Quando ho iniziato il mio viaggio nell’Interregno, in occasione della recensione, Elden Ring era ancora un mistero da svelare. Una mappa da scoprire, una storia da analizzare e comprendere. Tuffarsi nell’Interregno completamente blind (o quasi, visto il Network Test) si è rivelata una bellissima scommessa. Del resto, la complessità delle interazioni e del mondo di gioco era ben chiara a tutti, visti i precedenti lavori di From Software. Mai però mi sarei aspettato di ritrovarmi in un mondo di questa vastità e densità, come ho raccontato nella mia recensione. Ed è stato così fino alla fine, in un continuo gioco tra le mie aspettative e le scelte degli sviluppatori. Sovvertire ciò che è previsto e atteso, per dare al giocatore un senso di scoperta e meraviglia che ben pochi titoli riescono a restituire.
Prendiamo ad esempio la saga di Horizon, accostata di recente ad Elden Ring per una pura vicinanza temporale e di generi. Entrambi gli Horizon sono esperienze fortemente narrative e dinamiche, che svelano il proprio mondo di gioco attraverso uno storytelling scandito, puntuale. Missione dopo missione, l’Ovest proibito si mostra a noi in tutta la sua complessità e bellezza, affidando a precisi momenti esplorativi e di gameplay quell’effetto “wow!” tanto agognato.
Ma, come fu anche per Horizon Zero Dawn, il giocatore ha già un’idea dei confini e limiti del mondo che lo ospita. È celebre il messaggio di avviso quando si superano i confini consentiti della mappa, obbligando il giocatore a ritornare sui binari consentiti.
Elden Ring, in questo senso, riesce a ingannare il giocatore con una percezione falsata del mondo che lo ospita. Il primo momento in cui si mette piede a Sepolcride è bellissimo. Da un lato abbiamo la vista del Castello Grantempesta, altissimo rispetto a noi e con gli Alberi minori che si stagliano all’orizzonte. Dall’altro, un piccolo assaggio di una Sepolcride ancora tutta da svelare. La Chiesa di Elleh con la sua Sentinella dell’Albero, e tutto ciò che nel nostro campo visivo ci fa percepire la vastità di questo primo spazio. Ma è acquisendo le Mappe sparse per il mondo che scatta la vera magia, visto che sono le prime “colpevoli” dell’inganno di cui sopra.
Ogni mappa acquisita è un pezzo del puzzle in più, prima d’ora sconosciuto o percepito in modo errato. Dopo aver sconfitto Godrick e aver superato i confini di Grantempesta, Liurna lacustre e il suo immenso lago si aprono dinanzi ai nostri occhi. Meraviglia e stupore, con l’accademia di Raya Lucaria che svetta tra la nebbia. Una volta persi tra quei boschi, in quel lago prosciugato, l’inganno ritorna. Solo l’ottenimento di un pezzo di mappa ci mostra davvero lo spazio intorno a noi. Con i suoi riferimenti e la sua misteriosa e incomprensibile conformazione.
Durante il mio viaggio, ero ossessionato dall’ottenimento di questi frammenti di mappa. In groppa a Torrente, correvo come un pazzo per raggiungere il successivo, anche se ciò significava mettere a rischio le mie preziose rune. Avevo bisogno di sapere, di capire ciò che avevo intorno. In questo senso, uno dei momenti più belli dell’inganno di Elden Ring è quando From Software decide di squarciare quel velo, senza preavviso. Elden Ring è disseminato di scrigni teletrasporto, che una volta aperti ci lanciano chissà dove.
Molti di voi avranno sicuramente scoperto la regione di Caelid così, ricompensando un momento esplorativo con qualcosa di più di un oggetto prezioso. Ma c’è un ambientazione che porta questo concetto a un livello successivo, grazie ai misteriosi e affascinanti portali presenti per tutto il gioco. Mi riferisco ai Quattro Campanili, presenti nella mappa di Liurna. Questi campanili si scoprono un po’ per caso se siete voraci esploratori, ma sono in realtà visibili da una delle entrate di Raya Lucaria. Sono lì, giganteschi e perfettamente in mostra al giocatore durante la sua quest per entrare nell’accademia.
L’avidità è la più grande nemica di un giocatore di soulslike, ma anche lo stimolo per proseguire. La voglia di conoscere e scoprire, più di ogni altra cosa. Forse anche più degli scontri e delle boss fight, per qualcuno. I Quattro Campanili sono il simbolo di tutto ciò di cui vi ho parlato in questo articolo. Sbloccabili grazie a delle speciali spade di pietra, ognuno di essi custodisce un portale verso un’altra zona. Gli unici indizi sono i messaggi degli sviluppatori, che danno una vaga ed incomprensibile descrizione del luogo.
Accedere ad ognuno di essi fa scoprire luoghi in quel momento irraggiungibili, ai confini della mappa o delle sue fondamenta. Vedere la propria icona così distante da ciò che avevamo scoperto finora è elettrizzante, ma genera anche spaesamento. Fin dove può spingersi l’Interregno, e come posso raggiungere quel luogo? Una domanda semplice, con ben poche sfumature, ma così preziosa in un videogioco.
Elden Ring è un open world dannatamente affascinante, perché sa quando mostrarsi e come farlo. C’è un ritmo in tutto questo, una mano invisibile che guida i nostri spostamenti, come un topo da laboratorio nel suo labirinto. L’opera di From Software è un bellissimo labirinto, uno dei più belli degli ultimi anni. Come ognuno di noi ha vissuto o sta vivendo la sua esplorazione è soggettivo, unico persino. Ma non ci sono errori nel dire che la visione dell’open world di From sia magistrale sotto questo punto di vista.
E quanto ci sia bisogno anche di esperienze del genere, per ricordarci il piacere di uno stimolo intellettuale che vada oltre la gratificazione immediata, e oltre liste o icone da spuntare. Il piacere primordiale della scoperta, la curiosità verso lo sconosciuto che si svela a noi per la prima volta.
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