Il solco lasciato da Mass Effect: Andromeda è ancora molto profondo: l’ultimo capitolo dell’epica saga sci-fi di Bioware ha spaccato critica e pubblico, e ha messo a repentaglio il futuro della saga stessa. Al contempo però, l’impatto che il brand ha avuto sull’industria videoludica è ancora tangibile, e non deve sorprendere più di tanto la presenza di emuli e cloni più o meno palesi, che provano e proveranno ancor più frequentemente, viste come si sono messe le cose, ad insinuarsi in quella nicchia gigantesca lasciata ormai vuota. Tra loro c’è anche Edy Tarsoli, “one-man army” dietro Elder Games e il suo nuovo progetto, EverReach: Project Eden. Si tratta di un action/RPG sci-fi che ricorda pesantemente proprio quel Mass Effect, ovviamente però in forma decisamente più contenuta, ma non per questo meno ambiziosa. Sia chiaro, qui i credits li vedremo dopo 8 ore scarse, circa il doppio esplorando ogni singolo anfratto, mentre nel mastodontico gioco di Bioware, in quello stesso lasso di tempo poteva dirsi concluso il tutorial; al contempo però, calcolando il poco tempo che si ha da investire nel completamento di un gioco di ruolo, in questo periodo storico caratterizzato da un mercato saturo e stracolmo di proposte interessanti, accogliere a braccia aperte progetti con quelle stesse atmosfere e volontà di raccontare storie memorabili è cosa buona e giusta.
EverReach ha più motivi per essere considerato un “Mass Effect in miniatura”, e non solo per il gran numero di citazioni: nel design in primis, e negli inevitabili richiami narrativi, con la classica storia di un’umanità, qui sull’orlo dell’estinzione, costretta ad affacciarsi al di là del sistema solare per trovare un nuovo “Eden” su cui vivere, e con l’altrettanto inevitabile dose di alieni cattivi pronti ad accogliere l’equipaggio sventurato atterrato per errore lì sopra. Del resto, pur trattandosi di un progetto condotto da un solo sviluppatore, il buon Tarsoli si è avvalso di alcuni illustri collaboratori esterni, a partire da Michelle Clough, che ha lavorato proprio a Mass Effect 3, e da D.C. Douglas, voce già presente in Mass Effect 2-3, sentita anche su Resident Evil. E l’influenza del gioco di Bioware si vede e si sente tutta, dall’interfaccia a persino il font dei dialoghi, anch’essi a risposta multipla (che porteranno a diverse diramazioni, ma ad un unico finale). Sappiamo ancora poco sulla trama, avendo potuto vedere in azione solamente tre missioni: di certo sappiamo che quest’ultime saranno divise in principali e secondarie, come da tradizione, con un quartier generale dei terrestri che funge da hub principale in cui potenziare l’equip e scambiare quattro chiacchiere con volti amici, da cui partiremo all’avventura di volta in volta, nei panni del Tenente Nora Harwood, in mappe a compartimenti stagni da esplorare alla ricerca di risorse (con cui apprendere nuove abilità nello skill tree) e nemici da abbattere. In nostra compagnia ci sarà il prode 73-Q, drone di supporto con una spiccata ironia, che ci ha regalato dei momenti davvero esilaranti già nella fase di tutorial, e che, siamo certi, non si tratterà di casi isolati.
Il sistema di combattimento è molto basilare: si mira e si spara ai nemici (senza troppa precisione, essendoci una sola, grande hitbox), utilizzando un fucile e/o una pistola, entrambi potenziabili, e ci si copre grazie a cover dinamiche, ma senza la profondità tattica di quello visto nella serie di Bioware, né una IA realmente impegnativa. Questo però non significa che il gioco sia semplice: in una delle missioni c’era la necessità di evitare scariche di bombe nemiche facendo slalom a bordo della Zeus, hoverbike in grado di andare anche sull’acqua, con un assalto senza tregua che ci è parso davvero estenuante. Quel particolare frangente però ha fatto emergere anche tutta la natura molto grezza dal punto di vista puramente tecnico del gioco: il grosso del codice è stato scritto da un solo sviluppatore, come detto, il quale si è affidato ad asset pre-confezionati, e per quanto qualche buona intuizione dal punto di vista del level design si intraveda, visivamente lascia abbastanza a desiderare, tra una certa legnosità nei movimenti della protagonista sia in fase esplorativa che nei combattimenti, e un generale anonimato degli NPC, risollevati comunque da un discreto doppiaggio e dal curato lip-sync.
Nonostante l’uscita prevista per la fine dell’anno (su PC, Q1 per PS4 e Xbox One), EverReach: Project Eden appare ancora molto acerbo, con una certa legnosità nel combat system, una premessa sin troppo classica e una certa mancanza di originalità, con un’esagerata sudditanza da Mass Effect. Al contempo però, se si tiene a mente che c’è un solo individuo dietro questo progetto, non si può che restare a bocca aperta: la cura per i dettagli appare quindi certosina, a partire dal doppiaggio e dal lip-sync, il comparto grafico, al netto dei problemi, è sicuramente d’impatto (minato però dall’abuso di asset pre-confezionati), e i dialoghi denotano una certa personalità, con un tocco di ironia che non guasta mai. C’è sicuramente la voglia di stupire con location “aliene”, come un deserto pieno di insidie e una vasta foresta caratterizzata da una curiosa flora extraterrestre, e di regalare un’esperienza piacevole senza la pretesa di riscrivere i paradigmi del genere o di monopolizzare il tempo libero del giocatore: sono proprio questi i due cardini su cui dovrà puntare Elder Games per riuscire nel suo obiettivo.