Diablo IV, che ovviamente potete acquistare da GameStop, aveva poco da guadagnare e tutto da perdere. Con un secondo capitolo con cui è davvero difficile paragonarsi, vista l’aura di capolavoro senza tempo che ormai da anni avvolge il gioco Blizzard; dopo un terzo capitolo che ha indispettito molti, vuoi per la palette cromatica scelta, vuoi per alcune scelte di gameplay compiute; sulle spalle del nuovo capitolo di una delle serie più conosciute e apprezzate di sempre gravavano non poche attese e, soprattutto, pretese.
Vagamente sedotto da un Diablo Immortal che tutto sommato ha ben figurato, nonostante la cronica ed innata influenza negativa dovuta alla tiranneggiante presenza delle microtransazioni, in fase di pre-lancio il fan medio è stato più volte spinto a credere in un progetto che sembrava stesse prosperando rispettando i cardini, i dettami, i principi filosofici partoriti con quel capitolo originale, che oggi potremmo definire quasi seminale, e consolidati con il già citato Diablo II che continua a rappresentare lo standard, il campione, il metro di paragone di un genere intero.
Dopo decine e decine di ore passate in compagnia di Diablo IV, dopo averlo spolpato a dovere, completando la campagna principale, testando in primissima persona tutte le classi disponibili e dopo aver dato una sbirciata all’end game, sezione che molto più di altre crescerà a dismisura grazie al promesso supporto che il gioco riceverà da qui in poi, possiamo affermare con assoluta certezza che tutte le speranze fossero ben riposte. Che per una volta abbiamo fatto bene a fidarci, vista la qualità di una produzione che promette di tenerci incollati allo schermo per le settimane e i mesi a venire.
Diciamolo subito, senza giri di parole, senza che quanto stiamo per affermare influenzi in qualsiasi modo il giudizio finale di titolo che, a scanso di equivoci lo anticipiamo immediatamente, è ampiamente positivo. Blizzard, nel realizzare Diablo IV, ha giocato la carta della furbizia e dell’astuzia, selezionando attentamente cosa riproporre, pescando a piene mani dal passato del brand; innovando relativamente poco; proponendo un timido cambio di genere che all’atto pratico ha il grande merito di aggiungere, senza sacrificare un grammo (al massimo un paio, dai!) delle vibes, del mood, dell’atmosfera che da sempre si respira nei vari capitoli del brand.
Diablo IV ripropone praticamente immutata la formula che dal lontano 1996 influenza e direziona l’evoluzione degli action-RPG con visuale isometrica. Controllando il proprio avatar si esplorano ampie zone di mappa open-world o claustrofobici dungeon eliminando orde di mostri, raccogliendo tutto il loot che si riesce a reperire, completando quest più o meno secondarie e preoccupandosi, al contempo, di dotare il personaggio del miglior equipaggiamento possibile.
Come in passato, la formula di gioco si adatta alla perfezione a qualsiasi approccio. Complici i due livelli di difficoltà selezionabili, a cui se ne aggiungono altri due con l’end game, chi è interessato alla trama e a soverchiare centinaia di nemici può farlo destinando un tempo relativamente limitato alla gestione del personaggio. Chi invece intende abbracciare ad un approccio più ragionato avrà modo e maniera di creare la build dei propri sogni tra armature e armi dagli effetti più disparati ed uno skill tree che, indipendentemente dalla classe scelta, è ricco di abilità, poteri, caratteristiche sbloccabili che, a differenza del terzo capitolo, permettono davvero di dare forma e vita ad un eroe pressocché unico. La frequenza con cui si sostituisce l’equipaggiamento è sempre alta, come da tradizione del resto; il respec dello skill tree è sempre dietro l’angolo, soprattutto quando dovrete affrontare determinati boss; non è poi così difficile indovinare il set di mosse che vi renderanno relativamente infermabili, ma Diablo IV fa tutte le mosse giuste per proporre una gestione del personaggio quanto mai malleabile e al contempo profonda.
Ogni classe è caratteristica quanto basta e in questa fase tutte sono piuttosto equilibrate
Solo due caratteristiche potrebbero non incontrare le simpatie di tutti. In primis, ad ogni aumento di livello i punti abilità nelle varie statistiche vengono ripartiti automaticamente, esattamente come accadeva in Diablo III. Secondariamente, si è testimoni di un costante adeguamento di livello degli avversari, in qualunque parte della mappa voi vi troviate. Da una parte, un maggior controllo sul proprio personaggio, esattamente come accadeva nel secondo capitolo della saga, avrebbe sicuramente fatto piacere e avrebbe permesso un ulteriore grado di personalizzazione e controllo sul proprio personaggio. Dall’altra la progressione viene lievemente mortificata, sebbene questa scelta di design impedisca al videogiocatore di abbassare la guardia, a tutto vantaggio di una partecipazione sempre attiva ed attenta. Certo, dopo aver sconfitto il boss finale del gioco, suscita un po’ di incredulità il doversi difendere attivamente da uno scheletro della prima area del gioco, ma è una scelta di design che non va bocciata a priori, sebbene siamo certi che indispettirà più di un videogiocatore.
Per quanto riguarda le classi, Blizzard, anche in questo senso, ha optato per un approccio piuttosto astuto. Scegliendo coscientemente di non avventurarsi in rischiose proposte inedite, le cinque tipologie di personaggi guardano tutte al passato, pescando a piene mani anche per quanto riguarda parte dei loro skill tree. Ognuno di essi ha una gestione specifica per quanto riguarda gli attacchi speciali, esattamente come accadeva già in Diablo III. L’Incantatrice, per esempio, consumerà il proprio mana, che si ricarica automaticamente nel tempo, per investire i nemici con una scarica elettrica o un muro di fuoco. Il Barbaro, dal canto suo, può sfruttare la furia accumulata in battaglia, che si prosciugherà progressivamente se resta a secco di teste da spaccare.
Ogni classe è caratteristica quanto basta e in questa fase tutte sono piuttosto equilibrate, nonostante alcune siano più facili da padroneggiare di altre all’inizio del gioco. Il Druido, per esempio, fatica ad uscire dal rodaggio, cosa che invece al Negromante riesce benissimo sin da subito, grazie all’esercito di non-morti che combattono al suo posto.
Ciò che è più evidente con certe classi, inoltre, è la maggior godibilità del gioco con il pad, invece che con la tastiera. I veterani saranno stati colti da una mezza sincope leggendo una frase del genere, ne siamo consapevoli, ma è l’assoluta verità, purtroppo e per fortuna. L’inserimento della schivata, i pattern offensivi di certi boss, ma di tutti i nemici in generale, rendono enormemente più efficace, intuitivo ed immediato il controllo diretto dell’avatar tramite leva analogica, al contrario di quello mediato ed indiretto che è possibile utilizzando il mouse. La prontezza di riflessi e la precisione richiesta in certi momenti per evadere determinati attacchi, soprattutto quelli ad area che vengono visualizzati sulla mappa stessa, è tale che solo con il pad si riesce a completare con successo determinate strategie offensive e difensive. Ciò ha l’effetto collaterale di rendere alcune classi più divertenti da usare rispetto ad altre. Laddove il Barbaro si getta a testa bassa nello scontro, limitando relativamente l’intervento del videogiocatore, con l’Incantatrice è un continuo, e piacevole, alternare attacchi dalla distanza a rapide ritirate.
A comprova della priorità destinata al pad, inoltre, il numero di abilità utilizzabili per volta, che si adatta perfettamente al numero di tasti frontali e trigger dei pad di Xbox e PlayStation.
Sanctuarium è immensa, zeppa di dungeon, sub-quest, avamposti da conquistare, villaggi da visitare ed eventi pubblici a cui prendere parte
Novità assoluta di Diablo IV rispetto ai capitoli precedenti, la sua componente MMO già invero sperimentata e proposta in Diablo Immortal.
Premessa: Sanctuarium è immensa, zeppa di dungeon, sub-quest, avamposti da conquistare, villaggi da visitare ed eventi pubblici a cui prendere parte. Non ci si rende conto delle dimensioni del gioco Blizzard finché non ci si ritrova il log pieno di missioni a cui prendere parte e la mappa si riempie di icone ed indicatori. Certo, l’esplorazione è relativa, dal momento che ogni parte della mappa è collegata da sentieri ben delineati e delimitati, ma tra tesori nascosti e altari da trovare, la curiosità del giocatore è sempre premiata. Non si raggiunge la densità di luoghi d’interesse di un Elden Ring, ma sarebbe ingiusto e anche inesatto chiedere e pretendere qualcosa di simile anche in un Diablo.
Questo cappello introduttivo, oltre a comprovare l’estrema longevità di un titolo che promette almeno un centinaio di ore di intrattenimento per consumare tutto ciò che (almeno attualmente) ha da offrire, comprova anche la vastità dello scenario creato dagli sviluppatori. Per attraversare da parte a parte Sanctuarium serve davvero un sacco di tempo e, sebbene un po’ ripetitivi nel design, persino i soli dungeon, ancora creati proceduralmente al contrario dell’ambientazione open-world, promettono di tenervi incollati allo schermo per decine e decine di ore.
Ciò considerato, nonostante l’ampio successo di pubblico riscontrato da Diablo IV è davvero difficile imbattersi in un altro eroe con cui spalleggiarsi in qualche missione. Se nei centri abitati la sensazione di essere parte di un MMO è palpabile, se non mancherà mai qualche evento pubblico completato con l’aiuto di altri videogiocatori incontrati sul momento, è comunque difficile imbattersi casualmente in altri utenti intenti ad esplorare Sanctuarium. Ciò fa sicuramente bene al ricrearsi dell’apprezzata atmosfera che da sempre fa da sfondo al brand, l’idea cioè di essere gli unici, i soli in grado di combattere il Male. D’altra parte, tuttavia, questa relativa mancanza di altri utenti finisce per mortificare le ambizioni del titolo, che solo nella proposizione del primo boss mondiale, scontro davvero difficile e divertente, riesce ad attualizzare compiutamente la sua componente MMO. Certo, nulla vi vieta di organizzarvi tramite un clan, o accordandovi privatamente con qualche amico, ma si tratta comunque di un artificio che in parte confuta l’anima online di Diablo IV.
Nonostante qualche reticenza nella gestione del personaggio, nonostante una componente MMO meno marcata di quanto preventivato, il gioco diverte dall’inizio alla fine e il merito è anche da imputarsi ad un’ispirata direzione artistica.
Visivamente, abbandonati i cromatismi di Diablo III, il titolo propone scenari estremamente dettagliati e maledettamente oscuri. Tra superfici riflettenti, scenari generosi di panorami evocativi e animazioni quanto mai fluide, soprattutto quando si tratta di demoni che si maciullano letteralmente davanti ai vostri occhi, il colpo d’occhio è quanto mai soddisfacente, soprattutto considerando una fluidità sempre massima, in qualsiasi condizione.
La colonna sonora, dal canto, suo, sembra la perfetta crasi tra quella di Diablo II, con tanto di diretti richiami, e quella del diretto sequel. Il risultato è una soundtrack, a cui fanno da contraltare effetti sonori magistralmente campionati, tutta da ascoltare e riascoltare, capace di caratterizzare come ai vecchi tempi ogni luogo e area in cui è suddivisa questa versione di Sanctuarium.
Diablo IV diverte dall’inizio alla fine
Un’ultima nota è necessario riservarla alla trama, da sempre un elemento ben presente in ogni capitolo della serie, ma puntualmente relegata a ricoprire un ruolo secondario nell’economia del gioco. In Diablo IV questa abitudine non cambia affatto. Chi è interessato solo alla decimazione dell’esercito di demoni e a diventare più potente, può tranquillamente saltare ogni linea di dialogo e ogni cut-scene senza per questo correre il rischio di restare disorientato.
Ciononostante, mai come in questo capitolo gli sviluppatori hanno deciso di curare in ogni dettaglio l’arco narrativo. Tra scene d’intermezzo dirette meravigliosamente, dialoghi in-game e documenti che ampliano ulteriormente la lore, la trama di Diablo IV è quanto mai piacevole, ricca di colpi di scena e momenti emozionanti per chi ha approfondito la conoscenza del brand anche attraverso gli ottimi romanzi. Purtroppo (o per fortuna, anche qui dipende dal punto di vista), la conclusione propone un cliffhanger che resta irrisolto, segno che gli sviluppatori vogliono proseguire, e si spera concludere, l’intreccio con le già promesse espansioni future.
Diablo IV è un action-RPG di stampo piuttosto classico, longevo, divertente, profondissimo. Sebbene la sua componente MMO, almeno per il momento, non sia stata esplorata come si dovrebbe, la campagna principale, con annesse sub-quest, dungeon ed eventi pubblici, danno vita ad un’avventura coinvolgente e ricca di momenti epici. L’attenzione riservata alla gestione del personaggio è da applausi, mentre il bilanciamento tra le varie classi è solido e convincente. Artisticamente, virando nuovamente su tinte dark e oscure come il secondo capitolo della serie, il gioco è un autentico gioiello. Tecnicamente più che convincente, il pacchetto si completa con una soundtrack ispiratissima e una trama che allieterà i fan della saga con diversi colpi di scena. Peccato solo per un finale che potrà realmente dirsi concluso con le future espansioni. Un titolo imperdibile per gli appassionati della prima ora, che farà la gioia anche di chi è a caccia di un ottimo action-RPG con visuale isometrica. Sia da soli, che con un gruppo di fidati amici, ruberà decine e decine di ore della vostra vita senza che neanche ve ne accorgiate. |