Con quattro lustri di esperienza ( non chiamatela “vecchiaia”) sulle spalle, cinque titoli ufficiali sulle spalle ed un buon numero di espansioni con la “E” maiuscola, è innegabile attribuire a Bethesda il merito di aver scritto pagine fondamentali del genere GDR di stampo squisitamente occidentale, così come di aver riscritto, reinterpretato e sdoganato ad un pubblico impensabile fino a 4 o 5 anni fa il genere stesso. I suoi titoli, veri e propri capolavori per chi vi scrive, hanno sempre centrato il bersaglio: offrire un’esperienza estremamente immersiva, visivamente sublime e far perdere ore ed ore ed ore tra quest, tesori da scovare e regni da salvare ad ogni singolo giocatore pronto ad invadere virtualmente Tamriel e i suoi vasti continenti.
Peccato per quel “singolo”…oppure no?
In molti si son chiesti come sarebbe un titolo della serie dotato di comparto multiplayer. Molti altri neanche vogliono sentir parlare di una simile blasfemia. Quando Bethesda decise di rimuovere il velo dal suo progetto più top secret ed ambizioso, The Elder Scrolls Online l’obiettivo sembrava chiaro: soddisfare entrambe le fazioni. E dal poco che ci è stato possibile provare in quel dell’E3, circondato da nazisti (alle mie spalle era possibile testare il nuovo Wolfenstein) e repliche di armi e armature provenienti dall’intera serie, l’impressione è che le premesse ci siano tutte.
In primis, ciò che colpisce è l’intero apparato tecnico/grafico: tralasciando il fatto che MMORPG con una simile grafica non ne ho mai visti, abituati come si è allo stile spartano e antiquato di un World of Warcraft, o a quello un po’ più curato ma sempre approssimativo di Guild Wars, vedere fiumi estremamente realistici, foreste rigogliose ed animazioni al pari passo con le ultime produzioni del team in un titolo così immenso e che verrà invaso, si spera, da milioni di giocatori, è un qualcosa di unico. Non ho fatto però in tempo ad apprezzare la bontà dell’engine che subito son stato travolto dalla perfetta commistione di stili artistici provenienti da tutti i continenti visitati (o immaginati) nelle mie storiche traversate sui lidi di Vvardenfell o Cyrodiil, tra archi, strutture, strade ed individui tutti nuovi ma al contempo familiari. Vengo subito buttato nella mischia con un personaggio di livello 5, classe casuale, e ho la possibilità di scegliere unicamente tra le 3 razze di una delle 3 fazioni (celeste, rossa e gialla), ognuna a sua volta dotata di 3 altre razze (per un totale di 9): tra bretone, red guard ed orco, scelgo la prima, ed è subito amore. Il sistema di combattimento è simile ai capitoli classici: col tasto sinistro del mouse si attacca, col destro si para, con l’aggiunta della doppia pressione, la quale permette di caricare e stordire temporaneamente i nemici che stanno per scagliarci contro una magia.
La prima differenza risiede non tanto nell’HUD, a tratti simile a quello di Morrowind, quanto nei menù stessi, decisamente più spartani e spogli, forse un po’ troppo, ma effettivamente, perdersi tra pozioni ed incantesimi mentre qualche nemico o giocatore può approfittare della nostra distrazione sarebbe stato letale in un MMORPG. Certosino è invece il lavoro svolto in fase di caratterizzazione degli NPC, tutti estremamente vari (lungi dagli impersonali burattini visti nei titoli concorrenti) e con moltissime cose da dire, come nella serie principale. Avremo numerose opzioni di dialogo per arricchire la vastissima lore del gioco, così come la possibilità di scavare a fondo e scoprire se magari è possibile aiutarli con una bella quest dalla quale trarre punti esperienza e bottino.
Riguardo skill e sistema di crescita, il primo assaggio ha evidenziato una sorta di ibrido tra single player e multiplayer, con vari scaglioni di skill divise in base alla tipologia di arma o armatura equipaggiata (One Handed, Two-Handed, oppure Medium Armor, Heavy Armor, ad esempio) , niente quindi singolo livello lungo il quale progredire, attribuendo skill point asetticamente, ma la necessità, come accadeva in particolare in Morrowind, di livellare in ciò che in cui si sta effettivamente crescendo in esperienza ed utilizzo, potendo poi apprendere le abilità preferite in base al livello raggiunto.
Lungo la breve prova ho avuto modo di esplorare alcune foreste e villaggi, nei quali ho potuto sgraffignare tutto quello che capitava a portata di mano, da carne di topi a inutili utensili(come accade nella serie madre), mentre le poche quest provate sono sembrate molto varie ed originali: dal classico “ammazza X imp“, alla ricerca di alcuni cittadini sperduti, sino al dover spegnere dei piccoli incendi, previo recupero di un secchio e successiva scoperta di un pozzo dal quale attingere l’acqua necessaria.
Troppo poco per saggiare la bontà dell’apparato narrativo/ludico di un gioco che si prospetta davvero immenso (complice le dimensioni della mappa, davvero enorme)…non nego però di non veder l’ora di poter mettere le mani sulla beta quanto prima.
[hr]
L’approdo all’online da parte di una delle serie RPG single player-only per antonomasia pare sia fissato per il prossimo anno, ed è stato recentemente confermato che, oltre che su PC, avremo la possibilità di esplorare Tamriel in compagnia anche su entrambe le console next-gen. Bethesda è ancora restia a svelare il business model del suo nuovo titolo, ma non sono in pochi a scommettere sull’ipotesi “fee mensile“: una scelta ardua , viste le recenti cadute di alcuni titani come Bioware (on il suo Star Wars: The Old Republic), ma se le premesse di avere tra le mani un RPG always online, piuttosto che l’ennesimo MMORPG, venissero confermate, la mastodontica mole di fan, ne sono certo, non esiterebbe ad aprire il portafoglio per il compendio in salsa multiplayer di una delle serie più amate e coinvolgenti della storia del gaming.
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