La rinascita di un genere
E chi l’avrebbe mai detto che ci saremmo trovati a parlare di un titolo del genere di nicchia come quello dei “musou”, ovvero che inscena le battaglie 1 contro 1000, con lo stesso interesse con cui di solito si seguono i titoli di maggior rilievo? Beh, questo è il primo e più grande merito di Dynasty Warriors: Origins (acquistabile da GameStop, a questo link), la nuova produzione di Omega Force (sotto etichetta Koei Tecmo) con cui lo sviluppatore nipponico intende offrire un nuovo inizio allo storico franchise.
Perché la serie Dynasty Warriors ha davvero tantissimi anni sulle spalle, ponendo le sue radici su PlayStation 2, tantissimi titoli in libreria: in numeri, in entrambi i casi, parlano di un vero e proprio colosso del gaming, che tra serie principale, crossover, spin-off e titoli su licenza ha offerto un quantitativo spropositato di ore di gioco agli appassionati.
Non stiamo però parlando di capolavori indiscussi, sia chiaro, perché a ogni nuovo gioco le reazioni di critica e pubblico si sono rivelate sempre piuttosto tiepide, conquistando convintamente solo gli amanti delle battaglie ad ampia scala in cui la differenza la fanno istinto, rapidità decisionale e capacità di esecuzione. Dopo un nono capitolo che doveva rappresentare una rivoluzione ma che invece si è rivelato oltremodo deludente, Omega Force è tornata alla lavagna per dare forma a un nuovo inizio.
Questo nuovo inizio è proprio Dynasty Warriors: Origins, un action RPG dal profumo strategico in cui impersoneremo un protagonista senza nome e privo dei ricordi, il quale però avrà un compito cruciale nel decidere il destino delle guerre dei Tre Regni, avvenute in Cina a cavallo tra il secondo e il terzo secolo dopo Cristo. Ci sarebbe molto da dire in merito alla capacità del franchise di riproporre personaggi storici realmente esistiti e battaglie effettivamente accadute, ma per un pubblico generalista è molto più semplice approcciare il gioco come una qualsivoglia narrativa originale, per approfondire solo successivamente, se spinti dalla curiosità.
Per avvicinarsi un po’ di più al pubblico moderno, il team di sviluppo ha prodotto un gioco in cui risulta molto più semplice e digeribile seguire la storia principale, affidata appunto a un personaggio “neutro” e capace di integrarsi tra tutti gli eventi piuttosto che seguire questo o quel determinato personaggio non necessariamente in grado di catturare il giocatore. Purtroppo cadiamo ancora una volta nell’archetipo dell’eroe muto e un po’ passivo, che reagisce agli stimoli esterni piuttosto che essere vero innesco per nuove situazioni.
Pur trattandosi di qualcosa di già visto, la scelta è azzeccata in quanto consente al variegato e numeroso cast (chi conosce la serie sa bene di cosa parliamo) di prendersi il giusto spazio ed esprimersi a dovere, permettendo al giocatore di cogliere carattere, ideali e motivazioni di tutte le forze in campo. La cosa risulta fondamentale per via delle ramificazioni presenti nel gioco, che spaziano tra piccoli momenti determinati per il destino di singoli personaggi a enormi bivi (palesati dal gioco, non preoccupatevi) che guideranno verso differenti finali, i quali a loro volta possono risultare più o meno completi a seconda delle scelte compiute in determinate situazioni.
Questo meccanismo funziona in ottica rigiocabilità, in quanto la modalità storia può impegnare tra le 15 e le 20 ore a seconda della propria bravura, andando ad arricchirsi fino al doppio della durata affrontando le missioni secondarie e il post game, ma permette anche di riaffrontare gli eventi tornando indietro con i capitoli per cambiare le proprie scelte, utilizzando equipaggiamenti, abilità ed esperienza acquisiti fino a quel momento. Niente “nuovo gioco + da capo”, ma un sistema più snello e che consente di abbracciare a pieno la scelta di Omega Force.
La serie Dynatsy Warriors è sempre stata molto criticata per la semplicità e ripetitività del gameplay
Scelta che però si regge anche e soprattutto sul rinnovato sistema di combattimento, vera gemma di questa produzione. Negli anni infatti la serie Dynatsy Warriors è sempre stata molto criticata per la semplicità e ripetitività del gameplay, spesso accompagnato da grossissime incertezze per quel che concerneva hitbox, reattività nella transizione delle animazioni e possibilità di cancellare le azioni: un disastro per tanti giocatori.
Dynasty Warriors: Origins invece ci offre un protagonista solo, capace di impugnare tante armi differenti (da acquisire durante il gioco) e pronto a reagire a ogni minaccia presente sul campo. Di base si parte dal consueto utilizzo delle combo di colpi leggeri e potenti, a chi aggiungiamo la possibilità di schivare gli attacchi, di saltare (e realizzare anche combo aeree) ma soprattutto di eseguire le parry, che in questo titolo sono ben realizzate e fondamentali.
Il sistema di parata e contrattacco è infatti cruciale nella gestione degli scontri con gli ufficiali, ovvero i mini-boss strategicamente disposti sul campo di battaglia e che rappresentano l’ostacolo più grande per il completamento dei propri obiettivi, i quali possono essere liberare un territorio o un presidio, salvare un personaggio, distruggere un’arma nemica o chi più ne ha ne metta. Questi guerrieri sono in grado di impegnare il protagonista in veri e propri scontri 1vs1, al contrario delle migliaia di soldati che voleranno in un soffio spinti dai nostri colpi, e vanno spesso affrontati mentre si è assaliti a 360° gradi dalle forze nemiche.
Qui si nota il massimo splendore della meccanica: pur rimanendo un po’ rigidino sotto alcuni aspetti e migliorabile soprattutto nel tracciamento e orientamento dei colpi, il sistema di combattimento di Dynasty Warriors: Origins decide di consentire alla parry di cancellare qualsiasi azione, permettendoci di eseguire combo e attacchi speciali in libertà e premere il tasto dedicato alla parry nell’istante in cui ci accorgiamo che stiamo per essere colpiti, per contrattaccare efficacemente anche nel caos più totale e perfino in sequenza di parry a più nemici.
Un gioco che nel vivo dell’azione diventa esilarante a dir poco
Il risultato è un gioco che nel vivo dell’azione diventa esilarante a dir poco, in particolare quando il giocatore riesce mettere in sequenza l’azione del singolo alle tattiche delle forze alleate. Il nostro compito infatti è assicurarci che il piano di battaglia mostrato prima di ogni missione venga eseguito, intervenendo nelle situazioni che lo richiedono per offrire la nostra spada e permettere che tutto vada liscio. Questo di solito porta al raduno delle forze in campo che partono all’assalto contro le roccaforti nemiche, oppure all’attuazione di tattiche speciali che possono cambiare l’equilibrio della contesa e che altrimenti non avverrebbero.
Quello che deve essere chiaro è che Dynasty Warriors: Origins, così come i suoi predecessori, è un gioco solo all’apparenza banale: il gameplay non consiste (e non lo è mai stato) nel premere sempre lo stesso tasto a caso per abbattere orde di nemici inermi, ma è sintetizzabile invece nella ricerca dell’esecuzione “perfetta”. Il nostro ruolo di factotum ci porta infatti a muoverci sul campo prendendo decisioni in frazioni di secondo, scegliendo se aiutare questo o quel personaggio, e l’esecuzione di combo perfette consente di accorciare i tempi e avere maggiori occasioni di salvare i propri ufficiali, cosa che si traduce nell’avere più compagni nella battaglia finale o nell’evitare proprio il game over.
Dynasty Warriors: Origins, così come i suoi predecessori, è un gioco solo all’apparenza banale
La ricerca di questa perfezione si estende alle tante armi disponibili, che tra spade, lance, bastoni, chakram e via dicendo, non fanno mai mancare la scelta al giocatore. Ogni arma porta con sé uno stile di gioco completamente diverso e richiede un processo di apprendimento meticoloso, ma porta con sé interessantissime ricompense: migliorare nell’uso di un’arma ci permette di aumentare di grado come guerriero, ottenendo bonus diretti e accedendo ad alberi delle abilità che si sbloccano in sequenza dopo un tot di livelli.
Il tutto è davvero cruciale, perché anche a livello di difficoltà standard non mancano i picchi di difficoltà sul campo, tra nemici difficilissimi da buttare giù o situazioni soverchianti quando affrontate in modo incerto o approssimativo. Prima della missione è sempre importante controllare le proprie armi, verificando di equipaggiare quella con le abilità più adatte al nostro stile di gioco (che favoriscano attacco, parry od offrano altri bonus speciali), assicurarsi di avere seguaci con tattiche aggiornate e scegliere il compagno migliore tra gli ufficiali che occasionalmente ci potranno affiancare e offrirci supporto con i loro devastanti attacchi una volta caricati i rispettivi indicatori.
Se il gameplay brilla, qualche riserva è da ritrovarsi nella campagna principale. Ma non perché questa si riveli scadente o poco interessante, anzi, perché intrecciare il destino dei Tre Regni con la storia del protagonista privo di ricordi permette di mantenere sempre vivo l’elemento del mistero e veicolare attraverso il nostro avatar le azioni di chi ci circonda.
Il problema, se così possiamo chiamarlo, è che la narrativa è a tratti surreale, portandoci su un campo di battaglia in cui compagni e avversari cambiano di missione in missione, con la leggerezza di pedine consapevoli di far parte di qualcosa di più grande di loro, e in cui però si fatica a percepire il rischio della caduta se non nelle fasi finali, creando una certa disconnessione. La guerra è fatta di alleanze, strategie e sconfitte, ma nella prima parte ogni evento serve principalmente per svelare ideali e obiettivi di ogni personaggio, anche minore. Bisogna entrare in sintonia con il mood per apprezzare al meglio una scrittura curiosa ma decisamente peculiare.
Intrecciare il destino dei Tre Regni con la storia del protagonista privo di ricordi permette di mantenere sempre vivo l’elemento del mistero
A proposito di “mood”: Dynatsy Warriors: Origins compie una grossa virata rispetti ai titoli precedenti, proponendo un’esperienza seriosa e realistica, non certo priva di personaggi peculiari ma decisamente frenata per quel che concerne l’eccentricità con cui alcune figure storiche venivano rappresentate. Vero che la serie Dynasty Warriors è sempre stata più morigerata rispetto alla cugina Sengoku Basara di Capcom (lì davvero fuori di testa, e in senso buono), ma a mio modesto avviso si è perso un po’ di brio e di vivacità in nome di una storia dai toni più maturi.
Dove invece non si è verificata nessuna frenata è sul campo di battaglia, che offre un numero davvero incredibile di soldati sul campo e finalmente rende giustizia all’idea originale dell’1 contro 1000. Tra le tattiche di gruppo che muovono l’intero esercito e gli assedi, assistiamo a momenti davvero fuori di testa per il quantitativo di elementi coinvolti, stupendo davvero per l’agilità con cui il tutto viene gestito senza incertezze (ringraziamo PlayStation 5 e Xbox Series X|S per questo). Parliamo davvero del nuovo metro di paragone per il genere.
Finalmente rende giustizia all’idea originale dell’1 contro 1000
Un po’ di delusione è da ritrovarsi principalmente nei contenuti, per via del design vincolato alla storia principale di un singolo protagonista e per l’assenza di un post game realmente consistente. In seconda battuta invece è la difficoltà ad approcciarsi al genere, che una volta di più continua a generare sentimenti di “amore/odio” per quello che fa e quello che potrebbe fare.
Essere la scheggia impazzita che corre per il campo di battaglia è sicuramente adrenalinico, ma sarebbe ancora più divertente avere una maggiore gestione delle forze in campo, impostando i movimenti dei nostri compagni sulla mappa o prendendone addirittura il controllo nei momenti di difficoltà. Alcuni titoli ispirati alla serie Warriors lo fanno, potremmo iniziare a prendere nota anche nella serie principale!
Conclusioni
Dynasty Warriors: Origins è senza ombra di dubbio il miglior gioco della serie dal punto di vista del gameplay: l’impegno profuso da Omega Force e Koei Tecmo per offrire un sistema di combattimento divertente e avvincente è palese e va riconosciuto in tutti i suoi aspetti positivi. La direzione intrapresa è quella giusta e va finalmente a collocare un franchise per troppo tempo snobbato dalla maggior parte dei giocatori nel posto che gli spetta, ovvero quello dei titoli che offrono una valida fusione tra azione, strategia e grinding.
Al tempo stesso però è un gioco che incarna molti dei difetti dei “nuovi inizi”, andando a perdersi per strada qualcosa dal passato (la vivacità dei personaggi e delle situazioni, ma soprattutto il quantitativo dei contenuti) in favore di una maggiore solidità e compattezza dell’esperienza, comunque apprezzabile.
Sicuramente Dynasty Warriors: Origins è un ottimo modo di avvicinarsi alla serie, a patto che vengano realizzati nuovi titoli in grado di costruire ed espandere su queste interessanti basi. Sarebbe complicato invece recuperare le vecchie produzioni, ormai sorpassate e obsolete a livello di mero gameplay: spazio al futuro quindi, perché da qui si può solo migliorare!
Good
+Il sistema di combattimento è stato rivoluzionato e funziona alla grande+La storia originale è ottima per i nuovi giocatori+Le battaglie possono essere davvero colossali ed esilaranti+Tecnicamente non si inceppa maiBad
-Deboluccio narrativamente-Post-game limitato
Commenti