Dodici anni. Tanti ne sono passati da quando un capitolo ufficiale della serie Dragon Quest ha fatto il suo debutto su console in Europa. Dragon Quest VIII: L’Odissea del Re Maledetto, non ne faccio mistero, è il mio preferito in assoluto e non perché sia stato il primo che abbia giocato ma per il fatto che i personaggi, il mondo aperto all’esplorazione e il sistema di combattimento a turni hanno mostrato un’attenzione, una cura per i dettagli incredibile. Se aggiungiamo che lo stile grafico apparteneva ad Akira Toriyama, cosa avrei potuto volere di più? Nel corso del tempo mi è mancato un gioco che eguagliasse l’estensione dell’ottavo capitolo: ho giocato i musou Heroes, gli altri capitoli su Nintendo 3DS, anche Dragon Quest Builders che ho trovato intrigante a modo suo, ma la mancanza di quanto avevo sperimentato nel 2006 era un tarlo implacabile. La pubblicazione di Dragon Quest XI: Echi di un’Era Perduta solamente in Giappone non mi aveva fatto sperare sulla possibilità di vedere, alla fine, un degno successore dell’ottavo capitolo. Immaginate dunque il mio entusiasmo quando non solo c’è stata la conferma di una versione occidentale ma che avrebbe avuto doppiaggio inglese completo anche al di fuori delle cutscenes (quella giapponese è soltanto testo) e molto altro che l’avrebbe differenziata dall’originale – e proverò a spiegarvi nella maniera più esaustiva possibile.
Una velocissima premessa, prima di cominciare: la campagna pubblicitaria di Dragon Quest XI ha sempre avuto uno slogan preciso: “The Legend Reborn”, al quale personalmente darei due sensi. Anzitutto c’è il meta significato, che fa riferimento ai numerosi cambiamenti occorsi fra le due versioni al punto da rendere quella occidentale ben più di un semplice porting, e l’interpretazione invece più letterale riguardo il concetto per cui il personaggio principale (muto e dal nome a nostra scelta, come tradizione vuole) è la reincarnazione di un leggendario eroe del passato. Detto questo, scopriamo da vicino l’anteprima.
La prima delle due demo disponibili nel corso di un evento dedicato a Londra mi ha introdotto proprio a quanto detto poco sopra: il sedicenne protagonista scopre di essere il Luminary, figura destinata alle più grandi imprese per le quali, seguendo la linea che traccia il classico viaggio dell’eroe, dovrà lasciare il piccolo villaggio in cui è cresciuto, Cobblestone, per dirigersi a Heliodor City e informare il sovrano della sua vera, leggendaria natura. Gli abitanti del villaggio gli lasciano convenientemente in dono un cavallo, che di per sé non rappresenta una vera e propria novità: in Dragon Quest VIII, sebbene piuttosto avanti nel gioco, vi veniva donata la Campana di Baumren per chiamare a voi in qualsiasi momento un Koguar da cavalcare. Rimane però il fatto che il nostro eroe può muoversi liberamente e velocemente fin da subito e che grazie alle campane (!) sparse nel mondo di gioco potrà richiamare la cavalcatura quando vorrà. Una volta a contatto con l’esterno noteremo la prima vera novità di Dragon Quest XI: basta incontri casuali, i mostri sono ben visibili sul nostro cammino e ci inseguiranno o scapperanno in base al nostro livello. Quando in sella al nostro fido destriero, inoltre, possiamo evitare gli scontri semplicemente facendolo scattare in avanti e travolgendo i nemici lungo il percorso: questo non ci dà alcun punto esperienza ma è piuttosto comodo e divertente a vedersi. Come ogni JRPG, l’introduzione è sempre piuttosto lineare e non permette molto in termini di esplorazione… ma è di Dragon Quest che stiamo parlando, non preoccupatevi che avrete fin troppe ore da spenderci. Tornando al combattimento, su PlayStation 4 è stata aggiunta una nuova modalità chiamata “Free-Form-Fighting”: semplicemente l’esperienza diventa action e possiamo correre entro il limite del campo di battaglia per colpire i mostri da qualsiasi punto. Non inficia sul danno inflitto, ergo non aspettatevi di fare più male colpendo alle spalle.
Dragon Quest XI: Echi di un’Era Perduta si prospetta un grandissimo ritorno su console
L’alternarsi del ciclo giorno/notte ha ovviamente un impatto sulla vita che ci circonda, sia degli esseri umani sia dei mostri: i primi terranno dei comportamenti diversi in base al momento e, similmente, ci saranno delle creature più propense a mostrarsi quando cala il sole – in genere più forti di quelle che troveremmo altrimenti. Una volta presa confidenza con le basi, che vista la consolidata abitudine non ha richiesto molto tempo (anche se Dragon Quest XI si apre molto bene anche ai neofiti della serie), sono passata alla seconda demo, quella più interessante poiché davvero inedita (la prima era già stata mostrata al PAX East). Questa volta il nostro eroe si trova in compagnia di altri personaggi: lo scanzonato ladro Erik, capelli blu a punta e pugnali come arma fidata, il cui atteggiamento burbero nasconde in realtà un animo buono; la guaritrice Serena, che si prende cura della squadra suonando la sua lira – ma non crediate che si limiti solo a questo; la maga Veronica, una bimba prodigio che tuttavia odia essere trattata da bambina; da ultimo, verso la parte conclusiva della demo, l’artista itinerante Sylvando, la cui versatilità gli permette di impugnare armi a una mano, fruste o pugnali. Assieme, meno Sylvando, erano accampati non troppo lontano dalla città nel deserto verso cui erano diretti e questo mi ha dato la possibilità di esaminare un altro aspetto del gioco: appunto, l’accampamento. Essenziale durante i viaggi lunghi ma non disponibile a piacimento, durante questi momenti di quiete possiamo chiacchierare con i nostri compagni, comprare/vendere oggetti dal negozio e, la meccanica che più ho preferito, forgiare. Cosa? Un po’ di tutto, dalle armi fino alle armature e gli oggetti. Tutto ciò che ci serve sono i giusti materiali e la competenza necessaria: la forgiatura è infatti un minigioco ma allo stesso tempo una meccanica da saper gestire al meglio per evitare di realizzare dei veri e propri, inutilizzabili obbrobri.
Lo schermo sarà principalmente occupato dalla nostra creazione incompleta, che bisogna aggiustare a suon di martello per darle la sua vera forma. Ogni oggetto è suddiviso in diverse sezioni, ciascuna delle quali deve essere lavorata in modo preciso cercando di riempire l’indicatore entro e non oltre il limite consentito, pena la deformazione (visibile) del nostro supposto capolavoro. In quanto fabbri inesperti, inizialmente avremo a disposizione soltanto “Bash”, un colpo secco che riempie il metro fino a un determinato punto. Va da sé che cercare di forgiare armi complesse a un livello di competenza basso è compito impossibile perché più sono articolati e più i lavori richiedono una certa raffinatezza nell’esecuzione, che si traduce in indicatori difficili da riempire con una semplice martellata. Nella demo l’eroe aveva già acquisito qualche competenza necessaria a un lavoro di fino, dandomi così accesso al comando “Flourishes” dove si trovano tutte le abilità che in quanto fabbri apprenderemo con l’esperienza. “Lightening Bash” ad esempio è un colpo più leggero, adatto quando si devono affinare le lavorazioni, mentre “Double Edge Bash” può influenzare in verticale due indicatori. In qualsiasi momento possiamo scegliere “Appraise” per valutare lo stato del lavoro e capire la direzione che stiamo prendendo. La corretta forgiatura premia con una o più “Perfectionist Pearl”, indispensabili quando si vuole rifinire un oggetto già in nostro possesso: non è una possibilità a basso costo, perciò siate sempre sicuri di come spenderle. Se la forgiatura si limita a questo, direte, è una passeggiata nel parco: in realtà Dragon Quest XI aggiunge quel pizzico di sfida con i Focus Points, senza i quali non possiamo dare nemmeno una martellata piccola piccola. Disponibili in quantità limitata che probabilmente dipende dal nostro livello di talento (non ho avuto modo di verificarlo), ci obbliga a pianificare ogni forgiatura con attenzione per evitare di lasciare scoperti alcuni indicatori e, inevitabilmente, fallire nelle nostre intenzioni sprecando così materiali preziosi. Le potenzialità di questa meccanica sono tutte da esplorare e non vedo l’ora di capire fino a che punto si evolverà e se, come penso, sarà l’unico sistema per ottenere gli equipaggiamenti migliori del gioco – non è detto, ma sono molto propensa a credere sarà così. È chiaro che la possibilità del fai-da-te pone un’enfasi ancora maggiore su un’esplorazione che ogni JRPG spinge il più possibile, e considerata la bellezza e la vastità del mondo che Dragon Quest XI sembra suggerire può solamente essere un valore aggiunto.
Dopo essermi intrattenuta forse più del dovuto con la forgia (vi assicuro che a un certo punto è un’assuefazione), mi sono spostata verso la mia destinazione concedendomi giusto qualche combattimento nel mentre. Non spendo parole a riguardo perché, da quanto ho potuto vedere, funziona proprio come la serie ci ha abituato nel corso del tempo: a turni, con una varietà di scelte da compiere e la possibilità di cambiare equipaggiamento durante lo scontro senza perdere l’azione. Il tutto vale anche se state usando la Free-Form Fighting. Un aspetto che ho trovato interessante è come il gioco gestisce la progressione delle quest. Non c’è alcun indicatore palese a indicarci quale direzione prendere, bensì gli NPC sono caratterizzati da fumetti di vario colore che indicano la loro importanza: rosa per le missioni principali, bianco per il testo breve, azzurro per il testo lungo e viola per quei personaggi che hanno missioni secondarie da affidarci. Si tratta di un sistema molto intuitivo che ci permette di capire come procedere in base alla necessità del momento. Dragon Quest XI presenta inoltre alcune lievi sezioni platforming che servono a mostrare la verticalità degli ambienti di gioco, dal momento che l’eroe può saltare per raggiungere punti più alti.
Il 4 settembre ci aspetta un’avventura tutta da ricordare
Per concludere, poiché si lega anche alla progressione della storia principale, abbiamo un’ulteriore novità con cui intrattenerci: le corse a cavallo. Proprio in questa città ho potuto provare la mia prima Bronze Cup in sella al mio fido destriero, diverso da quello utilizzato in campo aperto. Non essendoci la possibilità di scegliere cavalcatura prima di cominciare, è possibile che venga assegnata in automatico ma non è un aspetto che sono riuscita ad approfondire, perciò mi rimetto al beneficio del dubbio. Lo svolgimento è piuttosto semplice: bisogna completare un determinato numero di giri tenendo sotto controllo la stamina del cavallo, che si consuma galoppando, e nel caso ripristinarla grazie a delle fonti di energia sparse lungo tutto il percorso. Come primissima competizione è stata semplice ma la presenza di diversi ostacoli volti a rallentare la corsa hanno dato un’idea su come potrebbero complicarsi le cose a mano a mano che si procede. Gareggiare era richiesto dal figlio del Sultano come favore affinché intercedesse per noi facendoci ottenere il permesso per attraversare il deserto, dove la demo si è conclusa con un’epica battaglia contro il boss – aiutati da Sylvando.
Ho appoggiato il controller più che soddisfatta della prova. Dragon Quest XI: Echi di un’Era Perduta si prospetta un grandissimo ritorno su console (del resto Famitsu gli ha assegnato un pieno 40/40), con un affascinante stile artistico che mescola cel shading e fotorealismo per regalarci ancora una volta le sensazioni che al tempo fecero grande Dragon Quest VIII. Sia i menu sia l’interfaccia utente hanno avuto una revisione completa che li porta a somigliare di più al suo predecessore spirituale. Come ho scritto in apertura il gioco è il ritorno della serie su console ma è anche l’esordio su PC: per questo motivo, in aggiunta alle altre caratteristiche per cui la versione occidentale si differenzia dall’originale, i possessori di computer potranno godere di un 4K nativo assieme a funzionalità e impostazioni non disponibili su console. In nessuno dei due casi, ad ogni modo, si tratta di un semplice lavoro di copia-incolla. Dragon Quest è una serie molto legata alla sua tradizione ed è forse questo il suo maggiore punto di forza: reinventarsi senza mai cambiare davvero. Il 4 settembre ci aspetta un’avventura tutta da ricordare e, per i più esigenti, c’è la Draconian Quest: una modalità personalizzabile per gestire il livello di sfida come più vi aggrada, cercando di ottenere il massimo impegno dall’esperienza.