Dry Drowning – Recensione

A un anno e mezzo dalla sua pubblicazione su PC, l’intrigante visual novel thriller Dry Drowning arriva anche su Nintendo Switch. Sviluppato dagli italiani di Studio V, il gioco mette in scena una realtà cruda e distopica, dove il detective protagonista Mordred Foley e la sua assistente Hera Kairis dovranno tornare a fare i conti con un passato che li ha tormentati per anni ma non li ha mai abbandonati davvero.

Ci troviamo nel 2066 a Nova Polemos, una città tecnologicamente avanzata nata nel Nord Europa, cresciuta a un ritmo esponenziale fino a diventare del tutto indipendente dal resto del continente. Chiusa a qualunque contatto con l’esterno che non sia scrupolosamente vagliato dal governo, quello che sembra una città utopica, il centro del mondo dove potersi rifare una vita, è in realtà una metropoli sporca del sangue versato per costruirla e mantenerne la stabilità nel corso degli anni.

Un perfetto esempio della distopia orwelliana dove i cittadini sono sottoposti a ferrei controlli e censimenti su base intellettuale e sociale, provvedimento che molti sembrano apprezzare (gli altri devono farselo andar bene comunque) e in generale garantisce benefici a chiunque sia allineato con il pensiero del governo. Un controllo totale, insomma, basato sul terrore e sulla manipolazione ma nascosto dietro la facciata del continuo progresso e del ricercato benessere per la popolazione.

In questo scenario ben poco rassicurante si muovono Mordred ed Hera, quest’ultima figlia di immigrati greci e una delle ultime a poter ricevere asilo prima di quella che potremmo considerare una sorta di purga: a Nova Polemos non manca, infatti, una marcata xenofobia e persino chi è riuscito a ottenere la cittadinanza teme costantemente per il proprio futuro.

I due, partner dell’Agenzia Investigativa Foley, per un reato occorso sei anni prima hanno perso qualsivoglia credibilità agli occhi dell’opinione pubblica ma, a sorpresa, ricevono un lavoro da un importante politico facente parte delle Bande Nere – la fazione più estremista – senza sapere che è solo l’anticamera per l’inferno che li aspetta: gli incubi del passato torneranno a tormentarli quando il serial killer Pandora torna a uccidere, costringendo Mordred (e di riflesso noi giocatori) a scelte drastiche che cambieranno per sempre la sua vita e quella di chiunque gli ruoti attorno.

Dry Drowning conta infatti tre diversi finali, più uno bonus che è l’apice dell’assurdità e del citazionismo, dipendenti dal nostro comportamento e molto diversi l’uno dall’altro: esiti per cui vale la pena rigiocare e percorrere strade diverse, sapendo tuttavia che non esiste una conclusione positiva. Tutte, a modo loro, tendono a sottolineare come qualunque supposta felicità abbia un prezzo le cui ripercussioni possono essere a breve o lungo termine. Una crudeltà di fondo che abbiamo apprezzato, poiché molto vera e affine alla realtà messa in scena da Studio V; un continuo ricordarci che il lieto fine esiste solo nelle favole.

Dry Drowning è un perfetto esempio di distopia orwelliana

In ottica di gameplay, Dry Drowning si comporta bene o male come qualunque visual novel investigativa: per arrivare alla risoluzione di un caso è necessario osservare la scena del crimine, raccogliere indizi, parlare con le persone interessate e una volta ottenute le informazioni necessarie confrontarsi con i sospettati. La vera peculiarità del gioco risiede nella meccanica del Living Nightmare.

Per qualche inspiegabile motivo, Mordred è in grado di capire quando qualcuno gli sta mentendo poiché sul suo volto appare una grottesca maschera che soltanto lui può vedere. Quando questa situazione occorre, è necessario trovare tutte le possibili contraddizioni nell’iniziale affermazione del bugiardo di turno – sotto forma di prove e testimonianze esterne – per poi dare inizio a un confronto verbale: con soli tre tentativi a disposizione, dovremo smantellare menzogna dopo menzogna la persona indagata, scegliendo la giusta prova o la corretta affermazione che possa controbattere alle sue affermazioni.

Il gioco è magnanimo a sufficienza da permetterci, in caso di errore, di ripetere il dialogo prendendo una scelta diversa, non andando quindi a costruire una narrazione viva e responsiva che cambia a fronte dei nostri sbagli: sebbene all’inizio questa decisione possa far storcere il naso, spezzando l’immersione, ci si abitua facilmente soprattutto perché, pur nella loro apparente complessità, con un po’ di logica e prestando attenzione ai dialoghi è possibile risolvere ogni conflitto alla perfezione dimostrando le nostre doti investigative.

Occasionalmente, Dry Drowning ci metterà di fronte a scelte cruciali che enfatizzano quel concetto di “effetto farfalla” tanto caro al mondo videoludico, le cui conseguenze si vedranno sulla lunga distanza e ci metteranno costantemente sotto pressione: questo è senza dubbio l’aspetto della narrazione ad averci colpito di più per la sua amara ma incontrovertibile verità, ovvero che non esistono davvero decisioni giuste o sbagliate poiché ognuna avrà la sua conseguenza.

Studio V crea un intreccio capace di tenere sempre sulle spine

Se all’inizio abbiamo preso una decisione che ci appare sensata, pur avendo analizzato tutti i possibili pro e contro ci troveremo davanti a un colpo di scena che peserà sulla psiche di Mordred, laddove ne venga a conoscenza, o sulla nostra di giocatori nel caso si tratti di una rivelazione rivolta solo a noi. Il peso delle decisioni si fa a mano a mano più gravoso e persino di fronte a una scelta che sembra scontata sappiamo di doverci attendere un colpo di coda; il bello, però, è non avere idea di cosa possa essere e non neghiamo di essere stati presi in contropiede ogni volta.

Non è semplice creare un intreccio capace di mantenere sempre sulle spine, soprattutto è molto facile cadere nel dualismo buono/cattivo per il quale esiste sempre una scelta migliore delle altre. Studio V riesce a superare agilmente questo ostacolo e, se anche vi venisse voglia di caricare un salvataggio per “correggere il vostro errore”, sappiate che potrebbe aspettarvi uno sbaglio ancora più grosso. Come il gioco stesso ci avverte, e lo ripetiamo, non esistono scelte giuste o sbagliate.

Di per sé Dry Drowning è piuttosto lineare nel suo sviluppo, con alcuni minigiochi che cercano di elaborare un po’ di più il gameplay ma risultano piuttosto semplici da risolvere. Considerato il crescente climax della storia, non troviamo questa semplicità un vero e proprio difetto, poiché restare bloccati troppo a lungo su un singolo aspetto porta con sé l’enorme rischio di affossare il coinvolgimento; c’è sicuramente margine per migliorare e articolare di più le indagini, soprattutto nelle parti che precedono il Living Nightmare, tuttavia come punto di partenza è molto buono.

La struttura del menu e delle sue schermate è piuttosto semplicistica nella rappresentazione dell’AquaOS, il dispositivo attraverso il quale si archiviano prove, informazioni, si proiettano ologrammi e in generale è parte integrante della vita di chiunque in Nova Polemos: navigare da una finestra all’altra è intuitivo ma a livello di layout è tutto abbastanza anonimo.

A proposito di estetica, è un altro punto a segno per Dry Drowning grazie ai personaggi in bianco e nero disegnati a mano che spiccano sugli sfondi colorati

A proposito di estetica, è un altro punto a segno per Dry Drowning grazie ai personaggi in bianco e nero disegnati a mano che spiccano sugli sfondi colorati (ricordando per certi versi Hotel Dusk), ad alcune schermate inedite e in generale ai forti contrasti delle palette cromatiche. Nova Polemos è una città viva anche grazie a questi dettagli, nonché alla mole di informazioni che possiamo leggere a riguardo nel corso delle indagini e concorre a dipingere il vero volto di questa città.

Segnaliamo solo qualche imprecisione nella costruzione di alcune frasi, nulla che tuttavia vada a rovinare l’esperienza complessiva. Il vero problema, soprattutto se si gioca in portatile, è la dimensione eccessivamente ridotta dei testi che non può essere ingrandita: spesso ci siamo trovati in difficoltà nella lettura.

Conclusioni

A oltre un anno dal lancio su PC, Dry Drowning continua a essere un esordio molto positivo per lo Studio V, una visual novel cruda e cupa, arricchita da un’estetica accattivante e un intreccio mai da dare per scontato – all’interno del quale ogni singola scelta pesa sull’andamento della storia. La meccanica del Living Nightmare è la più interessante in ottica gameplay, laddove invece la parte iniziale delle indagini segue una certa linearità di fondo, e non ci spiacerebbe vederla sviluppata ancora di più in futuro.

Nel complesso ci troviamo di fronte a un ottimo esponente dei videogiochi italiani, consigliato a chiunque piacciano i thriller e la distopia in generale. Ci sono alcune pecche qua e là, nulla tuttavia che possa davvero minare Dry Drowning nelle sue fondamenta, che rimangono ben radicate e aperte a una futura evoluzione se mai il team volesse tornarci su.

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