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Speciale 06 Giu 2022

Diablo Immortal, gioco dal day one e non riesco a smettere

Improperi, sorrisi ironici, facce disgustate, scatti d’ira: sono alcune delle reazioni che esternò istintivamente una buona fetta dell’audience nel novembre del 2018, quando al BlizzCon il publisher americano presentò al mondo Diablo Immortal, titolo del famoso brand destinato principalmente, ma non esclusivamente, a smartphone e tablet.

Ad una saga a cui veniva già richiesto un repentino rilancio, dopo un terzo episodio che secondo alcuni non ostentò lo stesso smalto dell’indimenticato Diablo II, per molti quell’annuncio ebbe il gusto della resa, dell’ammissione che un certo modo di concepire, sviluppare e produrre videogiochi fosse finito per sempre.

La reazione a sangue caldo di qualsiasi fan dell’IP di Blizzard (che magari potrebbero gradire questo esclusivo Pop a tema disponibile da GameStop) fu proprio questa, un turbinio di emozioni e sensazioni tendenzialmente negative innegabilmente figlie di pregiudizi ormai incastonati nel subconscio degli appassionati di lungo corso, ma anche diretta conseguenza dell’effettiva, e ragionevole, tendenza delle software house di semplificare gameplay e control scheme ogniqualvolta si approcci a device muniti principalmente di touch-screen.

Nessuno nega che Pokémon Go! sia un’esperienza divertentissima e capace di incollare allo schermo chiunque, ma la complessità delle meccaniche ludiche non è paragonabile a quella raggiunta dai capitoli regolari della serie.

Comprensibile, dunque, lo sconforto provato da una certa frangia di appassionati all’annuncio di Diablo Immortal che, tuttavia, ad un secondo sguardo, più distaccato e razionale, mostrava già all’epoca immense potenzialità, nonostante l’anima da MMO potesse indispettire chi ha sempre amato il brand proprio per le solide esperienze single player che sapeva somministrare.

Eppure, a qualche giorno dalla sua release ufficiale, su dispositivi mobile e PC, quegli stessi fan intransigenti che hanno scaricato il free-to-play, al solo fine di confermare le loro pessime sensazioni, non riescono a smettere di giocare, estasiati e catturati da una formula di gameplay semplice ed efficace, proprio perché complessivamente rispettosa e fedele ai canoni che hanno reso grande ed apprezzata la serie.

Balza subito all’occhio l’approccio più accondiscendente verso il giocatore

Bastano pochi minuti in compagnia di Diablo Immortal, infatti, per sentirsi immediatamente a casa, risucchiati dal medesimo vortice di quest, loot e boss da abbattere che ci ha costretto, con le passate iterazioni, a rinunciare ad ore di sonno, alle uscite con gli amici, a costruire relazioni sane.

Già la creazione del personaggio restituisce piacevoli sensazioni, lasciando intendere che i videogiocatori più navigati troveranno pane per i propri denti. Dal Berserk, al Negromante, le principali classi sono al loro posto e l’editor vi concederà persino un’inaspettata libertà d’azione per quanto concerne la personalizzazione estetica dell’avatar. Non siamo ai livelli di una produzione Bethesda, beninteso, ma soprattutto per quanto riguarda il volto potrete selezionare diversi fattori per settare ogni dettaglio più visibile.

Una volta tornati su Sanctuarium, complice l’art design estremamente affine a quello di Diablo III, i veterani impiegheranno solo pochi secondi per avviare senza alcuna titubanza la loro avventura. Questo, a ben vedere, è il primo dei fattori che rendono Diablo Immortal un’esperienza assuefacente. Tutto è sostanzialmente già noto e nonostante bisogni picchiettare su un touch-screen, piuttosto che affidarsi a mouse e tastiera, ogni cosa scorre con estrema fluidità.

Si accettano le prime quest, si esplorano i primi scenari e si comincia a potenziare il proprio personaggio. Balza subito all’occhio l’approccio più accondiscendente verso il giocatore e sebbene si palesi sin dall’inizio una progressione estremamente guidata, la velocità con cui si accumula loot ed esperienza estasia comunque il videogiocatore, sempre alle prese con nuovo equipaggiamento e tecniche da padroneggiare.

Semplici icone permettono facilmente di individuare le armi più forti e le armature più efficaci. Le abilità speciali lasciano intuire effetti ed aree interessate tramite pratici indicatori su schermo. Selezionando la quest di turno, una scia di impronte vi consente di giungere a destinazione senza perdervi. Da questo punto di vista Diablo Immortal fa di tutto per mettere a proprio agio l’utente, ma fortunatamente ciò non coincide affatto con un gameplay privo di trovate interessanti, per quanto, alcune di queste, siano intimamente connesse all’esborso di denaro reale.

Soprattutto le prime ore le si passa a fare la conoscenza di vecchi e nuovi personaggi, molti dei quali introducono a specifiche funzioni, necessarie per potenziare il personaggio. C’è il fabbro, per esempio, che ricicla le armi, acquisendo il bestiario otterrete ricompense anche solo eliminando una certa tipologia di nemici, l’inossidabile Deckard Cain identificherà nuovamente per voi gli oggetti incanti, il gioielliere incastonerà gemme nell’equipaggiamento, tecnica fondamentale per sprigionare il vero potenziale degli armamenti in vostro possesso.

Attorno a questa meccanica si collegano le maggiori perplessità di Diablo Immortal. Le gemme, difatti, sono divise in gradi e, come facilmente ipotizzabile, per quelle più potenti bisogna sperare in un colpo di fortuna estremo (letteralmente), oppure mettere mano al portafogli e acquistare le Legendary Crest, loot box che possono (possono, sia ben chiaro) premiarvi con una Gemma Leggendaria.

Diablo Immortal, di per sé, non fa nulla per spingervi all’acquisto di un Premium Pass, che vi permette di ottenere ricompense aggiuntive ad ogni nuovo livello d’esperienza raggiunto, o delle già citate Legendary Crest. Di per sé, anzi, l’avventura risulta piuttosto semplice da affrontare. Soprattutto in gruppo, basta coordinarsi un minimo per non incontrare alcun ostacolo insormontabile, né fronteggerete un boss che necessiti un po’ di farming per essere abbattuto.

Per assurdo che possa sembrare, anche questa caratteristica concorre a rendere particolarmente intrigante il gioco. Bisogna infatti ricondurre l’esperienza al contesto per cui è stata concepita: non il salotto di casa o la propria postazione da gaming, quanto ambienti spesso affollati e confusionari, dove si usa lo smartphone per ingannare il tempo. Quest mordi e fuggi, contornate da archi narrativi altrettanto abbozzati, per quanto stuzzicanti per chi è esperto della lore del brand, si sposano alla perfezione con l’ipotetica modalità di fruizione di Diablo Immortal.

Non è un caso se su PC l’avventura dia il suo meglio solo se affrontata in party, dove la relativa superficialità generale del gameplay, viene sopperita dal divertimento che si trae dal condividere la partita con i propri amici. Con un mouse al posto del touch-screen, tra l’altro, si deve anche intervenire sul control scheme, visto che di default spostamento dell’avatar e attacco primario sono affidati allo stesso tasto, una scelta che rende gli attacchi dalla distanza complicati da eseguire correttamente. Fortunatamente, giocando con le opzioni, si può ovviare a questa scelta di design che resta comunque significativa e simbolica rispetto al concept su cui poggia Diablo Immortal.

Anche graficamente, testato sia su PC, che su un iPhone 12 Pro Max, il gioco non dispiace affatto, pur non stupendo. Gli effetti speciali si sprecano e anche le ambientazioni sorprendono per quantità di dettagli. Qualche animazione poco convincente c’è, ma il frame-rate non perde mai un colpo. Il merito, in questo senso, spetta anche al netcode, sempre perfetto, galvanizzato dalla presenza di server dedicati ed esclusivi per i videogiocatori del nostro paese, un plus non da poco, che rende ancora più coinvolgente e priva di problemi l’esperienza online.

Difficile, al momento, sbilanciarsi più di tanto su Diablo Immortal. Il gioco è assuefacente, ricco di contenuti, rispettoso della saga di cui fa parte. Sia da soli, per una partita veloce sullo smartphone, che in compagnia, per lunghe sessioni con i propri amici, il gioco ha qualcosa da dire e da dare, nonostante sia chiaro che dia il suo meglio in un contesto mobile.

Restano alcune zone d’ombra tuttavia. Innanzitutto, quanto il pay-to-win incida effettivamente sulle possibilità di potenziare il proprio personaggio, e stando ai primi riscontri della community non ci sono buone notizie in merito. Inoltre, bisogna capire che tipo di supporto offrirà Blizzard alla sua creatura nel corso del tempo. Di cose da fare ce ne sono e gli Antri Nascosti, dungeon procedurali ricchi di tesori, garantiscono una longevità virtualmente infinita alla produzione, ma va da sé che al momento si ha l’impressione di essere di fronte ad un ricchissimo e divertentissimo antipasto a cui seguiranno altre portate.

Diablo Immortal è un free-to-play, disponibile gratuitamente sia su PC che su dispositivi mobile. È una versione edulcorata dei capitoli classici della serie, su questo non ci piove, ma è un’esperienza consapevole del contesto per cui è stata concepita. Soprattutto in compagnia sa tenere incollati i videogiocatori. Il sottoscritto, per esempio, non riesce ad allontanarsi dal telefono sin dal 2 giugno, day one di questo GdR che deve ancora farsi scoprire del tutto.


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