Dragon's Dogma 2

Dragon’s Dogma 2 ti strappa il cuore – Recensione

Quando l’avventura chiama, Capcom risponde. Magari non lo farà con una gran rapidità, ma è difficile mettere in discussione il tempismo con cui Dragon’s Dogma 2 (prenotabile da GameStop, a questo link) si presenta sui nostri PC e console. Sono passati ormai più di dieci anni dall’uscita del primo capitolo e della sua “re-release” Dark Arisen, e la volontà di riprendere in mano il brand si è andata a incastrare favorevolmente con 2024 che, per una volta, non vede titoli delle serie Resident Evil o Monster Hunter monopolizzare i calendari della casa giapponese.

L’occasione per il team diretto da Itsuno è ghiotta, perché dopo un 2023 straripante di titoli eccezionali anche quest’anno si è partiti col botto, soprattutto a febbraio abbiamo avuto un discreto affollamento di titoli di spessore come Persona 3 Reload e Final Fantasy VII Rebirth, ma pare essere finalmente arrivato un piccolo momento di tregua che è l’ideale per le esperienze single-player di questo tipo, corpose ed esigenti.

E credetemi, ci sarà davvero bisogno di tempo per godervi appieno la vostra avventura in Dragon’s Dogma 2! Se chi ha giocato il primo capitolo sa già più o meno cosa attendersi (e infatti sfrigola come la pancetta di drago su una padella bollente), i nuovi arrivati potrebbero invece aver bisogno di una guida, di qualcuno che possa mettere le lucine su un percorso consigliato verso la fruizione di un gioco che è davvero molto, ma molto, peculiare.

Innanzitutto proviamo a collocare un po’ il genere, considerando come sia nella comunicazione ufficiale, che nelle prove più o meno recenti del titolo (leggi la nostra anteprima), non si sia avuta l’occasione di testare la struttura portante del gioco, essendo invece stati trascinati con tutte le scarpe in contesti ricchi di situazioni, eventi e tanto dinamismo.

Ma è lui o non è lui? Certo che (non) è lui l’Arisen!

Non ci troviamo di fronte a un Elder Scrolls, né tantomeno a un Monster Hunter a tema fantasy medievale: il modo migliore per descrivere l’esperienza potrebbe essere avvicinarla a Elden Ring, seppur priva della medesima densità di situazioni e decisamente meno spinta nella caratterizzazione dei vari punti di interessi, tra città, avamposti e dungeon. Forse è più assimilabile a un The Legend of Zelda: Breath of the Wild, più cattivello e meno solitario. Che detto così forse vuol dire poco, ma al tempo stesso ha molto senso per via dell’uso sapiente del gameplay emergente. Ma andiamo con ordine.

Dragon’s Dogma 2 pone il giocatore nel ruolo dell’Arisen, un umano collocato a metà strada tra l’essere un predestinato ed essere particolarmente sfortunato. Il mondo è costruito sull’equilibrio costante tra l’esistenza del Drago (con la maiuscola in quanto essere supremo di questo mondo e chiaramente distinto dagli altri draghi minori) e quella dell’Arisen, ovvero colui a cui viene mangiato il cuore per sigillare un patto che porterà le due entità a scontrarsi, allo scopo di porre fine all’esistenza della creatura alata o fallire provandoci. Il tutto in un ciclo eterno, che vede il Drago riemergere dopo un tempo non definito, alla ricerca di un nuovo Arisen. Un essere umano condannato alla sofferenza per il bene del mondo intero, verrebbe da dire.

Dragon’s Dogma 2 pone il giocatore nel ruolo dell’Arisen, un umano collocato a metà strada tra l’essere un predestinato ed essere particolarmente sfortunato

Tale è l’importanza dell’Arisen in questo universo che alla sua apparizione egli viene (solitamente) insignito di tutti gli onori, perfino con un trono, e riceve il sostegno di tutte le popolazioni nella sua battaglia contro il temibile sputafuoco ricoperto di scaglie. Questo non solo per il sua indiscutibile carisma dovuto alla spettacolare cicatrice che si trova sul petto dopo l’espianto compiuto dal Drago, ma anche e soprattutto in quanto unico essere vivente in grado di controllare le Pedine, combattenti provenienti da tante differenti versioni di questo stesso mondo e impegnate nell’aiutare i tantissimi Arisen che, contemporaneamente, esistono su vari piani di esistenza. Già, il gioco (come il suo predecessore) è consapevole della meccanica di gestione delle Pedine e ci ha costruito pure importanti elementi di Lore.

Le Pedine infatti sono importanti al pari del protagonista, che nonostante il ruolo non è certo una “one man army” in grado di ribaltare ogni avversità, anzi. Nelle prime fasi di gioco ci viene chiesto di creare la nostra Pedina principale, che è quella che verrà condivisa con gli altri giocatori, a cui dedicheremo attenzioni pari quelle rivolte all’Arisen per quel che concerne personalizzazione dell’equipaggiamento, delle skill e dello specifico ruolo in campo. E subito dopo potremo ingaggiare le Pedine di altri giocatori, o create da Capcom, per completare il nostro gruppo di 4 avventurieri e poterci così lanciare in battaglia, a patto che abbiano un livello abbastanza simile a quello del giocatore (niente cheat mode che consenta di girare con un personaggio di livello 10 e una Pedina di livello 50).

Ma certo, andiamo a raccogliere materiali proprio dove c’è il grifone!

Il volere del fato e un po’ di spericolatezza mettono subito il giocatore sulla strada per Vermund, il regno creato dagli Arisen che da sempre accoglie la venuta di un nuovo prescelto per farne il proprio regnante. Peccato che il trono sia già occupato da qualcuno che risponde alla nostra descrizione, dotato di ferita nel petto e in grado di controllare le Pedine. Come è possibile? A noi scoprirlo seguendo gli eventi della trama principale!

Chiarito dunque l’innesco narrativo di Dragon’s Dogma 2, è tempo di capire cosa attende il giocatore, che in contraddizione estrema con quelli che sono i trend del genere Open World sarà tendenzialmente abbandonato a sé stesso, senza troppi indicatori o segnalini. In un mondo videoludico pieno di pappe pronte e spegnimento del cervello, in cui si inseguono torri da attivare per mostrare i punti di interesse e si percorrono strade come su indicazione di un GPS, l’avventura di Capcom è una ventata di aria fresca.

In un mondo videoludico pieno di pappe pronte e spegnimento del cervello, l’avventura di Capcom è una ventata di aria fresca

Certo, non siamo ai livelli dei più anacronistici RPG di 20/30 anni fa, in cui era necessario segnarsi ogni direzione cardinale, gli indizi forniti dagli NPC e pregare di non perdersi al primo crocevia, però è interessante come molto sia lasciato alla capacità del giocatore di arrangiarsi nel raggiungere le destinazioni, spesso molto lontane dal punto di partenza e piazzate davvero nel nulla.

È anche vero però che, nonostante le intenzioni del team, una guida in-game esiste e quindi non siamo proprio in balia del fato. Innanzitutto le destinazioni delle missioni sono comunque indicate sulla mappa e, in seconda battuta, parlando con gli oracoli potremo chiedere consiglio sulla prossima mossa da compiere.

Ma, soprattutto, entrano in gioco le Pedine. Come dicevamo prima, tra le Pedine da ingaggiare non troveremo solo quelle create dagli altri giocatori, ma anche quelle di Capcom, che permettono fin dai livelli più bassi di avere dei compagni di viaggio in linea con il nostro livello di gioco e che al tempo stesso conoscano anche gli eventi della storia principale e delle missioni secondarie, così che possano accompagnarci in prima persona. In pratica dei veri e propri navigatori in forma umana che, autonomamente, si proporranno di farci strada!

E questo vale anche per le Pedine dei giocatori, che saranno in grado di utilizzare l’esperienza vissuta nella partita del proprio Arisen per aiutarci nella nostra. Non si tratta solo di scegliere la via, ma anche di supportarci in battaglia utilizzando tattiche adeguate e offrendo consigli utili a seconda del mostro che ci si dovesse porre dinanzi. Il sistema delle Pedine, mutuato dal primo Dragon’s Dogma, è originale e stimolante, permettendo di rielaborare il proprio team in continuazione non solo attraverso il reclutamento nelle faglie (punti di interesse specifici dove evocare Pedine), ma anche incrociandole in giro per il mondo di gioco – un ottimo modo per cambiare in corsa un compagno che non vi sta convincendo al 100%.

Il sistema delle Pedine, mutuato dal primo Dragon’s Dogma, è originale e stimolante

Nonostante questi sapienti trucchi del mestiere, Dragon’s Dogma 2 rimane un titolo davvero molto esigente in ogni suo aspetto, che non tenderà mai la mano verso il giocatore. Lo si capisce dall’assenza di un viaggio rapido standard, subordinato invece al consumo di oggetti anche piuttosto costosi – soprattutto nelle fasi iniziali dell’avventura. Lo spostamento quindi si effettua principalmente grazie ai carri, i quali però potrebbero finire sotto l’attacco di predoni e mostri e lasciarvi, in caso non riusciate a respingere l’offensiva in tempo utile, nel bel mezzo della mappa, magari di notte (sconsigliatissimo).

L’esplorazione a piedi non è complessa a livello topologico, perché alla mappa molto vasta corrispondono comunque valli, pianure, altipiani e sentieri relativamente semplici da leggere e interpretare, privi delle folli tortuosità che generalmente costringono a perdere molto tempo a capire come arrivare da punto A a punto B. Piuttosto, il cammino è costantemente interrotto dagli attacchi di creature più o meno fastidiose, con la possibilità di incappare in mostri colossali fin dai primi istanti di gioco.

L’idea è quindi quella di muoversi con prudenza, esplorare l’esplorabile evitando le grosse minacce e fare il possibile per trovare un riparo entro la notte, momento in cui emergono le creature più fastidiose e pericolose. Aggiungiamo poi che, anche con tutta l’esperienza del mondo, si presentano evidenti spike di difficoltà: magari 5 minuti prima avete battuto un bel boss tosto, e vi sentite più “confident”, salvo poi venire massacrati senza possibilità da gruppetti di hobgoblin e simili che pattugliano il passaggio che conduce alla vostra prossima destinazione.

Per questo Dragon’s Dogma 2 non è un gioco difficile in senso stretto, alla soulslike per intenderci, quanto piuttosto un’esperienza che richiede attenzione, pianificazione e che fin da subito palesa la necessità di prendersi il proprio tempo per comprendere ogni meccanica, recuperare le risorse utili a ottenere l’equipaggiamento più adatto e, magari, scegliere le Pedine più performanti, in grado di ribaltare la situazione. Altrimenti guarderete alle Locande con speranza, conterete gli spiccioli con ansia e non sarete mai tranquilli appena calerà il sole, garantito.

Dragon’s Dogma 2 non è un gioco difficile in senso stretto, alla soulslike per intenderci

Prendersi il proprio tempo non è un dramma, anche perché la campagna principale si premura di attendere con calma la nostra progressione, offrendo all’inizio compiti di tipologie differenti che comunque avanzano la storia, che si tratti dell’uccisione di mostri, dell’infiltrazione in luoghi inaccessibile o del reperimento di qualche documento segreto. È un peccato solo che questa “fluidità” nell’adattarsi al giocatore restituisca una storia che a livello di sceneggiatura e messinscena risulta un po’ carente, ben distante dai valori di produzione a cui ci hanno abituato le produzioni Capcom.

E tendenzialmente è proprio qui l’unico, vero, punto debole di Dragon’s Dogma 2, ovvero il suo presentarsi nel 2024 con una narrazione fin troppo semplice, a tratti frammentata e povera di quella cura in animazioni e dialoghi che può consentire alle trame meno elaborate di emergere. Si attendono con ansia le cutscene e, come arrivano, finiscono in un soffio, mentre il pallino della trama viene spostato in modo quasi frenetico da un punto all’altro della mappa, con insufficiente caratterizzazione di buona parte dei personaggi, in particolare degli antagonisti. E le quest un po’ banalotte, che si alternano tra fetch, eliminazione e stealth accennato, non aiutano, soprattutto quando i momenti chiave della storia a volte sono accompagnati da situazioni di gioco che qualcuno potrebbe trovare deludenti (una su tutte? Il colosso, che gran peccato!).

Detto questo, è evidente come Dragon’s Dogma 2 non vada giocato per la trama, poco ma sicuro. Il fulcro di questa avventura è nel confronto tra giocatore e tutto ciò che lo circonda, mentre il nostro protagonista viaggia in bilico tra le priorità della sua missione e le leggi del mondo, da preservare o sfidare. E così, dietro a un’apparenza quasi superficiale (a volte quasi sciatta, disinteressata), si cela qualcosa di profondo, impegnativo, appassionante e a tratti inquietante: la rivendicazione del trono e la battaglia col Drago sono solo una parte di un disegno decisamente più articolato e complesso, capace di incollare allo schermo per decine, se non per centinaia, di ore.

Volendo balzare da un lato positivo all’altro, è indubbio che siano i mostri a prendersi la scena, i quali spaziano tra leggende e mitologia per prendere forma in una visione che sì, strizza l’occhio allo stile occidentale ma che al tempo stesso, in modo un po’ ruffiano, profuma di creatività nipponica. Come i Golem, creature di pietra che sparano laseroni che neanche i mecha di Armored Core, o il Cavaliere non morto che richiama per postura e dinamismo l’imponenza di un Nelo Angelo o di Gatsu. Avere la meglio su queste creature dona molta soddisfazione, non c’è dubbio.

Dietro a un’apparenza quasi superficiale, si cela qualcosa di profondo, impegnativo, appassionante e a tratti inquietante

I mostri inoltre si integrano nel mondo di gioco in modi davvero ingegnosi, ponendosi come pericoli costanti e imprevedibili: il Grifone è un predatore, e passerà il tempo a cacciare animali di grossa taglia o a volare attorno a promontori per avere una visione migliore, incappando nel nostro cammino magari mentre stiamo prendendo una funivia (pro tip: scappareeeee!), mentre i sentieri più sicuri potrebbero essere presidio di un ciclope imbranato, capace di cadere rovinosamente su un ponte di legno e impedire il nostro ritorno a casa… a meno di non camminare sul corpo stesso del ciclope, mentre quest’ultimo cerca di non cadere nel fosso aggrappandosi alle estremità del ponte distrutto.

La libertà di esplorare, le opzioni di personalizzazione del protagonista e delle Pedine, così come il gameplay emergente, rappresentano il massimo punto di forza di Dragon’s Dogma 2, titolo che va approcciato in modo sereno (nonostante la sua severità) quasi fosse un nuovo playground ricco di giocattoli. Percorrendo solo la via principale si ha una visione molto parziale dei contenuti complessivi e il rischio palese è che il giudizio finale ne esca pesantemente compromesso.

Invece bisogna mettersi in gioco, capire che in qualche modo il titolo Capcom è un “action tattico” in cui si ha la meglio sui nemici grazie all’abilità personale, senza dubbio, ma anche imparando a ottimizzare il posizionamento personale e del party, ricercando ostacoli naturali o creando strutture di supporto (anche con le magie) per sfruttare tattiche consolidate o improvvisare. Al netto di qualche abilità specifica, non si schiva contando gli iFrame né si inanellano parry una dietro l’altra per eseguire colpi letali a raffica: il sistema di combattimento è pesante e pesato, estremamente diverso dai modelli su cui abbiamo costruito la memoria muscolare negli anni, e dà per scontato che pur facendoci valere ci prenderemo i nostri schiaffoni.

Iil sistema di combattimento è pesante e pesato, estremamente diverso dai modelli su cui abbiamo costruito la memoria muscolare negli anni

Gli schiaffoni però ci fanno riflettere, crescere e studiare, ci spingono a sperimentare con nuove classi (tutte molto divertenti, in particolare quelle esclusive per l’Arisen come Trickster e Warfarer) e a costruire nel tempo la nostra build più efficace, scegliendo a dovere i bonus passivi tra quelli sbloccati dalle classi utilizzate di più così da produrre ibridi davvero divertenti. Oppure potete fare il guerriero duro e puro tutto scudo, assalti e affondi per tutto il gioco. Come preferite, è quello il bello, perché le potenziali carenze del giocatore e del suo compagno fidato possono essere compensate dalle Pedine da reclutare!

Bello svegliarsi al mattino e, come prima cosa, trovarsi un ciclope in piazza!

Nel complesso potremmo dire che Dragon’s Dogma 2 offre un mondo vasto e ricco di opportunità, che gioca con le opzioni di traversal un po’ per metterci i bastoni tra le ruote e un po’ per stuzzicarci, non disdegnandosi di tenderci qualche trappolone, senza però sembrare mai davvero troppo infame. Al tempo stesso è però cocciuto e ostinato a seguire regole di progressione e scoperta un po’ vecchiotte, per scrollarsi di dosso la pigrizia mentale delle produzioni recenti e richiamare l’ideale di gioco di ruolo classico, più impegnativo e ragionato. Ne consegue qualche situazione un po’ al limite della frustrazione, come quando dopo un agguato sfortunato ci si potrebbe trovare senza energia, Pedine e risorse nel mezzo del nulla, obbligati a tornare a piedi alla prima città disponibile se non si è pensato di portare con sé i giusti oggetti.

L’avventura però è divertente e spesso sorprendente, capace di essere cattiva ma anche di premiare oltre misura – verrebbe da dire che non c’è una vera via di mezzo. La crescita del personaggio è abbastanza guidata se si assecondano le varie attività e missioni, mentre si deve faticare un po’ di più per tenere sempre aggiornato e prestante l’equipaggiamento, considerando che soldi e materiali non cadono dagli alberi. Una volta entrato nel mood e colto il design del gameplay loop, Dragon’s Dogma 2 diventa una bomba capace di spazzare via i limiti e le incertezze della produzione, che per lunghi tratti sembra arrivare dritta dritta dall’era PS3 per quel che concerne user interface/experience, ma che riesce poi a redimersi nel disegno generale.

Dragon’s Dogma 2 diventa una bomba capace di spazzare via i limiti e le incertezze della produzione

Parlando di limiti, chiuderei con una delle tematiche più calde legate al gioco, in particolare nella sua versione console, ovvero i presunti problemi del framerate. PlayStation 5 e Xbox Series X|S (versione testata) girano infatti a un bizzarro e mai realmente stabile aggiornamenti video che ruota attorno ai 30fps, infarcito di occasionali rallentamenti o fenomeni di frame pacing. La personale abitudine ai 60fps o più rischia di rendere indigesto il gameplay, sebbene vada sottolineato come dopo diverse ore di gioco tutti diventi più tollerabile e siano davvero estremamente rari i casi in cui il framerate si traduce, oltre che in qualche scatto, in problemi di risposta dei comandi.

A livello puramente di estetica, la definizione dell’immagine a 4K, seppur accompagnata da un LOD aggressivo, offre un impatto convincente, a tratti davvero imponente per visione complessiva e profondità di campo, restituendo con efficacia il gargantuesco immaginario. Le città sono vaste, sebbene non sorprendenti per urbanistica o tecnologia, e i dungeon risultano sufficientemente navigabili e opprimenti. Sarebbe stato apprezzabile un maggior coinvolgimento della magia anche nel dare forma a regioni e aree della mappa, ma considerate le sorprese che ci attendono e la coerenza mostrata nel proporle, direi che non ci si può lamentare. L’accompagnamento musicale fa il suo, senza risultare però memorabile, mentre emergono piacevolmente le voci inglese, il cui accento aglosassone dona adeguato spessore ai dialoghi e calza adeguatamente al contesto.

Conclusioni

Dragon’s Dogma 2 è un gioco di nicchia, sia chiaro: non per qualche strana macchinosità o per un qualsivoglia messaggio di fondo, ma semplicemente perché è costruito su regole severe ed è strutturato su un design che è rimasto un po’ ancorato nel passato. Il divertimento può essere enorme, ma le coccole sono davvero poche, quindi chi si affaccia al nuovo gioco Capcom deve farlo con la consapevolezza di dover sgomitare tra qualche spigolosità.

Allo stesso modo, però, parliamo di un’avventura coinvolgente e affascinante, che si apre in toto e con efficacia una volta che la scremiamo dalle sue ingenuità. È un peccato che il suo massimo potenziale sia nascosto sotto una patina di anacronismo, cosa che potrebbe precluderne il successo agli occhi di un nuovo pubblico.

Nel momento in cui Dragon’s Dogma 2 “clicca” ed entra in sintonia col giocatore, viene fuori tutta la sua capacità di rapire e stupire, facendo dimenticare tutto ciò che non funziona in modo da abbandonarsi con totale trasporto al suo gameplay loop estremamente divertente, costantemente pervaso di imprevedibilità e dannatamente soddisfacente una volta padroneggiato.

Spiace solo che Capcom non sia riuscita a infondere in questa produzione quell’aura di qualità superiore che pervade praticamente tutte i suoi progetti principali, anche quelli che alla fine non si sono rivelati capolavori. Di certo si può fare qualcosa in più in tanti aspetti complementari al gameplay, ma se consideriamo questo secondo capitolo un nuovo punto di partenza per il franchise, il risultato è più che soddisfacente e stende ottime basi per il futuro della serie.

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