanissimo 1990 grazie alla mente di Warren Spector, un nome il cui solo suono manda in visibilio gli appassionati del gaming che conta (suoi, tra gli altri, capisaldi quali Wing Commander 1 e 2, Ultima Underworld 1-2 e System Shock, di cui è in progetto un terzo attesissimo capitolo ad opera di OtherSide Entertainment), Deus Ex, tornato alla ribalta solo due anni fa con il pluripremiato Human Revolution, ha rappresentato la visione ideale di un futuro cyberpunk tanto utopico quanto possibile ed imminente, riuscendo a coinvolgere grazie ad un mix di giocabilità e narrazione, milioni di fan letteralmente impazziti per la creatura di Mr. Spector.
Lo stesso Warren Spector, per quanto non coinvolto direttamente nelle due ultime incarnazioni della saga da lui creata, venne invitato da Eidos Montreal, lo scorso luglio, a provare Mankind Divided rilasciando, cosa rara per un perfezionista quale è, pubbliche esternazioni di giubilo riguardo la direzione intrapresa dal team canadese per la prosecuzione della storia di Adam Jensen. L’arrivo in redazione della versione Xbox One di Mankind Divided, con ben due settimane di anticipo rispetto al dayone, è stato salutato con gioia e ci ha dato modo di elaborare un giudizio ben preciso sull’ennesimo capitolo della saga del potenziato Adam Jensen.
Si tratta dunque di un successo annunciato o di un corto-circuito capace di danneggiare l’immenso hype generatosi attorno a questo capitolo? Scopriamolo insieme!
Deus Ex: Mankind Divided prende il via esattamente dove ci aveva lasciati Human Revolution: nel 2029, due anni dopo gli eventi narrati dal suo predecessore, la situazione è mutata drasticamente. Se in Human Revolution abbiamo infatti assistito alla genesi dell’età aurea degli impianti, in Mankind Divided la stessa è terminata repentinamente, soffocata dal sangue di milioni di umani brutalmente uccisi dai potenziati in un giorno di inspiegabile follia collettiva. Il 2029 è diventato dunque, al pari dell’11 settembre e di altre tragedie entrate di diritto nella storia dell’umanità, un turning point da cui sarà impossibile tornare indietro: se c’è una cosa che la storia ci ha insegnato è che ad estreme azioni corrispondono ancor maggiori reazioni. L’economia e l’ordine mondiale sono guidati da una oscura lobby, meglio nota con il nome di Illuminati, che svolge, alla stregua di mastri burattinai, una attività di controllo su tutti gli eventi capaci di orientare cambiamenti nella politica economica o sociale globale: proprio dalle manipolazioni, effettuate segretamente dagli Illuminati, su un chip di controllo contenuto all’interno dei potenziamenti, innestati oramai su gran parte della popolazione umana, ha avuto genesi la rivolta del potenziati di cui sopra.
L’età aurea dei potenziamenti è oramai giunta al termine, sopraffatta da un apartheid meccanico che vuole la società divisa nettamente in due schieramenti: essere un potenziato oggi è motivo bastante per essere soggetto a razzismo, operato mediante dinamiche di ghettizzazione e di diffidenza che porteranno i “naturali” ad abusare del potere di controllo loro conferito dalle autorità. Dal giorno dell’incidente inoltre i potenziati, rinchiusi in futuristiche bidonville modellate sui bassifondi visti in Blade Runner, hanno iniziato a rigettare gli impianti loro installati ed hanno sviluppato una dipendenza dalla Neuropozyna, unico farmaco capace di rallentare la procedura di rigetto sopra descritta.
La narrazione la fa da padrona in Deus Ex: Mankind Divided
È in questo ambiente che prendono il via le gesta di Adam Jensen, potenziato perfettamente integrato in una squadra “normale” dell’Interpol, macchina da guerra hi-tech con sembianze e pensieri umani apparentemente immune sia alle crisi di rigetto che alle operazioni di controllo innescate precedentemente dalla setta degli Illuminati. La storia prende il via, poco dopo la conclusione di Human Revolution e pochissimo tempo dopo la rivolta dei potenziati, a Dubai, dove Jensen, membro della Task Force 29, una squadra di élite dell’Interpol, viene inviato, per via delle proprie capacità belliche a fermare il tentativo di traffico abusivo di impianti cibernetici di matrice bellica che, se immessi sul mercato nero, potrebbero complicare ulteriormente la già tesissima situazione socio-politica venutasi a creare in seguito all’eccidio dei “normali” da parte dei potenziati.
Come prevedibile, nulla andrà secondo i piani e, nonostante gli sforzi profusi da Jensen e dalla squadra dell’Interpol, assisteremo all’intromissione di una serie di misteriosi soldati potenziati che romperanno le uova nel paniere facendo saltare la missione “one shot-one kill” precedentemente pianificata. Come avrete potuto dedurre già da queste poche righe, la narrazione la fa da padrona in Deus Ex: Mankind Divided, creando un sostrato narrativo utile a mantenere alto il pathos generato dagli eventi in nuce alla nuova avventura di Adam Jensen, contribuendo inoltre a tenere sempre sul filo del rasoio, la tensione per gli accadimenti cui ci troveremo, missione dopo missione, ad assistere. Tra megacomplotti governativi, servizi segreti deviati e personalità di spicco delle due fazioni, assisteremo, influenzando in maniera ingente con le nostre azioni, ad un susseguirsi di colpi di scena che ci condurranno in maniera esplosiva ai titoli di coda, ingenerando in noi la voglia di ri-giocare l’avventura appena conclusa per indirizzarne diversamente l’evoluzione cambiando il nostro approccio agli eventi.
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Sì, perché, se è vero che Deus Ex: Mankind Divided è un action-rpg estremamente tattico che fa della accurata pianificazione e dello stealth le sue basi fondanti, è altresì vero che, grazie anche al certosino operato dei ragazzi di Eidos Montreal, avremo nelle nostre mani, anche grazie alle nostre parole, il pieno controllo dell’evoluzione della trama. Il sistema di interazione dialogica rappresenta infatti il primo, vero, stravolgimento da Human Revolution: se nel precedente episodio era possibile infatti dialogare (sterilmente) con i comprimari della narrazione, le scelte adoperate in sede di dialogo, raramente conducevano ad una reale differenziazione nel susseguente approccio, sistematicamente ridotto ad un tanto semplice quanto funzionale convincimento a suon di proiettili. Deus Ex: Mankind Divided vede invece l’introduzione del sistema CASIE (Computer Assisted Social Interation Enhancer) che, direttamente collegato ad uno dei potenziamenti installati dalla Sarif Corporation nel corpo di Adam Jensen, permetterà al nostro potenziato preferito di effettuare, in occasione di interazioni dialogiche con personaggi chiave della narrazione, un esame ambientale volto a comprendere, mediante l’analisi di tonalità della voce e battiti cardiaci del nostro interlocutore, il maggiore o minore rilassamento dello stesso nei nostri confronti.
L’utilizzo del CASIE ci permetterà inoltre di carpire importanti sfaccettature della personalità del nostro interlocutore per comprendere i punti deboli dello stesso e poter così effettuare, analizzando contestualmente la taratura e l’orientamento delle espressioni da lui pronunciate, la scelta di dialogo maggiormente funzionale al raggiungimento del nostro scopo finale, che sia mosso da un approccio diplomatico o dalla voglia di farcire di piombo il nostro interlocutore. La estrema libertà concessaci dal CASIE corrisponderà però, ahinoi, a risultati antitetici tra loro: le nostre azioni influenzeranno non solo l’esito del dialogo in oggetto ma anche, ed in modo marcato, l’evoluzione della trama impedendoci o permettendoci determinati sviluppi ed aprendoci dunque le porte a tutta una serie di missioni e di sotto-quest, indirizzando irrimediabilmente l’evoluzione della storyline nell’una o nell’altra direzione. Parallelamente alla libertà garantitaci dal CASIE, anche il gameplay “standard”, pur strizzando pesantemente l’occhio allo Stealth, terreno natio di questa serie, ci garantirà la possibilità di scegliere tra una moltitudine di approcci, più o meno silenziosi (o letali che dir si voglia). Sin dalla prima missione potremo effettuare una serie di scelte, inerenti l’armamentario di base, che orienterà il nostro gameplay ad un contatto ravvicinato (letale o meno), mediante l’uso permanente di potenziamenti dedicati o ad uno a distanza parimenti improntato, a seconda delle nostre scelte, alla neutralizzazione temporanea (o permanente) delle minacce che ci troveremo ad affrontare.
È lo stealth, modus operandi endemico di questa saga, a dare le maggiori soddisfazioni
Come precedentemente affermato è lo stealth, modus operandi endemico di questa saga, a dare le maggiori soddisfazioni: narcotizzare nemici, occultarne i corpi (o ucciderli ed occultarne i cadaveri dalla vista dei loro “colleghi”) e procedere in modalità silenziosa utilizzando i condotti di aerazione disposti nei livelli sono attività che ci ruberanno tantissimo tempo e che ci conferiranno, una volta terminate, una soddisfazione unica per esser riusciti a gabbare la sorveglianza senza sparare un singolo colpo. Qualora lo stealth non fosse il vostro campo di applicazione principe o qualora foste dei novelli Rambo, nessun problema: affrontare i nemici a volto scoperto, utilizzando appieno il pingue arsenale di cui siete dotati, rappresenta una soluzione alternativa che, accoppiata ad un sapiente utilizzo delle coperture disponibili nei livelli di gioco, vi garantirà la possibilità di farvi strada “all guns blazing” per i livelli di gioco. Se si sceglie però di affrontare il nemico sul suo campo, si deve tenere conto di alcuni malus non indifferenti: sovente capiterà di essere letteralmente circondati da truppe nemiche e la presenza di coperture rappresenterà un aiuto risibile, allorché la risposta al nostro attacco provenisse da più fronti. In quei casi la ritirata o un approccio strategico, utilizzando i “limiti” del level design saranno le uniche due scelte che potranno evitarci un repentino quanto sicuro game over. L’ingresso in combattimento ci mette in contatto con il combat system di Deus Ex: Mankind Divided, feature che riesce nell’arduo compito di brillare tanto in positivo, quanto in negativo. Ci troviamo davanti ad un ventaglio di armi incredibilmente vasto e personalizzabile: chiunque potrà orientare il proprio progresso nelle vicende di Mankind Divided scegliendo l’arma che meglio si adatta al suo stile di gioco e facendo ricorso ad una serie di gadget tecnologici che faciliteranno non poco l’accesso alle dinamiche di gioco. Che si scelga l’approccio silenzioso o uno meno anonimo, Deus Ex: Mankind Divided metterà a nostra disposizione una vasta scelta di strumenti di morte che sopperiranno al delta numerico tra Adam Jensen e le legioni di avversari che si troverà ad affrontare.
Brilla anche il sistema di personalizzazione delle armi stesse: la raccolta di materiali di costruzione, ed il rinvenimento di progetti per la realizzazione di potenziamenti ad hoc, ci permetterà infatti di tarare le armi a nostra disposizione, modificandole mediante l’aggiunta di mirini telescopici, silenziatori, caricatori maggiorati o semplicemente aumentando le stats delle stesse al fine di infliggere un maggior numero di danni o da garantire una maggiore precisione nell’utilizzo, ad esempio, di un fucile da cecchino. Se però Eidos Montreal ci ha messo a disposizione un arsenale che va a plasmarsi ed adattarsi debitamente alle nostre esigenze e richieste, allo stesso modo l’utilizzo dello stesso viene svilito nelle fasi di combattimento per demerito di una intelligenza artificiale che, se a volte si adopera in meccaniche di accerchiamento e di inseguimento verosimili, altre volte (nella maggioranza delle iterazioni testate) pecca di leggerezza e di superficialità sia nella localizzazione della preda che nel tentativo di abbattimento della stessa. Sovente è capitato di attirare una ventina di soldati per una azione errata e di tentare una rovinosa, quanto essenziale ai fini della sopravvivenza, fuga, rifugiandomi in una stanza ed utilizzando una scrivania quale riparo assistendo talvolta all’ingresso in fila indiana dei nemici nella stanza (cosa che mi ha permesso di abbatterli uno ad uno mediante precisi headshot), altre volte all’impossibilità degli stessi di effettuare una corretta localizzazione nonostante la consapevolezza da parte loro del mio ingresso nella stanza, con conseguente termine della fase di allarme e spensierata peregrinazione nel livello dove fino a pochi secondi prima regnava il caos supremo. Eidos Montreal, già al corrente di questa situazione, ha promesso una day-one patch con cui verranno fixate le sopraccitate iterazioni dell’IA: in attesa di poter valutare l’effetto di questa correzione sul gameplay, non possiamo non sottolineare questa, al momento, sgradevole situazione.
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Non solo di armi però vive un potenziato come Adam Jensen: se infatti una debita dose di piombo rappresenterà (nella maggior parte delle situazioni) una valida soluzione finanche al più rognoso dei problemi, ciò che differenzia il nostro protagonista da un qualsiasi addestratissimo agente dell’Interpol, è la presenza di un numero inimmaginabile di potenziamenti. Jensen, a differenza di qualsiasi altro potenziato, è un prototipo, in cui le dinamiche di innesto dei potenziamenti e il software di gestione degli stessi, differiscono completamente da quelle utilizzate nel resto della popolazione mondiale, da qui la sua resistenza al rigetto dei potenziamenti e ai tentativi di controllo coercitivo fatti dalla confraternita degli Illuminati. Scopriremo inoltre, nelle fasi iniziali dell’avventura (preferiamo evitare di entrare troppo nei dettagli, ndr), dei potenziamenti nascosti in Adam Jensen, che lo renderanno, a tutti gli effetti, la migliore macchina da guerra esistente sul pianeta: potremo dunque farci strada mediante un cannone ad impulsi innestato nel nostro braccio, camminare in mezzo ad una pioggia di proiettili grazie alla copertura epidermica Titan e così via, scegliendo quali potenziamenti abilitare e quali potenziare salendo di livello. Ogni azione, che si tratti di uccisione o di riuscita in una fase dialogica, ci consegnerà un determinato numero di punti esperienza: al raggiungimento della soglia dei cinquemila xp otterremo un Praxis, spendibile nell’albero evolutivo al fine di abilitare o potenziare una determinata caratteristica (normale o sperimentale) tra quelle a nostra disposizione: attivare un potenziamento sperimentale provocherà instabilità nel sistema, situazione risolvibile riducendo il numero di potenziamenti attivati o, procedendo nella trama, facendo ricorso a determinati marchingegni che non possiamo però, per ovvie ragioni, spoilerare in fase di recensione.
You can’t kill progress: Adam Jensen è tornato!
Fondamentale anche il rapporto di Adam Jensen con la “tecnologia di contorno”: tutto il mondo di Deus Ex: Mankind Divided è pieno di computer demandati alla trasmissione di informazioni riservate o al controllo di meccanismi di sicurezza quali torrette mitragliatrici, barriere laser, telecamere o allarmi. Mediante specifiche operazioni di hacking sarà possibile entrare nel sistema oggetto di intrusione ed acquisire talvolta il possesso di informazioni vitali ai fini della prosecuzione dell’esperienza di gioco, talvolta il controllo di meccanismi di sicurezza al fine di garantirci un “safe passage” in aree cruciali di gioco altrimenti non accessibili con la sola forza bruta. La fase di hacking rappresenta un gioco nel gioco: la scelta strategica di un nodo da hackerare ci permetterà di passare inosservati ai watchdogs del sistema e di giungere dunque a conquistare il nodo terminale e, dunque, la decrittazione delle chiavi di accesso. Per facilitare il compito troveremo, sparsi per i livelli di gioco, software di overclock (atti a velocizzare le nostre operazioni di hacking), software nuke (per distruggere un nodo sensibile), software di camuffamento e tanti altri che potremo utilizzare per facilitare l’accesso ai teminali disposti nel mondo di gioco. Alternativamente, avendo un debito numero di materiali di costruzione, potremo realizzare una specie di decrittatore digitale, utile per aver ragione di qualsiasi terminale (o porta protetta da codice) senza doversi sbattere in un lungo e pericoloso processo di hacking.
A completamento (e diversificazione) dell’esperienza di gioco, giunge la modalità Breach che rappresenta di fatto una esperienza di gioco esterna agli eventi di Deus Ex: Mankind Divided, per quanto integrata a livello di continuity temporale e di effetto nella campagna principale del gioco Eidos Montreal. A conti fatti si tratta di una versione “arcade” maggiormente improntata sul gunplay in cui, sotto le spoglie di hacker, dovremo infiltrarci nei database degli Illuminati e sottrarre, combattendo contro altri netrunner, i dati sensibili ai fini di guadagnare praxis utili alla evoluzione di Adam Jensen. La modalità Breach, accessibile direttamente dal menù principale di Mankind Divided, potrà essere affrontata da soli o in cooperativa inserendo dunque, per la prima volta nella serie, una modalità multiplayer (per quanto limitata ed esterna al main game) in Deus Ex.
Tecnicamente la versione Xbox One di Deus Ex: Mankind Divided, utilizzata per la redazione di questa recensione, si presenta granitica, dando adito solo a sporadici cali di frame rate (verificatisi negli ambienti aperti) e ad occasionali crash (un paio in oltre venti ore di gioco) ma conferendoci conferme riguardo l’ottimizzazione del codice effettuata dai ragazzi di Eidos Montreal. Graficamente, Deus Ex: Mankind Divided è uno spettacolo per gli occhi: pur trovandoci davanti a quella che, teoricamente, dovrebbe essere la versione meno performante delle tre disponibili, il colpo d’occhio è di sicuro impatto. Praga giunge a nuova vita digitale grazie all’operato del Dawn Engine, capace di renderla affascinante in tutta la cupezza delle ambientazioni e regalandoci un mondo di gioco vivo, triste e pulsante in cui peregrinare anche fermandosi ad ammirare gli scorci dall’alto dei grattacieli. Ottima la modellazione poligonale dei protagonisti e del mondo di gioco: tocca sottolineare solo qualche sporadico errore di Lip-sync ma, nel complesso, l’impatto grafico ci lascia più che soddisfatti. Il comparto audio è, alla stessa maniera, una delizia per l’udito: Michael McCann, già responsabile della OST di Human Revolution, torna a dettar legge anche in Mankind Divided, regalandoci una colonna sonora sotto il segno della continuità con il diretto predecessore, OST sempre adatta ai momenti di gioco e responsiva alle variazioni di notorietà durante i combattimenti: well done!
Deus Ex: Mankind Divided è il seguito che tutti avremmo sognato. I quattro anni intercorsi tra Human Revolution e questo Deus Ex: Mankind Divided hanno permesso ai ragazzi di Eidos Montreal, ben consapevoli dei punti di forza e delle debolezze della loro precedente creatura, di lavorare alacremente di ottimizzazione e rifinitura, presentandoci, a tutti gli effetti, una versione 2.0 di Human Revolution, arricchita e trasportata all’ennesima potenza, riuscendo nell’impresa di regalarci una delle esperienze videoludiche migliori degli ultimi anni. Una trama degna di un kolossal hollywoodiano, piena di risvolti umani, sociali e di spunti di riflessione sul mondo in cui viviamo, ci condurrà attraverso le oltre venticinque ore di gioco necessarie per completare debitamente Mankind Divided: trama che, unita ad una giocabilità e ad una libertà di azione fuori dal comune, ci consegna un gioco praticamente e graficamente appagante, svilito solo da errate dinamiche di interazione dell’IA, che dovrebbero essere fixate di qui a breve con la dayone patch: rimaniamo in attesa di questa fix, la cui mancanza fa sì che il gioco non tocchi la soglia psicologica del nove. Simpatico l’esperimento di Breach, che riuscirà a fornire ulteriori ore di divertimento “a basso costo”, utile ad intervallare le lunghe sessioni di gioco, guadagnando nel mentre qualche potenziamento in più. You can’t kill progress: Adam Jensen è tornato. |