Nei miei primissimi mesi di PlayStation 2, riuscire a finire il primo episodio di Devil May Cry a modalità difficile e rigorosamente senza usare alcuna Sfera Gialla stabiliva il confine tra chi i videogiochi li sapeva giocare per davvero e chi, nonostante le proprie chiacchiere, non era all’altezza. Ripensare a questa cosa, ad anni di distanza, qualche domanda me la fa venire: perché non usare un gioco meno bastardo e punitivo, tanto per iniziare, e perché nella mia maledettissima compagnia erano tutti delle fottute macchine da guerra tranne il sottoscritto… Domande a cui non troveremo mai una risposta, ma che dovrebbero farvi capire quanto, un paio abbondante di generazioni fa, ogni episodio del franchise del leggendario figlio di Sparda – su PlayStation 2 prima e pressoché ovunque (Nintendo a parte) poi – fosse atteso al pari, se non con più impazienza, della festa del Santo Patrono cittadino. E il perché non dovremmo manco stare a raccontarvelo: mostri davvero mostruosi, demoni davvero demoniaci e un protagonista figo, bullo, sfrontato e pure ragionevolmente tamarro che prendeva chiunque della progenie infernale gli si parasse davanti a sonori scappellotti e calci nelle terga. Che poi in realtà usasse enormi spadoni stregati e armi da fuoco pirotecniche è un’altra storia, ok, ma il risultato sulla figaggine di Dante non cambia di una virgola.
Dopo averlo fatto conoscere ai più ritardatari nel corso della passata generazione con una remastered HD tutto sommato gustosa e godibile, Capcom non manca di ricordarci anche in questo nuovo ciclo di console quanto, nonostante tutto, il buon vecchio Dante non invecchi di mezzo pomeriggio – e anzi, che nel panorama dello Stylish Action dominato da una strega scosciata che sgambetta come un’indemoniata c’è spazio pure per un bellimbusto arrogante con l’impermeabile rosso più bello della storia. Ed ecco che, dal nulla, PC, PS4 e Xbox One si fregiano di questa Devil May Cry HD Collection, conversione in alta risoluzione dei primi due Devil May Cry (e ok, sappiamo tutti che il secondo era un po’ na chiavica, ma ci piace lo stesso) e del terzo, divertentissimo terzo episodio in variante Special Edition. Un terzetto che spacca, diremmo di primo acchito, per poi fermarci un secondo a riflettere sul fatto che stiamo parlando dello stesso terzetto apparso su PS3 e Xbox 360 da almeno un buon lustro. Ed è quello l’esatto momento in cui, ad iniziare a piangere, non è affatto il demonio…
Diciamocelo un po’ chiaramente: quando, in questa generazione, pensiamo ad una HD Remastered di un gioco che abbiamo adorato, un po’ gli occhioni a cuore ci vengono a tutti. Non tutte le ciambelle riescono col buco, questo è un dato di fatto, e di capolavori come il remake di Shadow of the Colossus te ne esce uno ogni allineamento planetario intergalattico, con sacrificio di vergini annesso. C’è però una cosa su cui, normalmente, le attuali remastered per PC, PS4 e Xbox One non lesinano affatto, ed è proprio la risoluzione. Perché, dopo campagne pubblicitarie eterne che altro non hanno fatto se non ricordarci quanto i 4K sono bellissimi e chi non li gioca è un truffaldino, pretendere un po’ sti fottutissimi 4K anche quando abbiamo un televisore che di K ne digerisce uno solo è un po’ la norma. Una norma di cui questa Devil May Cry HD Collection sembra fregarsene bellamente, visto e considerato che qualsiasi delle tre versioni per cui è previsto il titolo, pur raggiungendo una fluidità encomiabile necessaria ad una tale tipologia di gioco, si ferma rigorosamente a 1080p. Ripetetelo con noi: mille-e-ottanta-pi. Che non sono certo pochi, specie per del materiale datato PlayStation 2 quando, al massimo, “p” stava per “parolacce urlate verso lo schermo dopo l’ennesimo Game Over“, ma sono esattamente gli stessi P presenti dell’omonima raccolta di Devil May Cry disponibile la passata generazione. Che contiene esattamente gli stessi titoli giocabili e, udite udite, persino gli stessi extra. E che costa pure meno, a voler essere davvero dei farabutti, ma di questo parleremo a breve.
L’impatto iniziale con uno qualsiasi dei tre Devil May Cry – il primo, in special modo – è un po’ spiazzante. Lo schermo parte in modalità 4:3, regalando un brivido di terrore paralizzante lungo la nostra spina dorsale che, deo gratias, si affievolisce alla partenza del lunghissimo filmato introduttivo. Che non solo è lunghissimo, ma è anche in 16:9 ed è pure dannatamente bello: se però qualcuno avesse pensato di restaurarlo anche solo leggermente, piuttosto che lasciarlo alla risoluzione originale di PlayStation 2 (con dei pixel che, lo immaginerete da soli, fanno più paura loro di Sparda stesso) forse il risultato sarebbe stato indubbiamente migliore. Ma ok, stiamo pur sempre parlando di Devil May Cry: può un semplice filmato per nulla restaurato rovinare l’intera esperienza di gioco e condannare questa remastered a quell’inferno, che per una buona ventina d’ore complessive ora andremo ad affrontare? Ma certo che no, che domande: a sancire la condanna ci pensa il resto.
Chiariamo subito una cosa: le colpe di questa Collection, capirete benissimo, sono di natura esclusivamente tecnologica. In termini di gameplay, ciascun Devil May Cry (magari il secondo un po’ meno, ma è comunque impossibile non volergli un po’ di bene dopo tutti questi anni, ndr) è un’autentica bomba oggi come allora, caratterizzato da un ritmo asfissiante, da un’azione che definire frenetica è riduttivo e, non certo ultimo, da un level/enemy design ancora oggi ispiratissimo ed evocativo. Ecco spiegato il motivo per cui, il voto che leggete in fondo a questa pagina, è decisamente meno disastroso di quanto l’incipit di questa recensione lasciasse presagire: recensione che non può certo chiudere ambo gli occhi su un sistema di telecamere, tanto per iniziare, che faceva incazzare come delle iene ai tempi di PlayStation 2 – ancora una volta parliamo di te, birichino di un secondo capitolo! – e che avremmo auspicato di vedere del tutto risolto già alla passata generazione. Ma hey, sorpresa, perché sforzarsi di migliorarlo nell’anno del Signore 2018, invece di lasciarlo del tutto invariato e sobillare istinti omicidi a quei giocatori più giovani che, per loro fortuna, non hanno provato sulla propria pelle il terrore di controllare un PG su un sistema di inquadrature fisse come quello famigerato di casa Capcom?
Battute a parte, a lasciare particolarmente interdetti di questa collection è la sua realizzazione, particolarmente indolente da parte del team di sviluppo e troppo pericolosamente vicina al concetto di “compitino” che, già in altre occasioni, abbiamo criticato. Al netto dell’affare video, già di proprio abbastanza imbarazzante, l’intero lavoro di conversione mette a nudo delle falle vistose e fastidiose: gli scenari rimasti a risoluzione originale, ad esempio, appaiono decisamente slavati e “fuori contesto” – oltre a rendere del tutto innaturale il movimento dei personaggi su schermo, che sembrano incollati alla buona sulla location corrente distaccandosene in modo a dir poco clamoroso. Anche il trattamento rivolto a questi ultimi è soltanto mediocre, con una modellazione poligonale dei primari appena sufficiente e un abbattimento più marcato per le creature nemiche tradizionali – boss esclusi, per i quali vale lo stesso discorso di Dante e soci, nonostante molto di più avrebbe potuto essere stato fatto. Che il primo Devil May Cry sia un titolo “vecchio”, in termini anagrafici, e una sua trasposizione ammodernata richieda un lavoro decisamente enorme, questo lo sappiamo un po’ tutti: ma visti i risultati clamoroso raggiunti dal già citato Shadow of the Colossus (con il quale questa Devil May Cry HD Collection condivide un remaster HD alla passata generazione, manco a farlo apposta), l’ultima fatica di Capcom per onorare il franchise di uno dei suoi personaggi più iconici fallisce abbastanza clamorosamente, confermandosi poco più di una bieca operazione commerciale volta a riproporre una collection già uscita e tirata appena appena a lucido per l’occasione.
Troppo pericolosamente vicina al concetto di “compitino”
Che poi, dopo aver rigiocato il terzetto di successi di questa HD Collection, la domanda ce la siamo fatti davvero: ma chiunque possieda già la precedente HD Collection o, per assurdo, possa metterci sopra le proprie mani ad una spesa irrisoria, dovrebbe prestare anche solo attenzione a quest’ultima incarnazione dell’inferno di Dante current gen? La risposta, purtroppo, vira drammaticamente verso il negativo: l’assenza anche della sola ombra di novità interessanti, la risoluzione del tutto omologa a quanto visto su PS3/Xbox 360, la presenza degli stessi identici difetti mai corretti dal team di sviluppo nonostante la bellezza di due “operazioni Amarcord” rende le due versioni, almeno in termini ludici, praticamente identiche. Il che, inesorabilmente, finisce per rendere l’acquisto di quest’ultima consigliato soltanto ai collezionisti, o a chi si avvicini per la prima volta all’universo di Devil May Cry ma sia sprovvisto di hardware più datato. Un’affermazione che, da amanti viscerali del franchise, ci rende tutto tranne che felici: questa volta, insomma, il diavolo sta davvero piangendo e la colpa è di Capcom.
Ribadiamo per l’ultima volta un concetto importante: Devil May Cry, Devil May Cry 2 (un po’ meno) e Devil May Cry 3, in particolar modo la Special Edition, sono tre titolo che, a prescindere, vanno giocati. Non sono perfetti, in alcuni casi hanno una serie di difetti capace di portare in superficie il vostro lato peggiore e più volgare e, in un paio di casi in più, vi puniranno in modo esemplare spedendo Dante al tappeto e costringendovi ad un “ricominciamo” ancor più impietoso e selvaggio. Ma stiamo parlando di un franchise seminale, una serie che ha gettato le basi di quello Stylish Action che, specie in questi giorni su Switch, in molti stanno gustandosi con gli occhi sgranati assistendo al moto oscillatorio delle curve di Cereza e Jean nei due capitoli di Bayonetta. Una serie a cui il medium deve moltissimo, quella del figlio di Sparda, a cui dovreste pensare con riverenza e rispetto ogniqualvolta un action vi suggerisca un meccanismo di combo o una serie di combattimenti frenetici. Quanto appena detto, tanto per essere chiari, alza di un punto il punteggio finale, che – dovessimo limitarci al solo comparto tecnologico – porterebbe a casa una bella insufficienza con annessa tirata d’orecchie allo sviluppatore. Sviluppatore che, per la seconda volta in due generazioni, crea una collection facile facile senza metterci cuore e passione, limitando al minimo gli interventi necessari ad evitare la pubblica gogna ma fallendo beceramente nel tentativo di omaggiare – e allo stesso tempo ammodernare – un franchise che, in questa generazione, ancora latita. Viene da chiedersi il motivo di questa scelta un po’ scellerata, oppure per quale folle ragionamento il quarto capitolo della saga e il più recente DMC siano stati omessi dal pacchetto. Domande a cui, purtroppo, non troveremo a breve una risposta (magari dopodomani annunciano una HD Collection Parte 2, vallo tu a sapere, ndr): peccato, poiché nell’attesa dell’arrivo di un nuovo capitolo di Dante in questa generazione di console, questa Devil May Cry HD Collection avrebbe potuto ricordarci ancora una volta quanto l’Inferno, nonostante tutto, sia un posto stra-figo se in giusta compagnia. Speriamo non sia necessaria una terza collezione, magari tra un paio d’anni, per ricordarcelo. |
Commenti