News 29 Nov 2014

Dragon Age: Inquisition – Recensione

Certe serie ti entrano nel cuore e quando glielo permetti ti esponi ad un rischio: la delusione è spesso dietro l’angolo e i fan di Dragon Age ne sanno qualcosa. Dopo un folgorante inizio con Dragon Age: Origins e la sua espansione Awakening, la serie targata Bioware ha subito un incredibile stravolgimento con il secondo capitolo: Dragon Age 2 abbandonò la profondità delle origini per un gameplay molto semplificato che ha deluso la maggior parte dei giocatori, senza considerare lo scandaloso riciclo di ambientazioni.

La strada di fronte a Dragon Age: Inquisition è stata quindi impervia sin dall’inizio: la fede cieca nelle produzioni Bioware ormai vacilla (le ferite lasciate dal finale di Mass Effect 3 sono ancora dolenti) e la concorrenza è spietata, tanto da creare una preferenza tra gli utenti per un gioco che non è ancora uscito (The Witcher 3: Wild Hunt). È sotto questa inquisizione mediatica (scusate il gioco di parole) che lo studio canadese ha dovuto ricostruire l’immagine di Dragon Age ed è sotto questa pressione che è stato sviluppato quello che, ve lo diciamo già ora, è semplicemente il miglior capitolo della serie.

Nelle Terre Centrali scopriamo la storia di Ellandra: è una maga e ha una relazione con un templare che, per amore, le restituisce il filatterio per non farla più rintracciare dai suoi commilitoni. Episodi come questo, tratti da una semplice nota trovata su un cadavere nelle prime ore di gioco, ci ricordano alcuni elementi fondamentali del mondo di Dragon Age, che ha delle peculiarità che hanno reso la serie un must per i fan dei giochi di ruolo: oltre a proporre un nemico da sconfiggere, le avventure dell’eroe del Ferelden e del Campione di Kirkwall ci hanno raccontato le storie di terre devastate da lotte tra fazioni, come ad esempio quella tra maghi e templari, che ha visto i primi a lungo soggetti al dominio dei secondi. Proprio questo scontro è culminato alla fine del secondo capitolo con la ribellione dei maghi ed è da qui che riparte Inquisition. La lotta tra le due fazioni è arrivata ad una fase di stallo ed un Conclave si rende ormai necessario per fare il punto della situazione e raggiungere, magari, una tregua.

Ma un evento del genere (a cui partecipano le più alte cariche del Thedas) è troppo ghiotto per non metterci un malvagio zampino. E se la schermata iniziale del gioco mostra maghi e templari che si recano al Conclave, la prima scena a cui assistiamo è niente meno che la sua esplosione. In un colpo solo gran parte delle alte sfere delle rispettive parti sono state eliminate, lasciando il mondo nel caos. Come se non bastasse, uno squarcio enorme si è aperto nel cielo e il nostro protagonista, oltre ad essere l’unico sopravvissuto del Conclave, pare essere anche l’unico in grado di chiudere i vari varchi che si sono aperti in tutto il Thedas.

Qui entra in gioco la carismatica e decisa Cassandra (la Cercatrice che in Dragon Age 2 interroga Varric) che istituisce in una situazione così caotica l’Inquisizione, un ordine che ovviamente saremo chiamati a guidare. Solitamente dilungarsi troppo nella descrizione della trama di un gioco è il modo più banale (e il meno indicato) per descriverlo, ma in questo caso è necessario e non perché si tratta di un gioco di ruolo. Il perché è presto detto: Dragon Age Inquisition costruisce tutta l’esperienza di gioco intorno al tema dell’Inquisizione, portando l’esperienza del genere a cui appartiene verso nuove vette di interazione con l’ambiente che vi circonda. Se inizialmente l’Inquisizione non sarà ben vista dai più, starà a voi conquistare la loro fiducia o magari, in alcuni casi, imporvi per unire le forze contro il male che dovrete affrontare.

L’imposizione non passa però sempre attraverso l’uso della forza, come vi dimostrerà la visita al Palazzo d’Inverno dove per partecipare al Gioco bisogna mostrarsi potenti ed ecco perché è buon uso lanciare soldi nella fontana.
Bioware è dunque riuscita a sfruttare il mondo che aveva già a sua disposizione e a creare un contesto per Inquisition su cui ha costruito non solo la storia ma il gameplay stesso.

La struttura di Dragon Age Inquisition è quindi molto particolare: per proseguire nel gioco non dovrete semplicemente parlare con personaggi o completare missioni della quest principale. Nella base dell’Inquisizione sarà disponibile un tavolo da guerra attorno al quale potrete convocare un Consiglio composto da voi e altri pochi fedeli che decideranno da lì le sorti dello scontro contro il temibile nemico: Cullen, ex templare già comparso nei precenti capitoli, si occuperà delle truppe, l’affascinante Josephine sarà la diplomatica del gruppo ed infine Leliana vi aiuterà con le sue spie. Insieme a loro deciderete quali missioni l’Inquisitore dovrà affrontare, ma ognuna di queste richiede dei Punti Potere per poter essere affrontata.

Questi punti si ottengono completando vari compiti nelle aree che visiterete, ad esempio chiudendo tutti gli squarci nel cielo di una zona o completando alcune missioni secondarie. Questo sistema di gestione delle quest vi spingerà ad esplorare le enormi aree del gioco, portando lo stendardo dell’Inquisizione in tutto l’Orlais e nel Ferelden. L’espansione dell’Ordine sarà tangibile non solo sul tavolo da guerra (dove vedrete le pedine dell’Inquisizione in numero sempre maggiore), ma anche durante le fasi esplorative, durante le quali incontrete sempre più soldati alleati.

Questo contesto riesce a rendere l’esperienza di Dragon Age Inquisition più coesa di quanto non lasciasse presagire il fatto che il gioco non sia a tutti gli effetti un open-world, ma bensì composto da aree (enormi) raggiungibili dal tavolo da guerra. Viene quindi sfatato un po’ quel mito dell’open-world come soluzione ideale per la creazione di un mondo credibile e comunque anche da un punto di vista di “metri quadri” non ci si può certamente lamentare: le dieci aree che potrete visitare sono veramente a dir poco abnormi, oltre che magnificamente caratterizzate.

Messer Berand è un ragazzo qualsiasi che invita Vellina (ragazza di origini nobili) ad abbandonare il padre e i suoi servitori per sfuggire alla lotta tra maghi e templari. Lui, nel frattempo, si è unito ad un culto sulle colline e la aspetta. Peccato che lei non sia mai arrivata… piccoli frammenti di vita come questo sono solo una goccia che si perde nell’oceano di quest di Dragon Age Inquisition.
Sotto il “cofano” dell’Inquisizione si nasconde un motore che dà vita alla solita struttura di un titolo Bioware, composta da una quest principale, una quest per ogni companion e una miriade di missioni secondarie che vi saranno affidate dalla moltitudine pressoché infinita di persone che incontrerete. Senza spingerci oltre quello che è il prologo della trama principale per non rovinarvi la sorpresa, possiamo dirvi che si tratta senza dubbio di una delle migliori mai partorite dai creatori di Mass Effect, con numerosi colpi di scena e spunti di riflessione piuttosto interessanti sul libero arbitrio, la fede e il potere.

Bioware inoltre si è finalmente liberata da quella opprimente gabbia fatta da scelte troppo allineate su un percorso “buono” o “cattivo”, permettendo quindi al giocatore di rispondere più spontaneamente durante i dialoghi: non c’è una scelta giusta o una sbagliata, ma solo quella più opportuna, per non dire necessaria. Una cosa però è certa: come al solito ci sono delle conseguenze.

Per essere davvero epica la storia deve essere anche popolata dai giusti personaggi e su questo fronte Dragon Age Inquisition non delude: certo, non tutti i vostri companion sono caratterizzati allo stesso modo, ma nella media possiamo dire che abbiamo avuto a che fare con i personaggi meglio descritti tra le recenti produzioni Bioware: la già citata Cassadra dovrà far fronte a importanti dubbi che metteranno a dura prova tutto ciò in cui crede, Blackwall porterà con sé tutta la malinconia e la compostezza tipiche dei Custodi Grigi, Toro di Ferro saprà essere tagliente e sboccato come pochi altri, Sera aggiungerà un pizzico di follia in ogni dialogo, Cole vi inquieterà non di rado, Vivienne sarà sempre la più arguta e aristocratica del gruppo, mentre Solas non mancherà mai di farvi riflettere sulla sorte delle vostre conseguenze. Vale la pena spendere anche due parole sulla questione delle romance: Bioware è sempre stata all’avanguardia sotto questo punto di vista e per l’occasione offre un pacchetto equilibrato con due donne eterosessuali, due uomini eterosessuali, due personaggi bisessuali e due omosessuali per la felicità di tutti utenti. Le storie d’amore possono anche essere approfondite per scoprire temi decisamente inaspettati (come relazioni basate sul BDSM, ndr) che non mancheranno di suscitare stupore nei giocatori.

La lotta è ovunque e dilania anche le famiglie: Yven, ad esempio è un templare che sfida suo fratello Brythis (mago eretico) a duello… in fondo, è quello che avrebbe voluto il loro defunto padre e Yven ha ancora la sua spada (nonché i suoi veri fratelli accanto a sé): lo scontro è inevitabile, a meno che non interveniate voi perché, sì, la diplomazia è importantissima, ma la maggior parte del rispetto lo guadagnerete affrontando le situazioni di petto ed è in queste situazioni che Dragon Age Inquisition presenta il suo nuovo combat system, a metà strada tra il tatticismo di Origins e l’azione del secondo capitolo.

La difficoltà media (decisamente alta) degli scontri vi obbligherà a mettere spesso in pausa l’azione ed entrare in visuale tattica per decidere in maniera ponderata quale azione devono compiere i vostri quattro personaggi, ognuno dei quali può essere comandato dal giocatore in qualsiasi momento. La loro progressione è ripresa da Dragon Age 2, con un punto abilità da spendere in diverse classi, diverse per ogni personaggio. I guerrieri saranno i vostri personaggi addetti alla prima linea, mentre sulla distanza troveremo maghi e arcieri, sempre che i vostri ladri non siano specializzati nel sabotaggio e nei pugnali per attacchi furtivi e letali: nel complesso il combat system si è rivelato molto profondo, capace di dare soddisfazioni, specie negli scontri nelle vicinanze di uno squarcio nel cielo. In questi casi il vostro personaggio ha la possibilità di interagire con lo squarcio stesso, indebolendo i nemici circostanti, sino alla chiusura del varco. Mentre chiude il varco, il personaggio non può attaccare e non può essere colpito, pena l’interruzione dell’azione: questo crea delle dinamiche interessanti e nuove per la serie che insieme ad una buona varietà di nemici sapranno sempre offrire un buon livello di sfida.

La Prole Oscura, i demoni, i maghi ribelli, i venatori e tanti altri nemici (alcuni del tutto inaspettati) metteranno a dura prova l’Inquisitore e la sua compagnia, ma per fortuna sarete sempre ben equipaggiati. Come ogni gioco di ruolo che si rispetti, anche Dragon Age Inquisition offre un vastissimo assortimento di armi, armature e accessori che (a differenza di quanto, scandalosamente, accadeva in Dragon Age 2) modificheranno l’aspetto dei vostri personaggi. Quel che però ci ha colpito è il sistema di crafting che ci permette di creare non solo armi e armature, ma anche i potenziamenti per ogni singolo pezzo del nostro inventario. Ogni potenziamento richiederà il corrispettivo progetto e i materiali necessari, allungando immensamente le operazioni di creazione, il tutto in favore dell’esplorazione delle aree alla ricerca dei materiali più pregiati del Thedas: vi basti pensare che potrete addirittura craftare i rilievi delle zone che visiterete, recuperando i materiali tipici del posto.

La quantità di oggetti craftabili e in generale di quest a disposizione è tale da spaesare il giocatore: vi ci vorranno una ventina di ore circa prima di entrare realmente nel cuore del gioco e capire dove si posizionano tutti i tasselli di un gameplay così complesso. A questa confusione contribuisce un complesso di quest secondarie talvolta non esaltanti, specie per i completisti che vogliono epurare le mappe da ogni segnalino: per godere al massimo questo Dragon Age Inquisition in realtà è necessario fare una scrematura e cogliere il meglio, perché (soprattutto nella prima zona, le Terre Centrali) le cosiddette “missioni FedEx” (quelle in cui non dovrete far altro che andare da un punto all’altro alla ricerca di oggetti o obiettivi da abbattere) sono in numero decisamente eccessivo.
Al tempo stesso però fa piacere vedere come alcune missioni possano modificare concretamente la mappa: se ad esempio vi trovate vicino ad un ponte distrutto, in alcuni casi è possibile attivare sul tavolo da guerra una missione per mandare degli operai a ristrutturarlo, sbloccando così nuove aree da esplorare.

Girovagando per le Terre Centrali vi potrebbe capitare di trovare un biglietto stracciato, all’apparenza inutile, ma sul quale possiamo leggere uno scambio di messaggi tra membri del Karta, spietati malavitosi nani. Parlano di una porta chiusa dentro le miniere di Valammar e litigano sul da farsi: a voi non resta che indagare sulle loro tracce, trovare le chiavi e lasciarvi stupire dall’incredibile architettura nanica.

Trascurando le sopracitate missioni da corriere, la maggior parte delle altre saprà darvi la dovuta soddisfazione grazie ad un continuo piacere della scoperta: che sia una rovina elfica o nanica difficilmente smetterete di sorprendervi dei luoghi che visiterete. A favore di questo aspetto giocano anche le ambientazioni, molto varie e splendidamente caratterizzate: tra boschi elfici di imponente bellezza, aridi deserti che ospitano le spoglie di civiltà perdute, gelide terre cristallizzate e lande piovose e oscure il panorama è sempre mozzafiato. Questa varietà è quindi supportata da un lavoro sopraffino a livello artistico e, in parte, anche a livello tecnico: il Frostbite 3 non rende visivamente bene come in Battlefield 4, ma fa comunque il suo dovere. L’aspetto di Dragon Age Inquisition è in qualche modo sempre “plasticoso”, come se fosse tutto “finto” e questo problema è accentuato dalle animazioni legnose di alcuni personaggi, ma nel complesso, come appena specificato, il risultato è più che soddisfacente.

Un altro aspetto interessante di Dragon Age Inquisition è il suo supporto alle Mantle, ovvero i driver video di AMD: sarà per il fatto che le Mantle aumentano sopratutto le prestazioni di PC già tecnologicamente superati o per il fatto che non sono ancora ben ottimizzate, ma alla fine dei conti sul nostro computer Dragon Age Inquisition ha un frame rate migliore utilizzando le care e vecchie DirectX 11, grazie alle quali il gioco riusciva a girare a 30 frame al secondo costanti a settaggio ultra (ma con un anti-aliasing abbastanza ridotto e con qualche sporadico rallentamento nei video). Trattandosi di un PC con una configurazione non proprio recentissima (processore FX-6300 esaore da 3,5 Ghz, 8 GB di RAM e una Ati Radeon HD 7850 da 2GB) ci sentiamo di dire che Bioware ha svolto un buon lavoro anche sul fronte dell’ottimizzazione.

Ritornando sul fronte artistico, è infine da brividi anche la colonna sonora, capace di sottolineare egregiamente i vari momenti e molto varia: su tutti i brani spicca il tema principale (ripreso poi più volte in chiavi diverse) a dir poco epico.

All’appello non manca neanche la modalità multiplayer che si presenta sotto forma di missioni da svolgere in co-op online, sia con amici che con matchmaking. Il personaggio utilizzato è selezionabile da una serie di classi miste proposte all’inizio della partita: più si gioca e più si avanza di livello, sbloccando anche altre classi. L’esperienza che ne consegue è una sorta di hack&slash in cui bisogna semplicemente sterminare tutti i nemici in cinque zone di un’area. L’oro raccolto è poi spendibile in uno shop separato dalla campagna principale e grazie al quale potrete equipaggiare il vostro personaggio per questa modalità. Nulla di imperdibile quindi, ma neanche da ignorare…

In conclusione…

Dragon Age Inquisition è riuscito in un’impresa sulla quale erano in pochi a scommettere: riesce infatti a riportare in auge una saga allo sbando, priva di identità, prendendo il meglio da tutti i punti di vista. La storia è perfettamente intergrata nel mondo creato precedentemente e anzi lo sfrutta per produrre un contesto credibile e che sostiene l’intero sistema delle quest. La “pigrizia” dimostrata nella realizzazione del secondo capitolo è accantonata in favore di un livello di approfondimento e di varietà senza precedenti per Bioware: basta dare uno sguardo al Codex, che da solo potrebbe tenervi impegnato per ore ed ore leggendo le storie di popoli e imperi ormai caduti o approfondendo la conoscenza degli eventi in corso.

Anche da un punto di vista strettamente contenutistico Dragon Age Inquisition è dunque imponente: per la quest principale potrebbero non bastarvi cinquanta ore, mentre per il completamento di tutto il resto non è difficile superare le cento ore e raramente (forse solo un po’ all’inizio) vi potrete annoiare.
Bioware si è fatta dunque perdonare e si ripropone ad un target decisamente hardcore: a parte qualche concessione fatta sui combattimenti, il ritmo medio del gioco è tale da scoraggiare coloro che non amano il genere, mentre per tutti gli altri il ritorno nel Ferelden e nell’Orlais è come un’ascesa nel paradiso dei giochi di ruolo.

Voto: 9/10

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