dragon quest VII recensione
13 Set 2016

Dragon Quest VII: Frammenti di un Mondo Dimenticato – Recensione

Dragon Quest VII non fu Final Fantasy VII. Nonostante i due titoli si affiancarono in qualche modo nel periodo d’uscita, i due titoli maggiori di Square Soft e Enix, prima della fusione che conosciamo oggi, avevano una storia piuttosto diversa. Se la prima aveva spinto in modo pionieristico l’uso della grafica 3D nel suo gioco di ruolo di punta, Enix non era pronta a fare il salto, e cercò di sfruttare le capacità di memoria dei nuovissimi supporti ottici, i CD, in un modo tutto nuovo, restando fedele alla grafica bidimensionale che caratterizzava la popolare serie.

Ciò che nacque allora viene ricordato ancora oggi come uno dei j-rpg bidimensionali più mastodontici mai visti, con un livello contenutistico senza precedenti, ed è quello che conosciamo oggi come Dragon Quest VII: Frammenti di un Mondo Dimenticato, arrivato per la prima volta in Europa con questo remake, su 3DS. A differenza del ben noto Final Fantasy VII infatti, quella di Dragon Quest in Europa è una storia un po’ travagliata: fatta di alti e bassi che hanno spesso messo un freno alla sua pubblicazione. Grazie agli sforzi di Nintendo e Square Enix però, abbiamo finalmente tra le mani uno dei titoli più chiacchierati del panorama j-rpg. Scoprite perché!

Dragon Quest VII

La prima regola madre di un gioco di ruolo, indipendentemente che sia giapponese o occidentale, è che deve avere un mondo interessante, credibile e quantomeno plausibile. Siamo quindi abituati proprio a quel tipo di viaggio o avventura che ci getta all’interno di un mondo sconosciuto, di un microcosmo di luoghi e ambientazioni dove i nostri personaggi dovranno superare prove e dilemmi. Dragon Quest VII non si discosta molto da questo “dogma”, proponendo un mondo… vuoto. In un primo momento infatti, il nostro eroe e i suoi compagni d’avventura (e marachelle) Kiefer e Maribel vivranno in un’isola apparentemente circondata da uno sconfinato oceano vuoto, privo di altre terreferme e abitanti. Mossi dall’irrefrenabile curiosità giovanile e dalla voglia di avventure, insieme al Principe Kiefer esploreremo delle misteriose rovine vicino la nostra città natale: un vero e proprio tempio dimenticato che grazie a delle antiche tavole di roccia può portarci verso nuovi mondi.

Dragon Quest VII stupisce in piccolo, con le sue tantissime storie da raccontare

Qui ha davvero inizio la nostra avventura, un’esplorazione alla cieca di misteriosi mondi, a prima vista accomunate dalla stessa sorte della madrepatria dei protagonisti, e da un misterioso legame con il Tempio dei Misteri. Dragon Quest VII: Frammenti di un Mondo Dimenticato fa quindi uso di una struttura narrativa inusuale per il genere, portandoci ad esplorare tante piccole (o grandi) isole ognuna con la sua storia ed i suoi personaggi. Sia chiaro, l’esperienza mostra il fianco a tante critiche, soprattutto sul fronte della scrittura, a volte un po’ debole e scontata, ma la quantità di linee di dialogo e lo spessore di ogni singolo NPC del mondo riescono a dare un senso di coerenza e profondità al mondo di gioco, in perfetta linea con altri capitoli della serie. Una struttura “episodica” che vede ogni isola come un mondo a sé, ambientato in un passato remoto, e piagato da svariati problemi che i nostri eroi dovranno risolvere.

La struttura si sposa benissimo con la portabilità del 3DS, dando un senso di progressione anche dopo qualche ora di gioco, ma a risentirne è ovviamente la trama orizzontale, il filo conduttore che lega queste misteriose isole al mondo dei nostri protagonisti, che appare piuttosto classica (forse troppo) e non sorprende più di tanto. Dragon Quest VII stupisce in piccolo, con le sue tantissime storie da raccontare: nel corso della vostra corposa avventura, si parla di circa 80 ore per la trama principale (senza contare la miriade di attività secondarie), incontrerete villaggi i cui abitanti sono stati tramutati in pietra, o invasi da un esercito di automi senza pietà. Nonostante la sua mole sconfinata insomma, Dragon Quest VII funziona meglio di quanto si potesse immaginare, anche a distanza di anni. Cosa che, e qui mettiamo le mani avanti, gli permette anche di spiccare rispetto ad un gameplay estremamente classico.

Dragon Quest VII

La serie Dragon Quest, pur avendo dalla sua una lunghissima e complessa storia, non si è mai distanziata nelle sue uscite principali dal gameplay che la ha sempre caratterizzata. Un sistema di combattimento rigorosamente a turni, con l’introduzione in questo specifico capitolo (proprio come il sesto) di un complesso e profondo sistema di vocazioni, vere e proprie classi che permettono ai personaggi di mettere in atto strategie sempre diverse. Dragon Quest VII non è da meno, e propone un sistema di combattimento a turni estremamente classico: attacco, difesa, magie, tecniche e la nota opzione di poter usare oggetti e fuggire dallo scontro. Tutto regolare, insomma? Sì e no: se ad un’occhiata superficiale il titolo può apparire poco sorprendente, ad un certo punto della trama principale ci verrà data la possibilità di scegliere una vocazione (guerriero, eroe, paladino, prete e così via) per i nostri personaggi.

Usare una vocazione piuttosto che un’altra, oltre a cambiare sistematicamente l’efficacia di un personaggio all’interno dell’economia del party, permette di aumentarne il livello e conseguentemente di poter sbloccare vocazioni avanzate. L’uso delle vocazioni è imperativo, come lo saranno le classi mostro nelle fasi più avanzate del gioco. Proprio per questo motivo, è fin da subito chiaro come Dragon Quest VII, oggi come allora, è fortemente basato su questo sistema, risultando anche in questo remake complesso ma oltremodo accessibile.

Far salire di livello i personaggi è un gran da fare, e lo stesso sarà per le vocazioni, nonostante in questo remake sia stato velocizzato in parte il sistema: il gameplay ne giova in profondità e in divertimento, ma pone questo titolo come un j-rpg durissimo e difficile da padroneggiare, adatto sicuramente agli appassionati piuttosto che ai neofiti del genere, o più specificatamente della serie Dragon Quest. Più di una volta ci siamo trovati in difficoltà, nonostante del grinding piuttosto sfrenato, proprio perché il titolo, in perfetto stile Dragon Quest, è stato pensato come un’esperienza dedicata agli appassionati che se ne frega, un po’ altezzosamente, di venire incontro ai gusti e alle esigenze di un pubblico nuovo.

Dragon Quest VII sarà anche old-school, punitivo e richiede una certa dose di tempo libero, ma sul fronte accessibilità il lavoro svolto in questo remake è sicuramente lodevole

Ma del resto è anche questo il fascino di Dragon Quest VII, che affianca all’immensa avventura principale anche una serie di attività collaterali, che vanno ad aggiungersi alle già molteplici missioni secondarie, e che tra un dialogo e l’altro, ci permettono anche di dare vita ad una vera e propria colonia di mostri. Tramite un particolare oggetto infatti, sarà possibile convincere i mostri durante gli scontri che sì, c’è posto anche per loro in questo duro mondo e che c’è un villaggio fatto apposta per loro ad attenderli. Questo elemento secondario, totalmente evitabile se si preferisce concentrarsi sull’avventura principale, offre una serie di quest di ricerca piuttosto interessanti: saremo incaricati infatti di cercare in giro per il mondo i mostri che si nascondono tra gli umani, per convincerli ad una nuova vita tra i loro simili.

Se si pensa alla quantità di contenuti presenti in Dragon Quest VII, la sensazione di spaesamento è sicuramente prepotente: proprio per questo uno degli elementi cardine dell’esperienza, la ricerca dei frammenti delle tavole di pietra che ci permettono di raggiungere mondi sconosciuti, è stato sensibilmente migliorato. Avremo infatti a disposizione un radar che brillerà se in zona è presente un frammento, aumentando l’intensità del bagliore quando saremo più vicini. Dragon Quest VII: Frammenti di un Mondo Dimenticato sarà anche old-school, punitivo e richiede una certa dose di tempo libero, ma sul fronte accessibilità il lavoro svolto in questo remake è sicuramente lodevole.

Dragon Quest VII

Discorso analogo per quanto riguarda la componente tecnologica: pur non brillando in quanto a dettagli (dopotutto questo è uno dei titoli più vecchi nel catalogo 3DS, uscito in Giappone qualche anno fa), il mondo di gioco in 3D è di sicuro impatto. La world map è liberamente percorribile, e ogni isola ha degli elementi che la differenziano dalle altre. La modellazione poligonale è eccellente, così come la direzione artistica di Akira Toriyama, dando anche a questo Dragon Quest una personalità ed una eccentricità uniche.

Cosa sarebbe, piuttosto, un Dragon Quest senza le sue evocative musiche? Sicuramente un j-rpg impoverito da alcuni dei brani più iconici ed evocativi della storia del genere, presenti anch’essi in questa edizione in tutta la loro “classicità”. Tra una linea di dialogo e l’altra, e un dungeon e una boss fight, sentire queste familiari melodie ha sempre il suo fascino.

Conclusioni

Dragon Quest VII: Frammenti di un Mondo Dimenticato è un’esperienza di altri tempi, che richiede impegno e pazienza per essere apprezzata nella sua interezza. La trama, pur non brillando di originalità, offre una struttura inusuale che oltre a sposarsi bene con il gioco portatile permette di vivere tante piccole (e grandi) avventure spezzando la monotonia e la pesantezza di un titolo estremamente longevo. Questo aspetto è stato chiaramente allargato alle vocazioni, che nella loro complessità (sul fronte della gestione dell’esperienza) permettono al giocatore di prendere confidenza con il sistema, e di riuscire a trovare nell’arco delle quasi 100 ore ciò che più è indicato al proprio stile di gioco.

Se vi piacciono i giochi di ruolo a turni, impegnativi, con un mondo immenso liberamente esplorabile ed una grafica 3D piuttosto riuscita, allora probabilmente questo è il Dragon Quest che fa per voi. Tutti gli altri potrebbero voler procedere verso questa particolare esperienza con i cosiddetti piedi di piombo: se poi siete cultori dell’eccesso e del dolore, potreste trovarvi di fronte ad una delle esperienze più appaganti del genere degli ultimi anni. Noi vi abbiamo avvisato!

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