News 12 Giu 2014

E3 2014 – Metal Gear Solid V: The Phantom Pain – Anteprima

Los Angeles – Ci sono cose che difficilmente si scordano. Una di queste, ad esempio, è incontrare Hideo Kojima a pochi metri dal booth Konami, chiedergli con umiltà una foto di gruppo e magia, ti ritrovi nel cellulare la selfie dell’anno. Un’altra, invece, è assistere alla presentazione hands off del primo estratto di gameplay di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain. Una presentazione su cui potremmo spendere tonnellate di parole, che tuttavia riuscirebbero a fatica ad esprimere quella sensazione di magnificenza, stupore e perfezione videoludica che la mezzora trascorsa in compagnia dello staff di Kojima Productions ha trasmesso. Mettiamola così: doveste mai essere alla ricerca del Best of E3 2014, ora l’avete trovato.

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Il nostro hands off di The Phantom Pain inizia con quel trailer che, immagino, avrete visto e rivisto anche voi più volte. Metteteci uno schermo enorme e un impianto audio che sparava a volume altissimo una delle migliori soundtrack mai utilizzate per un trailer e ok, difficilmente avrei potuto immaginare una partenza migliore. Parlando più dettagliatamente della demo, si tratta della classica missione di recupero tenuto in ostaggio dai sovietici nel mezzo di un avamposto desertico in Afghanistan (piccola nota a margine, il volto di Kazuhira Miller, obiettivo della missione, era lo stesso dello sviluppatore che guidava la demo). La mappa di The Phantom Pain, che ricordiamo essere il primo esperimento open world all’interno della serie, è grossomodo grande 200 volte quello di Ground Zeroes: la missione a cui abbiamo assistito, nella fattispecie, è stata progettata per evidenziare le abilità di Snake nell’esplorazione, nell’avvicinamento al nemico e nel combattimento, sia esso più stealth oriented che squisitamente action. Il primo elemento “nuovo” a saltare all’occhio è il cavallo, mezzo di trasporto ideale per la steppa afgana che offre a Snake una posizione celata per eliminare i soldati avversari: il mercenario silenzioso può nascondersi lungo il fianco dell’animale, uscendo dalla “copertura” solo al momento più indicato per sparare.

A fianco dell’immancabile iDroid, utile per marcare le posizioni di interesse lungo la mappa, Snake può affidarsi ad un binocolo all’avanguardia con il quale identificare e taggare a distanza di sicurezza le forze nemiche: una procedura standard ma imprescindibile, se il nostro obiettivo è quello di muoverci con un minimo di tranquillità verso il nostro target primario. Qualora il numero di nemici fosse troppo elevato, o l’attività della suddetta base troppo intensa da rendere difficile il buon esito della missione, Snake potrà far scorrere velocemente il tempo ricorrendo al Phantom Cigar, diseducativo passatempo elettronico del nostro eroe che tuttavia, se usato con criterio, può renderci più facile la vita. Attendere l’oscurità per entrare in scena, ad esempio, potrebbe essere maggiormente indicato.

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Come già osservato in Peace Walker, l’acquisizione di soldati da convertire alla nostra causa è uno dei crucci principali di Snake. Il Fulton Recovery System – un palloncino aerostatico agganciabile e recuperato, una volta in volo, da appositi velivoli di Diamond Dogs – permette di ancorare soldati nemici, veicoli, container e persino capre. Cosa farne del povero animale, mai come quest’anno amato dal popolo di videogiocatori, sta a voi. Tutti gli oggetti recuperati in questo modo andranno ad aumentare il computo delle nostre risorse, permettendo in questo modo di estendere le dimensioni di Mother Base e avanzare le scoperte della divisione di Ricerca e Sviluppo. La trovata di Kojima non è solo brillante, ma semplifica sensibilmente le procedure di “occultamento cadaveri” per far mantenere a Snake un basso profilo. Ovvio che tale soluzione funziona solo in ambienti aperti, laddove il Fulton è libero si ascendere per poi essere recuperato (la probabilità di successo viene tuttavia mostrata ogniqualvolta il dispositivo venga utilizzato, fornendo una chiara indicazione al giocatore): i più maliziosi potrebbero obiettare che difficilmente l’esercito nemico non si accorga di un commilitone attaccato ad un palloncino e spedito come un razzo verso il cielo. Del resto, anche nascondersi sotto uno scatolone (gradito ritorno dopo l’assenza di Ground Zeroes) non rappresenta la trovata più intelligente per salvarsi la pelle, ma nessuno si è mai lamentato troppo. A tal riguardo, nel caso una guardia dovesse notarne il movimento inatteso, è possibile “uscire” da suddetta copertura con un tuffo frontale: intento a capire come possa muoversi uno scatolone vuoto, il nostro nemico è destinato a divenire un comodo bersaglio.

Anche la cosiddetta Intel rappresenta un aspetto cruciale di The Phantom Pain: i soldati semplici avversari possono essere interrogati per ottenere preziose informazioni sull’ambiente circostante o, come nella demo odierna, per avere dettagli sulla posizione dell’ostaggio. In alcuni casi alcuni potremo ricevere informazioni su eventuali tempeste di sabbia in arrivo, cosa molto frequente nel deserto afgano e che nei casi peggiori rischia di azzerare completamente la visibilità e trasformare la missione in un autentico calvario. Direttamente dalla base, invece, Snake potrà farsi spedire munizioni o armi speciali, a patto di avere un reparto di R&D sufficientemente evoluto, oppure richiedere il cosiddetto Supply Drop: un elicottero si avvicinerà silenziosamente verso un bersaglio marcato in precedenza, facendogli precipitare addosso uno scatolone. Un’opzione interessante qualora dovesse essere difficoltoso abbattere un nemico senza essere individuati da altri soldati nei dintorni. Inoltre, potremo richiedere informazioni aggiuntive per determinare la presenza di ulteriori nemici nascosti nella base e difficilmente localizzabili col solo binocolo.

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Prima di concludere l’analisi di questo primo assaggio di The Phantom Pain spendiamo due parole sul comparto tecnologico. Ma tranquilli, saremo estremamente brevi: strepitoso. La versione PS4 che abbiamo osservato vanta una risoluzione di 1080p per 60 frame al secondo, con una pulizia e nitidezza di immagine invidiabili. Come già accaduto in sede di Sony con The Order 1886, anche il titolo Konami presenta una continuità visiva incredibile tra cut scenes e ingame vero e proprio. Parlare di modellazione dei personaggi, di effetti volumetrici/particellari o di animazioni è superfluo: se non è la perfezione, la stiamo sfiorando pericolosamente. Volessimo davvero essere pignoli, l’unica cosa che possiamo recriminare a Snake è una camminata legnosa e quasi impacciata: ma è un neo al limite dell’invisibile, che svanisce di fronte alla magnificenza dell’intero impianto grafico. Il Fox Engine, in buone mani, è oro colato. Ancor più inutile sottolineare la bontà del doppiaggio in lingua inglese e, soprattutto, della colonna sonora che ha accompagnato la demo. Non saremo certo noi a ricordarvi il livello di maniacale perfezionismo che caratterizza ogni opera di Hideo Kojima.

Non è mail il caso di sbilanciarsi prima del tempo, ma Metal Gear Solid: The Phantom Pain è probabilmente il gioco più meritevole di essere incoronato Best of E3 assieme a The Witcher 3. Le novità introdotte in Ground Zeroes sono dove le abbiamo lasciate (bullet time per eliminare tempestivamente le guardie allertate in primis), ma al di là di un approccio open world che si dimostra estremamente accattivante già da ora si ha davvero l’impressione di essere di fronte ad un classico Metal Gear Solid. Difficile trovare punti deboli in una ricetta firmata Kojima perfetta sotto ogni punto di vista: c’è narrazione, gameplay, tecnologia. In una parola, c’è tutto quello che serve a confermare in largo anticipo la presentazione ufficiale di un futuro capolavoro. Chiedetelo a chiunque abbia avuto l’onore di averlo osservato in questi giorni.


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