News 21 Lug 2014

Dynasty Warriors: Gundam Reborn – Recensione

Nella storia delle serie animate che dalla terra del Sol Levante sono approdate nella nostra penisola, Gundam è di sicuro una di quelle che è rimasta nel cuore di molti, soprattutto in coloro che, negli ormai lontani anni ’80, era solo un bambino che stava crescendo a pane robottoni. Mi sembra come se fosse stata ieri l’ultima volta che ho canticchiato la splendida sigla di Mario Balducci che accompagnava l’inizio di ogni puntata… ed in effetti l’ultima volta è stata proprio ieri, ma il punto è un altro: Gundam è stato sempre uno dei nostri miti fin da piccoli, abbiamo sempre desiderato guidarne uno tutto nostro, ed ora che quasi tutti siamo cresciuti e siamo diventati dei gamer attempati, vedere che il panorama videoludico trova ancora posto per Peter Rei/Amuro Ray e per i suoi compagni, non può che riempirci di gioia e nostalgia allo stesso tempo.

A farci questo gradito regalo, sono le nostre vecchie conoscenze nipponiche di Tecmo Koei e Namco Bandai, che riportano su PS3 l’eterna saga dei Mobile Suit, immergendola in un nuovo titolo appartenente all’ormai conosciutissimo genere Musou. Del resto ormai sappiamo che, quando c’è da menar le mani, che siano queste d’acciaio come quelle di Gundam, di gomma come quelle di Rufy Cappello di Paglia, o dure come la pietra come quelle di Kenshiro, il genere simil Dynasty Warriors si presta perfettamente alla bisogna. Il brand, anche a seguito dei numerosi episodi e spin-off, si è evoluto di continuo, rendendo sempre più solido il suo gameplay, ma sarà in grado di incarnare onorevolmente e per la quarta volta i robottoni del maestro Tomino?

Per raccontarvi anche a grandi linee la trama di Gundam, avremmo bisogno di tempo e spazio che sfortunatamente non abbiamo. Non potendoci dilungare troppo su questo argomento quindi, ci limiteremo a dirvi solo alcune cose essenziali per comprendere l’ambientazione in cui si muovono e combattono i Mobile Suit. La razza umana è riuscita nel tempo ad allargare i suoi domini, ed oltre alla Terra, hanno colonizzato la Luna e creato anche colonie orbitanti intorno al pianeta in grado di far prolificare la vita terrestre. Ma tra uomo e uomo, si sa, non è scritto che scorra sempre buon sangue, ed in quella che era chiamata la Federazione Terrestre, cominciano a verificarsi i primi problemi. Il principato di Zeon insorge dichiarandosi indipendente, e nella guerra che ne segue fanno il loro ingresso in campo i Mobile Suit, giganteschi robot guidati da piloti umani, che si rivelano essere un’arma veramente devastante. Poco più avanti cominciano le avventure di Amuro e dei suoi compagni della Base Bianca, che li vedranno impegnati in una guerra contro Zeon e contro Char Aznable, che sarà un antagonista ricorrente anche nelle serie successive.

Tutto comincia da qui quindi, proseguendo con un numero infinito di guerre, cambi di fronte, nascita e declino di fazioni secondarie, con nemici che diventano amici ed amici che diventano nemici, ma soprattutto, con milioni di vite che terminano spesso per futili ragioni. La storia di Gundam infatti, è una di quelle che prima o poi instilla negli spettatori un dubbio inusuale, ovvero quello che non sempre da pienamente ragione a quelli che dovrebbero essere “i buoni”, e spinge in alcuni frangenti quasi a prendere le parti di “quelli sbagliati“.

I sei capitoli che compongono la modalità principale del titolo, la Official Mode, sono legati quindi ad altrettante serie tratte dalla saga di Gundam, ivi inclusa la prima in ordine di produzione, quella di cui vi abbiamo fatto un accenno poco fa, e che ha visto la luce nel lontano 1979. Alcune di queste serie, tra l’altro, sono collocate in epoche temporali differenti non consecutive o addirittura alternative, cosa che rischia di confondere il giocatore dal comprendere correttamente il corso degli eventi, che sono già piuttosto complicati per fatti loro…

Tutte questo belle “cosine”, sono state quindi immerse per l’ennesima volta in titolo del genere Musou, sfruttando molto di quanto sviluppato ed introdotto tempo fa in un altro spin-off della saga, che fu dedicato però all’opera omnia di Eiichiro OdaOne Piece: Pirate Warriors 2. Per chi non conoscesse questo particolare tipo di giochi, i Musou non sono altro che dei picchiaduro a scorrimento, con un sistema basilare di obiettivi da raggiungere, e che vi vedranno affrontare in campo centinaia e centinaia di nemici.

Quello dei Musou, che in Italia conosciamo infatti per lo più grazie al brand Dynasty Warriors, fa parte di quella tipologia di giochi che o si amano alla follia o si odiano visceralmente, ed a conti fatti è una cosa piuttosto comprensibile. Il gameplay eccessivamente reiterativo, la mancanza di novità sostanziali in game e la staticità ed il riciclo degli ambienti, sono alcune delle cose che nei giocatori che non sono spudoratamente fan della saga assumono un sapore vagamente banale, e che li portano quindi ad accusare il genere di causare tedio e noia.

Passando a dare uno sguardo ai contenuti di Dynasty Warriors: Gundam Reborn, è piuttosto evidente che l’offerta non è poi così cospicua come ci si aspetterebbe. Oltre alla già citata modalità principale, la Official Mode, di giocabile è presente soltanto l’Ultimate Mode, una sorta di percorso alternativo che immergerà il giocatore in una serie di missioni che non traggono ispirazione dalle serie televisive, e che mischiano al loro interno tutti i personaggi delle varie edizioni, in alcuni eventi inediti ed anche temporalmente impossibili. Il problema principale però, è che in una modalità o nell’altra, la sostanza non cambia, e ci si ritrova davanti sempre allo stesso identico gameplay, con gli stessi obiettivi da raggiungere e con in mente solo l’unica cosa che praticamente conta in questi giochi: distruggere tutti i nemici che si hanno davanti.

La cosa poi peggiora un pochino quando, non solo si è costretti a completare centinaia di missioni, ma si devono anche ripetere più volte perché per qualche misteriosa ragione, nonostante si siano seguiti correttamente tutti gli obiettivi, la missione fallisce perché si è lasciato in vita un misero scagnozzo, che con la sua insignificante potenza di fuoco ha distrutto un’intera nave spaziale (nemmeno fosse Luke Skywalker). I controlli almeno sono piuttosto semplici, ed il tutorial all’inizio del gioco si occuperà di spiegare in maniera abbastanza soddisfacente quanto c’è da sapere per poter proseguire nel titolo. La leggenda narra inoltre che esistano delle combo più complesse rispetto allo spammare continuamente il tasto di attacco del corpo a corpo, ma da bravi giocatori di picchiaduro, dobbiamo ancora verificare la veridicità della cosa… 

L’ultima frase è chiaramente ironica, è sta ad indicare che, nonostante siano effettivamente presenti dei colpi e delle combo più complesse, si tenderà a procedere probabilmente usando sempre la stessa, che si rivelerà essere al tempo stesso semplice ed efficace.

La struttura del titolo comunque è piuttosto solida, e come nel capitolo precedente dedicato a One Piece, non si notano problematiche eccessivamente gravi, ad eccezione di quelle legate alle collisioni, e ad alcuni comportamenti anomali della telecamera quando è costretta ad inquadrare molto da vicino l’azione. Anche la fluidità dei “personaggi” è notevolmente migliore di quella che si riscontrava nei precedenti episodi, e si è persa di conseguenza quella legnosità dei movimenti che non rendeva giustizia alla fama dei Gundam. Se vogliamo guardare il titolo da un altro punto vista però, dobbiamo ammettere che riesce a divertire senza troppe pretese, se preso nelle giuste dosi. Del resto, da piccoli quasi tutti abbiamo sognato di avere un Mobile Suit tutto nostro, con cui poter andare allo sbaraglio contro un intero esercito di Zaku nemici, ed uscirne vincitori senza il minimo graffio.

Certo, per apprezzarlo pienamente in questo modo bisogna essere dei veri fans del genere Musou, ma anche da profani può essere un buon passatempo da provare tra un gioco tripla A e l’altro. Se non vi piace giocare da soli, il titolo tra l’altro, oltre ad avere il classico sistema co-operativo locale per due giocatori, sfrutta la stessa tecnica degli aiuti che abbiamo potuto osservare nell’ultimo capitolo della serie Pirate Warriors già ampiamente nominata. Da qualsiasi missione infatti, vi sarà possibile richiedere aiuto o prestare il vostro ad altri giocatori online, sfruttando così le potenzialità del multiplayer. Le limitazioni a questa feature però permangono come in passato, il che significa che si potrà chiedere aiuto solo a giocatori che hanno già completato quella particolare missione, impedendo così un proseguimento parallelo per chi volesse magari giocare liberamente in co-op con un amico.

Graficamente, il titolo offre un buon risultato se si tiene conto che c’è il bisogno di miscelare quanto più è possibile la qualità, la grandezza degli ambienti e soprattutto il numero di nemici in campo. L’uso di un’estetica delle textures in versione standard/reale ha sostituito quello del cel-shading visto nei precedenti episodi e spin-off, ne ha forse innalzato leggermente la resa finale, cosa che invece non si può dire delle ambientazioni, le cui azioni sono leggermente in calo. Quest’ultime infatti, sono spesso riciclate di missione in missione, oppure totalmente eliminate e sostituite da un comunissimo spazio profondo, che sarà il palcoscenico della maggior parte delle vostre battaglie.

Nel comparto grafico risiedono inoltre le maggiori problematiche del titolo, di cui tra l’altro vi abbiamo già parlato in precedenza. Ma se su quella legata alle collisioni ci si può passare sopra perché limiterebbe i movimenti ed i combattimenti di tutti gli attori del palcoscenico digitale, su quella legata alla telecamera invece non ci sono giustificazioni che tengano. Infatti, in alcuni ambienti, per lo più terrestri o all’interno di strutture spaziali chiuse, è possibile, per via dell’azione, finire in un’angolazione in cui la telecamera non riesce ad inquadrare senza avvicinarsi troppo al personaggio guidato dal giocatore, con le ovvie conseguenze che si possono immaginare.

Ahinoi però, le note dolenti arrivano alla fine, soprattutto quelle che potrebbero far desistere completamente un eventuale neofita dall’acquistare proprio quest’ultima incarnazione videoludica dei robottoni di Tomino. Il problema principale di questo nuovo capitolo infatti, è che nella localizzazione del titolo, noi poveri e tapini abitanti dello stivale tricolore non siamo stati minimamente tenuti in considerazione, ma nemmeno alla lontana. E non ci stiamo riferendo solo al classico doppiaggio, che nella nostra lingua non è mai presente, e che spesso e volentieri forse è un bene che sia in lingua originale. La cosa peggiore è che il titolo contiene tutta la parte dei testi interamente in inglese; testi che sfortunatamente non sono per nulla pochi.

Gundam ha già di suo una trama abbastanza impegnativa se viene “raccontato” nella nostra lingua, di conseguenza doverlo leggere in inglese è di certo un impegno che ci saremmo volentieri risparmiato. Non è raro infatti, che procedendo sempre più avanti sia nella modalità Ufficiali che nella Ultimate, l’interesse del giocatore nei dialoghi o negli interventi del narratore, cominci a scemare fino a raggiungere lo zero assoluto, portandolo a saltare a pié pari tutte le parti in cui compaiono dei testi prima e dopo lo svolgimento delle missioni vere e proprie.

Sollevano un po’ il morale le musiche che fanno da contorno al tutto, in cui almeno si possono riconoscere le note di quelli che sono i temi principali ascoltati nelle varie serie televisive della Sunrise.

In conclusione…

Dynasty Warriors: Gundam Reborn, si rivela quindi essere un titolo rivolto ad un target ancora più esclusivo del solito, composto da amanti del genere musou dotati di un grado di comprensione della lingua inglese piuttosto allenato. Anche se buono a livello estetico e con un sistema solido ed abbondantemente rodato dalla lunghissima serie di titoli di cui fa parte, il nuovo Gundam continua a peccare nella ripetitività del gameplay, ed aggiunge una piccola barriera linguistica dovuta alla mancanza della traduzione dei testi nel nostro idioma.

A livello di contenuti, il titolo offre solo due modalità all’attivo, e non riesce a sopperire a questa mancanza né con lo pseudo-multiplayer, né con il database ricolmo di piloti, Mobile Suit e via dicendo. Le minime innovazioni tecniche non risollevano il livello del gameplay tanto da renderlo meno ripetitivo nell’avanzamento della trama, ricadendo quindi di continuo sulle stesse problematiche presenti nei precedenti episodi. Infine, anche se il roster di robottoni da poter utilizzare è piuttosto ampio, le loro prestazioni in campo differiscono in maniera minimale, ed il loro uso rischia di ridursi al misero spam dell’attacco corpo a corpo, rendendo così le meccaniche di gioco ancora più sterili.

Di conseguenza, al calar del sipario, siamo costretti a dare il solito consiglio che diamo per titoli simili, ovvero di provare a dare uno sguardo al gioco prima di effettuare l’acquisto, perché a meno che non siate orgogliosi e sfegatati fans dei musou o di Gundam, potreste andare incontro ad un qualcosa che non è pienamente in grado di rispettare totalmente le vostre esigenze.

Voto: 6,5/10

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