La storia di Elite Dangerous è una di quelle davvero strane. Un titolo che fa il botto su Kickstarter, che dalla sera alla mattina risveglia dal coma letargico milioni di giocatori e, pur mantenendo per lungo tempo un insolito status di early access, continua imperterrito a vendere e a far parlare di sé. Non che il panorama delle simulazioni spaziali sia il più affollato dell’attuale industria del videogioco, questo è vero: ma mettici un brand che, al tempo, rivoluzionò il genere scrivendone i paradigmi più assoluti, mettici quel David Braben che magari oggi conoscono in pochi ma che, a ben vedere, di cose da raccontare ne ha davvero parecchie, il ritorno negli spazi più aperti e sconfinati a commerciar materiali nelle galassie più impervie ha convinto popolo e giuria, raccogliendo consensi a destra e a manca sino ad ottenere una conversione, esclusiva per l’utenza di Xbox One.
Che il titolo di Braben fosse un puzzle destinato a completarsi nel tempo, ad essere davvero onesti, lo sapevamo sin dall’inizio. Un progetto ambizioso quello di Elite Dangerous, una sfida enorme contro l’ambizione verosimilmente smisurata di creare un vero universo (anche in termini di dimensioni) esplorabile, o forse è il caso di dire navigabile, figlio del lampo di genio del suo designer e di qualche routine pseudo-casuale utile a dare un po’ di brio al processo di generazione dei pianeti.
Dopo il fisiologico – e ottimo – rodaggio del titolo base, è giunto finalmente il tempo di parlare della prima grande espansione di Elite Dangerous, la tanto attesa Horizons, che abbiamo avuto modo di provare con la giusta tranquillità nella sua variante Xbox One. Un’espansione che, pur non dimostrandosi campionessa in quanto ad aggiunta di contenuti, dimostra ancora una volta quali siano le reali potenzialità di questa acclamata opera digitale: alte, altissime, come alto sarà l’esborso monetario richiesto, strano ma vero, a chi già possiede il titolo base. Ma di questo ne parleremo alla prossima sosta del nostro viaggio galattico.
Al netto di una manciata (si fa per dire) di nuovi pianeti e di due carrette stellari nuove fiammanti, precisamente la Cobra MKIV e la Viper MKIV, il menù di questo Horizons si esaurisce con le due portate principali, già da tempo introdotte alla platea di giocatori. La prima, e senza dubbio la più attesa, è la possibilità di scendere dalla nostra pesante navicella ed esplorare le superfici di alcune lune “selezionate”, alla ricerca di preziosi materiali o qualsiasi altra cosa possa essere venduta a caro prezzo a chi di dovere. La seconda, meno interessante soltanto all’apparenza ma, a lungo termine, dannatamente più accattivante, coincide con l’introduzione in gioco di dieci nuove Fazioni, gruppi di malintenzionati più o meno privi di scrupoli che si spartiscono bellamente l’universo conosciuto. Ovviamente potremo unirci a uno di questi gruppi, cercando di trarne il massimo profitto: ma possiamo garantirvi che, a svariati anni luce dal pianeta Terra, le alleanze possono essere più fugaci del previsto.
Partiamo dalla prima novità, l’esplorazione sulla superficie dei pianeti. Innanzitutto è bene specificare che non sarà possibile attraccare liberamente sul primo sferoide a portata di mano: sarà invece possibile atterrare esclusivamente su un numero selezionato di pianeti, che garantiscono condizioni di gravità e, soprattutto, di clima ottimali per la delicata manovra. Una combinazione indubbiamente “realistica” se letta in una chiave di pura simulazione, ma che finisce inesorabilmente per sfoltire gli allunaggi fattibili ad una percentuale davvero striminzita rispetto al tutto. Come da “tradizione Braben“, per atterrare in modo corretto saranno richieste pazienza, attenzione e padronanza di guida del proprio veicolo, laddove non si tratterà soltanto di “scendere fin quando si tocca il suolo” quanto, piuttosto, di valutare attentamente variabili come orbita del pianeta e relativa atmosfera. Se le condizioni lo permettono, dunque, ci ritroveremo a salutare temporaneamente la nostra nave madre per ritrovarci a bordo del dinamico SRV, acronimo di Surface Recon Vehicle (che, tradotto dalla lingua d’Albione, suonerebbe come Veicolo di ricognizione in superficie).
Il nostro SRV altro non è che un modulo d’esplorazione a sei ruote, con un motore delle grandi occasioni (non pretendere di trovare strade asfaltate lontani dalla galassia domestica, del resto) e una torretta direzionale con cui far fuoco se l’occasione lo richiede. Rispetto alle tradizionali astronavi di Elite Dangerous, l’SRV gode di una maneggevolezza decisamente più evidente, fattore che lo rende facilmente controllabile in pressoché qualsiasi circostanza. L’obiettivo di queste sezioni, indicato da un apposito radar, è semplice: recarsi in zone contenenti minerali da estrarre o altri materiali interessanti, caricare il nostro veicolo e tornare nell’alto dei cieli. Sarà tuttavia possibile imbattersi anche nei relitti di antiche navicelle precipitate sulla superficie ove ci troviamo noi ora, una fortuna non certo trascurabile considerando la bontà o la rarità degli oggetti che, solitamente, esse portano con sé. Tenete a mente però che, in queste occasioni, è praticamente sicuro lo scontro a fuoco contro sentinelle robotizzate tutto tranne che ospitali: meglio dunque avventurarsi in buona compagnia, sfruttando l’ottima infrastruttura multigiocatore del titolo.
Per quanto concerne l’introduzione delle Fazioni, non nascondiamo una certa perplessità nella scelta operata in sede di trailer, dove vengono parzialmente omesse, considerandone le potenzialità. Da un certo punto di vista è vero, in Horizons esse vengono sfruttate soltanto marginalmente, e fungono come pungolo per intraprendere missioni secondarie in pianeti altrimenti destinati a rimanere inesplorati, con conseguente commercio di oggetti raccolti e “upgrade vari” annessi: poco più di una side quest, in sostanza, che non introduce step in avanti o novità significative rispetto a quanto già visto da giocatori con anche solo un paio di mesi di esperienza sulle spalle. Nessuno ci vieta tuttavia di pensare quale possa essere il loro influsso già dai prossimi aggiornamenti, tanto a livello “narrativo” quanto – e soprattutto – di gameplay e missioni dedicate. Una lotta tra fazioni, bivi decisionali o cose del genere potrebbero dare un twist inaspettato al titolo di Braben, che pur dimostrandosi collaudato dimostra una certa staticità nella propria forma.
Da un punto di vista tecnologico, Elite Dangerous: Horizons si comporta bene, senza infamia e senza lodi particolari. Le visuali sono leggermente più pulite rispetto alle prime versioni del gioco base, gioco che anche sull’ammiraglia Microsoft fa la sua bella figura. Certo, la cura del dettaglio è ben lontana dall’essere certosina, al punto da diventare spartana in occasione degli allunaggi – con conseguente close-up sulla superficie del pianeta. In queste occasioni, a meno di pochi esempi il look & feel del geoide che ci ospita è pressoché invariato, privo di dettagli memorabili o di elementi che lo rendano davvero diverso da quanto visto finora. Non certo un problema trascendentale per un titolo che incentra ogni cosa sull’esplorazione, del resto.
Potenzialità enormi, ancora non del tutto espresse…
Discorso diametralmente opposto, duole dirlo, se analizziamo un aspetto solitamente lasciato in secondo piano dalle nostre recensioni, quello del prezzo. Al momento è disponibile un bundle di Elite Dangerous, che per una cifra che sfiora i 50€ permette di mettere le mani sul gioco base e sulla citata Horizons: non fosse che, per i possessori del titolo base, Horizons “liscio” costa la metà esatta del pacchetto, circa 25€. Non certo una cifra esorbitante, ma che non giustifica del tutto la quantità di contenuti effettivamente presenti nell’espansione – che, lo ricordiamo, si esauriscono in alcuni pianeti da esplorare, qualche missione secondaria decisa dalle Fazioni e due nuove astronavi. Secondo il nostro modo di vedere si tratta di una scelta opinabile, che va a penalizzare in modo evidente i fedelissimi del titolo, che ne hanno contribuito al suo sviluppo sin dalle early access. E che, nonostante tutto, difficilmente sapranno dir di no anche a questo pacchetto aggiuntivo.
Elite Dangerous: Horizons, per gli amanti della leggendaria IP di David Braben, ha lo stesso potere che il miele esercita sulle mosche. Un’attrazione incondizionata e totale, dettata dalla curiosità di vedere dove quel mastodontico universo sconosciuto possa spingersi: o dove possa arrivare il genio del suo designer, in grado di mantenere sinora la parola data con un prodotto non certo per tutti, ma praticamente perfetto per la nicchia a cui è dedicato. Con Horizons, Elite Dangerous non subisce certo una battuta d’arresto, anche se alla fine della fiera l’impressione che si potesse fare qualcosa di più è forte. Specie considerando il prezzo richiesto da questa espansione, ai limiti dell’eccessivo per i possessori del titolo originale. Questo perché Horizons il compito lo svolge bene come sempre, ma ci mette giusto quel minimo di impegno per portare a casa un voto positivo. La quantità dei contenuti proposti in questa sede non pare quasi in linea con la vastità dell’universo che il titolo offre: due navicelle, le Fazioni e l’allunaggio rappresentano sì add-on interessanti, soprattutto gli ultimi, ma non riescono a svecchiare come dovrebbero delle dinamiche di gioco che, nonostante l’ottimo rodaggio, iniziano a sfiorare il confine del ripetitivo. Restano delle potenzialità enormi, sfortunatamente ancora inespresse. Speriamo vengano sfruttate come si deve nella prossima tappa di un viaggio che, sulla carta, potrebbe davvero lambire l’infinito. |