Tra i pionieri della Realtà Virtuale, a spiccare è un nome: CCP Games. Il team islandese è stato tra i primi a scommettere su questa “nuova” tecnologia, che tra dubbi e detrattori continua la sua lenta ma, almeno per il momento, inarrestabile ascesa verso i cuori, le teste e le case dei giocatori. Una tecnologia che per molti è una vera e propria “filosofia”: il suo EVE: Valkyrie, del resto, è figlio di una perfetta sintesi tra EVE: Online, il progetto “padre”, e un modo nuovo di giocare, che unisce brillantemente l’utile (la giocabilità) al dilettevole (l’immersione pressoché completa).
Di videogiochi a base di combattimenti tra navicelle spaziali ne abbiamo giocati una marea. Ma in quanti era possibile vivere una simile esperienza all’interno dell’abitacolo, ricostruito minuziosamente, con le sue leve, i suoi pedali, i suoi “gingilli” necessari alla lettura e alla comprensione di ciò che accade all’esterno di quell’abitacolo virtuale, nel buio omega dello spazio?
E più che altro, in quanti era possibile seguire i movimenti degli avversari nella maniera più naturale possibile, ovvero muovendo istintivamente e spontaneamente la testa, e rincorrendo con lo sguardo l’astronave nemica, senza che quest’ultima potesse sparire nel giro di un batter d’occhio dall’ormai obsoleta cornice di un noioso e banale monitor?
EVE: Valkyrie, insomma, riesce ad offrire un nuovo modo di giocare un genere vecchio come il mondo, ma senza strafare, con un’ambizione lontana anni luce da quella di EVE: Online, tarpandosi da solo le ali metalliche, divertendo, senza però convincere pienamente.
Nonostante la natura “compatta”, CCP Games ha comunque donato uno sfondo narrativo affascinante al suo “bis” in VR, e nello specifico, PlayStation VR (il debutto ufficiale risale al mese di marzo di quest’anno, con Oculus Rift, ma è prevista anche una versione per HTC Vive): quello da noi controllato è un valoroso pilota. Un valoroso pilota morto. Lui, come altri suoi prodi commilitoni, è stato toccato dalla fredda mano del mietitore durante una missione di ricognizione apparentemente tranquilla. E successivamente, tramite una potente e pericolosa tecnologia, riportato in vita… almeno “tecnicamente”: è infatti un clone a portare avanti il suo nome e i suoi ricordi, così come il suo desiderio di giustizia e vendetta.
Nonostante la natura “compatta”, CCP Games ha comunque donato uno sfondo narrativo affascinante ad EVE: Valkyrie
Parte dei cloni si è infatti ribellata all’autore di questa “risurrezione” di massa, lo spietato Fatal, un’operazione dal nome in codice “Project Schism”. Capeggiati dalla carismatica Rán, combatteremo per la sopravvivenza con il nome di “Valkyrie” a bordo di potenti astronavi in 5 angoli di universo. Una premessa niente male, che però non viene minimamente esplorata o approfondita: le 4 missioni della campagna in singolo sono infatti molto brevi, e nonostante la presenza di dialoghi e informazioni legate al background narrativo, hanno più le sembianze di un tutorial. Il resto offerto dall’esperienza in solitaria è composto dall’Addestramento, utile a prendere confidenza con i controlli (tutt’altro che machiavellici), una modalità Sopravvivenza a base di orde di navicelle nemiche, minata dall’inspiegabile assenza della pausa (basta una lente appannata per mandare all’aria un’intera partita), e la modalità Esplora, una buona intuizione rovinata però dalla noia: viene richiesto al giocatore di, prevedibilmente, esplorare i livelli, gli stessi che fungono da teatro degli scontri, a caccia di Eco e “Pezzi” (sic), ma mentre i primi vengono quantomeno segnalati con un’apposita icona, i secondi vanno cercati e distrutti senza alcuna indicazione, ben mimetizzati tra asteroidi, o comunque sparsi nei vasti livelli. Un’impresa ai limiti del soporifero, che solo i completisti più folli oserebbero portare a termine.
Il core dell’esperienza, com’era lecito sospettare (e aspettarsi, dato il materiale d’origine), è il comparto multiplayer, quello più coinvolgente (la disparità tra la difficoltà riscontrata nell’abbattere le astronavi gestite dall’IA e quelle dei giocatori è abissale), e in grado di estendere potenzialmente all’infinito la longevità di EVE: Valkyrie. I problemi però sono molteplici, tra i quali la scarsità dei contenuti offerti è quello più evidente, con solo tre modalità preposte, e un totale di 5 già citate mappe, vaste e ben realizzate, ma che, data la natura “a gravità zero” del gioco, non offrono chissà quali brillanti spunti di level design. C’è il classico Deathmatch a Squadre 8 vs 8, Controllo, che ci vede conquistare dei punti nevralgici posizionando dei droni, da proteggere durante la cattura dagli attacchi nemici, e infine la modalità più esaltante, Assalto alla nave da trasporto, divisa in più fasi, in cui i team si contendono una enorme astronave, per poi difenderne (o attaccarne) i punti deboli e, nella terza e ultima fase, proteggere (o distruggere) il nucleo centrale.
Sono tutte e tre modalità divertenti da giocare, e il merito va senza dubbio al gameplay: è veloce, a tratti frenetico, senza però risultare troppo confusionario, grazie sia all’impronta puramente arcade, più intuitiva e meno impegnativa rispetto agli altri esponenti del genere, ma anche ai bonus offerti dalla realtà virtuale, che garantisce una panoramica a 360°, e di conseguenza un maggior controllo sull’azione, potendo seguire le vorticose fughe degli avversari con più semplicità, tenendoli così sotto controllo in ogni istante.
Il core dell’esperienza, com’era lecito aspettarsi, è il comparto multiplayer
Tre, inoltre, sono le classi di astronavi principali presenti (più una quarta, Leggendaria): Caccia è il compromesso tra velocità e potenza; Pesante predilige la forza bruta e la resistenza alla libertà di movimento; infine c’è Supporto, la più “delicata”, e per certi versi la più difficile da utilizzare, ma si tratta al contempo della classe più utile, tra le sue preziose cure e i suoi attacchi chirurgici. Avanzando di grado (sia in quello generale che in quello delle singole classi) se ne sbloccheranno di nuove, ognuna con armi specifiche: ad esempio, i caccia avranno quasi sempre un lancia-missili (controllato via head-tracking) col quale ridurre lo scudo (che viene ripristinato col tempo) degli avversari, e una mitragliatrice per la salute di base (terminata la quale c’è la morte), mentre le astronavi pesanti, come primaria hanno un lancia-razzi, e come secondaria un mini-warp per sporadici scatti verso un obiettivo o un nemico, oltre che uno scudo per proteggersi dai missili in arrivo. Insomma, ci saranno numerosi loadout possibili, da intercambiare in ogni momento… più o meno.
Ecco l’altro problema di EVE: Valkyrie: come un accattone, chiede continuamente qualcosa al giocatore. Lo costringe a sbloccare faticosamente anche qualcosa di basilare, come gli slot per i loadout (un massimo di 4, l’ultimo dei quali ottenuto al grado 20, tutti, peraltro, da acquistare con l’Argento, la valuta in-game), pena, il doversi barcamenare nei futuristici ma tutt’altro che comodi menù ogni dannata volta, anche per testare solo 5 minuti la nuova astronave sbloccata. Oppure ad accumulare crediti per ore e ore, solo per acquistare una livrea. Una meccanica che appare ingiusta, un po’ perché i già citati contenuti, tra mappe e modalità, non offrono chissà quale varietà, un po’ perché tradisce il suo retaggio “free-to-play”: il gioco era infatti incluso gratuitamente in ogni pre-order di Oculus Rift, e in quel caso, il ricorso alle microtransazioni poteva essere un minimo giustificato. Su PS4 però, EVE: Valkyrie viene venduto a 60€, quasi prezzo pieno, e per quanto si tratti principalmente di modifiche e bonus puramente estetici (tranne gli Impianti, boost EXP, che però, a conti fatti, sono abbordabilissimi anche con la sola valuta in-game), traspare l’intento del team di rendere più faticosa la progressione, generando una certa “pesantezza” che non fa altro che aumentare la noia generale (e non bastano le sfide giornaliere a risollevare la situazione).
Una progressione lenta e faticosa…
È un vero peccato, perché gli scontri sono davvero divertenti e piacevoli: le battaglie nello spazio hanno sempre il loro fascino, soprattutto se le si può vivere nel cockpit di un’astronave. Non sono state poche le volte in cui siamo rimasti a fissare imbambolati gli interni del nostro caccia, o i relitti che, silenziosi e privi di qualsiasi forma di vita a bordo, galleggiavano nel vuoto cosmico. Oppure le scie di asteroidi, gli immensi pianeti sullo sfondo, le strutture aliene fredde e austere, il tutto reso in maniera piacevole, nonostante i movimenti vorticosi (lievemente fastidiosi, almeno per chi scrive, solo in fase di rollio) e la bassa risoluzione (scordatevi il dettaglio e la fluidità della versione PC, ovviamente)… Insomma, un teatro più che degno per combattimenti studiati per trarre il massimo dalla cooperazione, salvando la pelle ad un alleato, o contribuire alla distruzione di un nemico particolarmente veloce. Il succo però resta sempre quello, e nonostante il netcode stabile e un matchmaking quasi sempre infallibile, è inevitabile che, alla lunga, si finisca con lo stancarsi.
EVE: Valkyrie poteva e doveva essere una delle killer app di PlayStation VR, al pari di un ben più valido RIGS, e invece, pur condividendo con quest’ultimo il buonissimo (nei limiti della VR su console) comparto grafico e il sapiente utilizzo della realtà virtuale, oltre che l’abilità nel far immedesimare il giocatore, pecca altrove. Scarsi contenuti, affascinante sfondo narrativo solamente scalfito nella componente in singolo, e una lentezza e macchinosità che si respirano in ogni suo angolo, le quali azzoppano l’esperienza e lasciano vagamente il sospetto che, oltre ai 60€ di base, CCP Games voglia spillare soldi extra per meri orpelli estetici. L’head tracking con cui controllare il mirino dei missili (o con cui sfogliare il futuristico menu di gioco), così come i vasti e curati livelli, sono indubbiamente uno spettacolo da vedere, di quelli in grado di mozzare il fiato, ma una volta esaurito l’effetto “Wow!”, di EVE: Valkyrie vi rimarrà davvero poco (a meno che non siate dei super-fan del dogfighting, s’intende). |
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