Disintegration

Disintegration – Recensione

Pochissime persone si immaginavano che la nuova creatura di Marcus Lehto fosse un gioco “ibrido” come Disintegration. Da uno dei papà di Halo ci si aspettava un banale compitino, un altro shooter come tanti con ambientazione spaziale in uno stile che ricordasse magari Destiny. E invece no, Letho ha deciso di andare in una direzione diversa con la sua V1 Interactive, portandoci in un futuro distopico dove il transumanesimo ha preso una gran brutta piega.

Ci troviamo in una terra devastata da anni di cambiamenti climatici, tempeste, carestie e chi più ne ha più ne metta, in cui l’azienda specializzata  in robotica, la Sang Froid, ha sviluppato una nuova tecnologia in grado di rendere obsoleto il corpo degli esseri umani. Avete capito bene. Questa sorta di integrazione prevede la sostituzione integrale del corpo fatta esclusione del cervello (un po’ come accade nel film di Ghost in the Shell), il quale verrà inserito in un corpo interamente cibernetico.

Alcuni Integrati hanno visto un punto di non ritorno in questa rinascita meccanica: dopo aver provato i vantaggi dell’acciaio e dei corpi potenziati, una fazione di estremisti chiamata Rayonne ha deciso di vedere l’integrazione come unica vera evoluzione dell’essere umano. Di conseguenza, questo gruppo di fanatici ha deciso di assimilare con la forza tutte le persone rimaste “normali” (chiamate nell’ambientazione di Disintegration, “Naturali”).

Disintegration

In tutto questo caos prenderemo i panni di Romer Shoal, un famoso pilota di Gravicicli (delle moto gravitazionali), prigioniero dei Rayonne a bordo dell’aeronave Iron Cloud. Questi ultimi vorrebbero costringerlo a unirsi ai loro ranghi, e nonostante le capacità persuasive di Black Shuck (comandante in capo dei Rayonne), il buon Romer Shoal riesce a fuggire con l’aiuto dei Ribelli. Da lì iniziano le peripezie del nostro protagonista, che si troverà a dover combattere una guerra lunga “solo” dieci missioni che supera fatica la dozzina di ore. La campagna di Disintegration non è male, è bene dirlo; tuttavia ricade molto spesso nei cliché tipici del genere, con cattivi che sono davvero cattivissimi e buoni che sono proprio i buoni con i quali è facile schierarsi. Dal creatore di Halo non sarebbe stato male aspettarsi un po’ più di attenzione al comparto single player. Tuttavia a V1 Interactive si può perdonare questa piccola mancanza, anche perché diciamocelo, il team di sviluppo di Disintregration comprende pochissime persone (sotto la trentina) ed è quindi comprensibilissimo trovare qualcosa di sottotono nella produzione di un gioco che vuole avvicinarsi ai tripla A.

La campagna di Disintegration ricade molto spesso nei cliché

Probabilmente V1 Interactive ha avuto già il suo bel da fare con il gameplay e il multigiocatore di Disintegration, e viene da pensare che le loro risorse fossero probabilmente sottodimensionate per aggiungere ulteriore profondità alla campagna del gioco. Il risultato è comunque più che accettabile e va preso così com’è. Il gameplay del comparto giocatore singolo di Disintegration è leggermente diverso da quanto visto nel multigiocatore: le ampie mappe aggiungono un grosso fattore esplorativo, e muoversi fra deserti, città diroccate e boschi selvaggi risulta agevole e ben contestualizzato. Romer ha la possibilità di dare ordini ai propri compagni di squadra, raccogliere oggetti e affrontare nemici mentre avanzeremo nella storia. Nella nostra base potremo inoltre apportare diverse modifiche al Graviciclo, migliorandone le prestazioni e provando a rigiocare le missioni già fatte per aumentare la percentuale di completamento del gioco. Il tutto ovviamente fra folli combattimenti in aria sparando dal nostro Graviciclo.

Disintegration

Sì, perché il fulcro di Disintegration è proprio questo: la capacità di gestire al meglio il nostro mezzo volante, pilotando, sparando e nello stesso tempo dando ordini alle truppe a terra in modo da sopraffare l’avversario. L’idea di unire le meccaniche tipiche di uno sparatutto in prima persona a quelle dei giochi di strategia in tempo reale è sicuramente originale, ma sarà anche vincente? Sì e no. In Disintegration prenderemo il controllo del nostro Graviciclo, una sorta di motocicletta volante armata in grado di muoversi su tutti gli assi, rendendo quindi il combattimento decisamente più profondo. Allo stesso tempo però il nostro personaggio dovrà dare ordini a un massimo di quattro comprimari a terra, ognuno dotato di una specifica funzione e in grado di dare un contributo diverso negli scontri con i nostri avversari. Dopo un po’ di disorientamento dovuto all’apparente sovrapposizione di informazioni, devo dire che Disintegration risulta essere molto più intuitivo di quanto appaia a un primo esame. Dopo pochissimi minuti ero già a mio agio nello svolazzare con il mio Graviciclo, abbattendo bersagli a distanza mentre la mia squadra a terra faceva piazza pulita degli avversari distratti dal rombo dei miei motori.

Disintegration è molto più intuitivo di quanto appaia

Il multigiocatore è forse una delle parti più riuscite del gioco. Disintegration propone la formula oramai rodata e collaudata del 5vs5 in tre differenti modalità. Tutti e tre questi modi di approcciarsi al multiplayer si appoggiano su sei differenti ambientazioni che cercano di proporre la stessa varietà di contesto che abbiamo apprezzato nel comparto single player. Le tre modalità prendono il nome di Collezione, Controllo Zona e Recupero: la prima è praticamente il classico deathmatch che ci farà aumentare lo score anche abbattendo le truppe terrestri; la seconda impone alle due squadre di prendere possesso di alcuni punti di interesse sulla mappa, mantenendo il controllo il più possibile; recupero invece è una sorta di cattura la bandiera dove (invece delle bandiere) la nostra squadra dovrà acchiappare e portare via tre nuclei energetici da quella avversaria (o viceversa). Le tre modalità non spiccano in quanto a originalità, ma forse il grosso problema è la perdita del fattore tattico durante i match.

Mi spiego meglio: il controllo delle truppe di terra viene quasi subito abbandonato a favore di scontri a fuoco fra i vari Gravicicli, che diventano immediatamente fulcro e obiettivo di ogni giocatore. Insomma, l’identità di Disintegration tende un po’ a perdersi durante gli scontri in multigiocatore (sarebbe anche il caso di bilanciare qualche team).

Il comparto grafico non delude ma non esalta nemmeno: se da un lato il team ha preferito appoggiarsi allo stabile e performante Unreal Engine, dall’altro è chiaro che le capacità del motore di Epic Games non sono state sfruttate fino a fondo, e il gioco ha quindi un’estetica all’apparenza un po’ datata che rischia di penalizzarlo sul lungo periodo. Quanto detto qui sopra, assieme a pochissimi elementi distruttibili e qualche bug nella media, fanno sì che il gioco di V1 Interactive non spicchi mai davvero il volo, ed è un peccato. Ottimo invece il comparto sonoro, che sa coinvolgere (specialmente il doppiaggio).

Conclusioni

I miei dubbi dopo l’anteprima di Disintegration di qualche mese fa sono stati purtroppo confermati. Il nuovo titolo di Marcus Lehto è sicuramente interessante dal punto di vista del concept e del gameplay, ma a conti fatti ci troviamo davanti a un gioco che ha una campagna single player nella media e un comparto multigiocatore che, nel migliore dei casi, abbandona un po’ il cuore della sua stessa esperienza. Disintegration non è un brutto gioco, beninteso; potrebbe essere anzi il primo passo per un franchise che vada oltre il classico sparatutto in prima persona. Tuttavia bisogna forse ridimensionare un po’ le aspettative, perché se si hanno 30 persone a disposizione, forse tentare di inseguire i risultati dei tripla A è un obiettivo decisamente fuori portata.

Disintegration sa divertire, se preso così com’è: il gioco cerca davvero di uscire dai soliti schemi ai quali siamo ancorati da troppo tempo. Il multigiocatore sa tener incollato il giocatore (peccato per lo sbilanciamento dei Ronin) e la campagna è breve, ma godibile. Insomma, se vi piacciono gli sparatutto potete dare una chance al lavoro di V1 Interactive, perché in effetti l’idea geniale c’è, anche se è sepolta sotto un velo di mediocrità.

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