a way out

A Way Out – Anteprima E3 2017

Los AngelesJosef Fares non è certo quel genere di persona che le manda a dire. Uno a cui l’espressione “sa il fatto proprio” va ragionevolmente stretta, l’ideatore del mai troppo lodato Brothers: A Tale of Two Sons, uno dei pochi in grado di perseguire la propria visione di gioco passo dopo passo, a qualunque costo, senza cedere al minimo compromesso. “Nintendo Switch? Ma scherzi? Non ha il secondo stick, non ci penserei nemmeno se mi dessero dieci milioni di dollari. Forse se domattina aggiungessero il secondo stick su ciascun Joycon ci potrei pensare: ma per adesso, si fott**o”. Fares, lo saprete tutti, è la mente pensante dietro A Way Out, un gioco indiscutibilmente sui generis figlio di una visione (un termine carissimo al regista, vista la frequenza con cui ne ha sottolineato la paternità) forse più unica che rara: un titolo esclusivamente per due giocatori, siano essi sullo stesso divano o online, pressoché interamente visualizzato in split screen. Un titolo che non prevede nemmeno l’ombra del single player, che spinge chi stringe il pad tra le mani a dialogare (costruttivamente, si spera) e, che più di ogni altra cosa vista oggi in occasione di EA Play, punta sulla componente cinematografica per emozionare, incantare e toccare le corde più malinconiche del nostro cuore.

A Way Out è un action adventure in terza persona, seppur si tratta di una caratterizzazione forse troppo stretta, che mette due giocatori nei panni di Leo e Vincent, due fratelli appena usciti di galera per i quali il destino pare avere in serbo qualcosa di memorabile. Nulla di più sappiamo sulla storia, custodita gelosamente da Fares come il più prezioso dei tesori: quello che sappiamo per certo, stando alle parole dell’incontenibile director e a quanto mostratoci nel corso del giocato, è l’interessante varietà di situazioni di gioco, che vedranno impegnati i due protagonisti in sezioni di combattimento, di esplorazione, persino “platform” a scorrimento. “E questo non è nulla” sottolinea Fares: “Una volta finito, A Way Out non sarà mai uguale a sé stesso. Le cose che vedrete oggi saranno esclusivamente in questa scena, poi cambierà tutto. E poi cambierà ancora una volta“.

Un po’ criptico, non c’è che dire, ma impossibile non notare nell’entusiasmo del nostro anfitrione quell’entusiasmo contagioso dettato dalla consapevolezza di avere qualcosa di grosso tra le mani. Un titolo che sì, punta sulla semplicità, sull’immediatezza di gioco e sulla capacità di mettere da subito il giocatore a proprio agio: ma, e qui viene il bello, infarcisce il tutto con scelte multiple, alberi decisionali, binari improvvisi il cui effetto è ulteriormente amplificato dal fatto che, a scegliere, saranno sempre due persone. E non sempre saranno d’accordo.

A Way Out

Un esempio? Nella demo odierna, incentrata su un furto in un distributore di benzina, i due eroi hanno a disposizione una sola pistola. Decidere chi dovrà usarla è toccato a chi vi scrive (nei panni di Leo) e un secondo giornalista, affidatisi – per dovere di cronaca – ad una morra cinese che ha lasciato il sottoscritto con in mano il proverbiale cerino. “Ma se la pistola l’avessi utilizzata io?“. Semplice, la storia sarebbe cambiata: in modo magari appena percettibile, muovendosi con attenzione e cercando di bloccare ogni possibilità di allarme (sabotando un telefono, magari, o minacciando e bloccando gli avventori del benzinaio), oppure in modo drammatico, qualora avessimo sfoderato il ferro e fatto sfuggire potenziali testimoni.

Al netto di una profondità dell’albero delle possibilità pressoché incredibile, uno degli aspetti di forza di A Way Out è proprio la presenza di un numero incredibile di variabili all’interno di uno stesso scenario. Non solo: ciascuna “variabile” potrà avere un comportamento differente a seconda che sia Leo o Vincent ad interagirvi. Un esempio? Le gomme da masticare non piacciono a Vincent, che tuttavia si dimostra molto più interessato alla birra del fratello Leo. Certo, il loro effetto sulla catena degli eventi potrebbe essere trascurabile, ma un dialogo con un NPC attratto positivamente da un personaggio e “inconsciamente” maldisposto vero l’altro potrebbe davvero far la differenza.

In tutto questo, e questo è un altro plus enorme di A Way Out, saremo sempre in due a giocare. Due teste, due opinioni, due “avventure”: avventure che saranno sì collegate, ma nessuno vieta a Leo di andarsene un po’ in giro ed interagire con lo scenario mentre Vincent punta la pistola contro la sfortunata cassiera. O, magari, di occuparsi delle persone coinvolte e della cassaforte. Sotto questa luce, le potenzialità del titolo di Fares sono incredibili, così come il suo coefficiente di rigiocabilità: vuoi per la fortuna, vuoi per quell’intuizione “suggerita” dal regista, siamo riusciti a svuotare la cassaforte e a schivare l’arrivo della polizia per pochi secondi, nonostante l’intervento di una testimone lasciata incautamente da parte. Ma sarebbe bastata una disattenzione o una scelta diversa per approdare ad un esito totalmente diverso: niente polizia, ad esempio, o un intervento massivo delle forze dell’ordine. Sì, insomma, il famoso battito d’ali di una farfalla che provoca uno tsunami dall’altra parte del mondo: impossibile non notare un parallelo con l’opera di Cage e dei Quantic Dream in A Way Out, nonostante questa natura totally-coop lo rendano davvero merce più unica che rara nel mercato videoludico.

A Way OutAltro appunto positivo, a margine della demo vera e propria, è la cura riposta dallo sviluppatore nella realizzazione della scena: “per questi cinque minuti di gioco abbiamo realizzato oltre 300 animazioni“, ci dice Fares, oppure – mostrandoci una ripresa motion capture salvata nel suo cellulare “mio fratello ed io abbiamo rifatto questa scena venti volte. Non sapete le risate“. Questo per dire che, pur essendo di fronte ad una produzione dal budget non certo pantagruelico, il perseguimento di quella famigerata visione che più volte vi abbiamo citato ha un costo, in termini di sviluppo e di forze dispiegate, non certo trascurabile. Ma possiamo garantirvi che, dopo nemmeno 10 minuti di giocato, lo sforzo vale la candela.

Non vediamo l’ora di provarlo una seconda volta

Uno sforzo su cui, al momento, difficilmente riusciamo a trovare dei talloni d’Achille, Tecnologicamente il titolo ha una propria dignità, dimostrandosi piacevole e curato sotto molteplici aspetti. Si tratta di una produzione rivolta per lo più agli amanti delle buone sceneggiature e delle esperienze trasversali, dove l’emotività gioca un ruolo primario rispetto all’azione vera e propria – anche se, come ribadito dallo stesso regista, la natura polimorfa della propria creatura non implica l’assenza di scene più “frenetiche” e adrenaliniche. Di certo, non è un titolo “spara spara” dall’esplosione facile: ma, permetteteci, per chi vi scrive va benissimo così.

In ConclusionE3

A Way Out è stata una sorpresa: unico e particolarissimo, mescola l’esperienza dietro alla macchina da presa di Fares ad un gameplay coop-only capace di stupire per profondità e libertà decisionale lasciata ai giocatori. Non c’è limite alle scelte, alle possibilità, alle opzioni con cui approcciare una missione – anche quando si tratta di scelte banali, come decidere chi dovrà portare con sé la pistola. Fares ci mette davvero del proprio, cercando ancora una volta di irretire i giocatori con una narrazione malinconica e cinematograficamente perfetta, impreziosendo il tutto con delle meccaniche davvero alla portata di tutti, che sublimano tuttavia in un qualcosa di raro ed eccellente una volta viste nel proprio insieme, quando due giornalisti mai incontratisi prima pianificano le mosse ideali per uscire indenni da una rapina di una manciata di dollari. Quello di EA si configura da subito come uno di quei titoli da tenere sotto stretta osservazione: noi, dal canto nostro, non vediamo l’ora di provarlo una seconda volta.