Siamo stati a Milano la scorsa settimana per provare con mano Dragon Quest Builders, il sandbox action RPG di Square Enix previsto in Europa per il prossimo 14 ottobre su PlayStation 3, PlayStation 4 e PS Vita. Un gioco che nella sua idea di base non può impedirci di pensare a Minecraft, sebbene il tutto sia trattato in maniera molto più blanda e con una struttura tipicamente nipponica, rispetto al sandbox che fu di Notch.
Come anche i muri ormai sanno, Dragon Quest Builders è ambientato ad Alefgard, dove si sono svolti gli eventi del primo Dragon Quest; eventi dai quali questo nuovo titolo riparte, sfruttandone il finale parallelo per posizionarsi su quella linea temporale che vede le forze dell’oscurità aver inghiottito la luce, lasciando a noi il non facile compito di ricostruire un mondo distrutto e corrotto. Eccoci dunque vestire i panni di un nuovo personaggio (maschio o femmina, a nostra discrezione), senza memoria del proprio passato ma, come scopriremo ben presto, dotato di una abilità unica: il potere di creare oggetti da materiali grezzi.
Guidati dalla voce di uno spirito benevolo, e molto paziente considerato l’iniziale blando interesse del protagonista, riprendiamo familiarità con il nostro corpo intorpidito da un lungo sonno e veniamo messi a conoscenza della situazione: il crudele Dragonlord ha messo a ferro e fuoco il regno, indebolendolo, liberando orde di mostri lungo le sue terre, ma soprattutto ha privato gli abitanti della loro abilità di costruire. Alefgard è diventato così un mondo sterile, costellato di rovine che sono la memoria di un passato lontano mentre i suoi abitanti, persa la speranza di un futuro, si limitano a una egoistica sopravvivenza. Sta a noi ergerci a baluardo di una speranza dimenticata, tenendo sempre bene a mente che non siamo Eroi ma Costruttori; il nostro compito non è lanciarci in battaglia spada alla mano per falciare sciami di creature dalle intenzioni ostili, bensì utilizzare il nostro ingegno e le capacità manuali per riportare il regno al suo antico splendore.
Seguiti da una telecamera che si posiziona in quella via di mezzo fra la terza persona e il volo d’uccello, comincia nelle Pianure di Cantlin il nostro hands on, che si rivela essere un lungo tutorial mascherato da gameplay e dal quale abbiamo appreso giusto i fondamentali del gioco: nonostante due ore serrate in cui abbiamo approcciato il sistema di costruzione, esplorato il necessario e combattuto il minimo indispensabile, la nostra sensazione è che ne servano almeno altrettante per dire di aver iniziato a giocare davvero a Dragon Quest Builders. Dopo aver rivendicato il terreno grazie a uno Stendardo della Speranza (che funge anche da punto di salvataggio), è tempo di rimboccarsi le maniche e ricostruire Cantlin seguendo le direttive di un NPC che si unirà a noi dopo aver visto sventolare lo stendardo: scopriamo così che non basta piallare il terreno e riposizionare i blocchi di materiale ottenuti per considerarci costruttori, perché Alefgard sarà anche in rovina e i suoi abitanti completamente estranei al concetto di manifattura, ma un minimo di logica almeno dietro l’architettura rimane.
Un edificio risulta infatti completo, ovvero arredabile, solo se dispone di pareti alte due blocchi, una porta e una fonte di luce, sia essa una semplice torcia o un braciere; questo lo rende una stanza vuota, che potrà poi essere “evoluta” a camera da letto, cucina, officina, a seconda delle esigenze e di ciò che vi conterrà. Il gioco è guidato da un ciclo giorno/notte, ed essendo il buio alleato delle creature più forti, è consigliabile avere sempre come prima cosa un giaciglio dove riposare, recuperare le forze e aspettare il mattino. Nuovi oggetti possono essere craftati al banco da lavoro, che si divide in “rudimentale”, sfruttato per la costruzione di oggetti semplici e facile da trovare anche durante la fase esplorativa, oppure “specializzato”, utilizzabile per le elaborazioni più complesse.
Un gioco che nella sua idea di base non può che farci pensare a Minecraft
Mentre siamo impegnati a fare e disfare, servendoci anche di planimetrie da stendere a terra per soddisfare al meglio eventuali richieste architettoniche, ci accorgiamo di due cose: entrato in possesso di un nuovo materiale, il protagonista sarà in grado di pensare a come utilizzarlo in uno o più modi, suggerendo così la sua abilità di discernere cosa può essere realizzato, oltre alla capacità manuale stessa; in secondo luogo le nostre azioni saranno d’esempio per i cittadini che, inizialmente ancora sotto l’effetto della maledizione di Dragonlord, prenderanno poi parte alla ricostruzione lavorando in autonomia all’interno di stanze apposite e depositando nei bauli oggetti e/o materiali utili. Importante è costruire gli edifici entro il perimetro della città, riconoscibile perché più chiaro rispetto all’ambiente circostante, altrimenti gli abitanti non li prenderanno in considerazione e le nostre fatiche saranno state del tutto sprecate.
Presa dimestichezza con gli edifici e gli oggetti elementari da inserirvi, è tempo di pensare alle decorazioni, fondamentali per ottenere punti esperienza e aumentare il livello della base – utile a sua volta per attirare nuovi abitanti, migliorare la struttura della città, ottenere nuove side quest, e altro ancora. Dalla cassa di legno al vaso di terracotta, fino a oggetti esteticamente più gradevoli, ciascuno offre un determinato ammontare di esperienza, ma attenzione a non trasformare le quattro mura in stanze piene di ciarpame: la gente deve viverci, non soffocare. Va inoltre ricordato che distruggere oggetti o edifici sistemati in precedenza detrarrà dalla barra dell’esperienza lo stesso ammontare di punti ottenuti con il loro posizionamento. Nessuna scorciatoia per il Costruttore!
La conclusione dell’hands on ci ha visto impegnati nella difesa di Cantlin contro un’orda di scheletri intenzionati a distruggere lo Stendardo della Speranza. Dimenticate il sistema di combattimento tipico degli episodi regolari e pensate più a quello di Dragon Quest Heroes: la telecamera non abbandona mai la terza persona, inquadrando il nostro alter ego impegnato a menare fendenti con l’arma equipaggiata e fare a pezzi gli incauti assalitori. Sfortunatamente la battaglia si è rivelata troppo breve e semplice per consentirci di scoprire le eventuali conseguenze dovute alla distruzione dello stendardo, né sappiamo se queste incursioni si ripeteranno a caso durante la nostra avventura oppure saranno contestualizzate alla missione in corso; allo stesso modo non ci è stato suggerito se, al di là della difesa del centro abitato, i cittadini potranno partecipare attivamente con noi all’esplorazione e fornirci supporto durante gli scontri.
Dragon Quest Builders è un titolo ambizioso, soprattutto in Occidente dove l’impronta di Minecraft è tuttora molto forte e proprio per questo potrebbe rappresentare tanto un punto a favore, avvicinando anche quegli utenti che non hanno mai apprezzato il masterpiece dei sandbox, quanto un deterrente per i puristi del genere. In questa scommessa, tuttavia, Square Enix si avvale di un titolo sinonimo di garanzia: l’immaginario affascinante dell’universo di Dragon Quest è ben noto e gli iconici tratti di Akira Toryama sembrano sposarsi bene persino con il mondo cubettoso di questo nuovo titolo, accompagnato da un comparto sonoro che dispone di un archivio ricco e sempre efficace dal quale attingere. Abbiamo potuto notare il buon lavoro di adattamento a una periferica come il joypad, notoriamente più scomoda rispetto a mouse e tastiera in questi generi, e una altrettanto buona organizzazione dell’HUD, piuttosto intuitivo.
La babele di menu e sottomenu ci ha invece messo in leggera difficoltà soprattutto quando si trattava di richiamare gli obiettivi delle side quest: essendo nelle fondamenta più vicino a un sandbox che a un action RPG, averli organizzati secondo una logica tipica da J-RPG potrebbe risultare confusionario in futuro, quando le missioni saranno molteplici e i committenti fuori dalla nostra portata, ma per capire se sia davvero un punto a sfavore dovremo aspettare il 14 ottobre. Resta infine da comprendere se la combinazione sandbox/RPG reggerà sulla lunga distanza e se Dragon Quest Builders è intenzionato a offrirci una narrazione lineare, con missioni primarie e secondarie strutturate, oppure uscirà un poco dai binari per consentirci un’esperienza più open world.