Un extraction shooter che deve ancora trovare la sua strada
Il tempo stringe. Mancano solo tre minuti all’arrivo delle truppe speciali della Rebirth, quelle armate fino ai denti a cui è praticamente impossibile opporre una reale resistenza. Lo zaino è pieno di risorse preziose che potranno essere rivendute a caro prezzo al mercato, un bottino che verrà naturalmente investito in equipaggiamento ancora più performante ed efficiente.
Il tempo stringe. Un compagno è andato, l’altro procede correndo dritto di fronte a me. Si muove a zig-zag cercando di evitare i fulmini di questa maledetta tempesta che si è scatenata sopra la nostra testa senza alcun preavviso. Il radiofaro per richiamare il velivolo che ci riporterà sani e salvi al campo base è sulla cima di un’altura che potremo scalare facilmente e velocemente grazie al rampino e alle correnti che gonfieranno i nostri paracaduti sempre pronti a dispiegarsi al nostro comando. Il problema è che una volta raggiunta la destinazione, ci saranno sicuramente altri come noi, anche loro a caccia di risorse e di un passaggio per tornare a casa e non ci sarà nulla ad evitare un mortale scontro a fuoco.
Il tempo stringe. Ma non è una novità nel mondo di Exoborne, extraction shooter in terza persona che nonostante un’ambientazione interessante e qualche buona idea, corre il serio rischio di farsi travolgere, di passare sostanzialmente inosservato, di essere dimenticato piuttosto in fretta anche da chi, per un motivo e l’altro, deciderà di dargli una chance, magari in compagnia del giusto gruppo di amici.
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Del resto, il momento non è dei più propizi per presentarsi sul mercato. Vuoi perché una fetta sempre più ampia di giocatori è ormai stanca di esperienze di questo tipo, vuoi perché il genere è già relativamente inflazionato tra un Escape from Tarkov che resta sempre giocatissimo e tanti altri contendenti, come il recente, seppur deludente, Synduality, a lottare tra loro per una fetta sempre più sottile del mercato. Insomma, pur con tutto l’ottimismo del mondo, la creatura di Sharkmob AB non parte con i favori del pronostico, per usare un eufemismo.
Abbiamo provato Exoborne per qualche giorno grazie ad un playtest, ricavandone sensazioni contrastanti che fanno sorgere più d’un dubbio sulla possibilità di successo di un progetto che ci sembra indubbiamente ben realizzato, ma forse a corto di sufficiente carisma e originalità per fare breccia nei cuori degli appassionati.
Come lasciato intendere poco sopra, Exoborne è ambientato in un futuro post-apocalittico. Il clima impazzito ha costretto l’umanità a rifugiarsi intorno ad strutture sparse per il mondo, autentiche oasi di pace e serenità in cui viene garantito tempo sereno e temperature miti tutto l’anno. Manco a dirlo, queste zone si sono presto tramutate in piccoli reggimi dittatoriali, in cui porzioni sempre più ampie di umanità vengono escluse. Ciò ha causato una rivoluzione armata, guidata dai così detti Reborn, combattenti dotati di esoscheletri con cui combattere la fanteria ultra-equipaggiata e i droni armati della Rebirth, l’azienda distopica che ha eretto le gigantesche torri che controllano il clima nell’area circostante.
Morire significa perdere tutto, non solo il loot raccolto durante la sortita.
A ben vedere, il contesto narrativo, per quanto non così originale, non è malvagio. Tuttavia, almeno da quanto visto in questo primo contatto, resta sullo sfondo, sviluppato da qualche documento rinvenuto durante le partite e da brevi cut-scene che non sviluppano la vicenda nel vero senso della parola, ma forniscono solo ulteriori scuse per tornare ancora una volta in battaglia.
Il focus della produzione, del resto, resta il gameplay vero e proprio. Come anticipato, per sommi capi si tratterà di prendere parte ad un terzetto di temerari, esplorare il più possibile la mappa entro il tempo limite, una ventina di minuti, e di farsi recuperare sani e salvi dal trasporto, portando con sé più loot possibile, senza lasciarci le penne possibilmente.
Il gioco è un PvPvE. Ciò significa che sparsi per lo scenario troverete sia avversari mossi dalla CPU, siano questi predoni o droidi di varia forma, sia altri giocatori che, esattamente come voi, non si faranno scrupoli ad aprire il fuoco contro i propri simili pur di mettere le mani su qualche arma rara o risorsa particolarmente preziosa.
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Prima di ogni sortita dovrete obbligatoriamente equipaggiare il vostro avatar, creato tramite un editor piuttosto rudimentale. Armi, bombe, munizioni e medikit, eventualmente acquistate nell’opportuno negozio, ma non è tutto. Dovrete infatti scegliere quale exo-rig equipaggiare. Si tratta del vostro esoscheletro. Ce ne sono di diverse tipologie, dai più costosi ed efficienti a quelli economici, ma a grandi linee si possono raggruppare in base alla loro capacità di assorbire i danni che, grossomodo, è inversamente proporzionale alla rapidità di movimento garantita all’avatar.
Exoborne, in questo senso, svela un’insospettabile profondità e varietà. Sbirciando nel menu dedicato al crafting, oltre che in quello del negozio, si scoprono decine e decine di perk equipaggiabili sia sull’esoscheletro, che sulle singole armi. Va da sé che giocando con i vari materiali raccolti, con i gadget raccolti direttamente sul campo di battaglia, con gli acquisti effettuabili, si potrà dare vita a soldati dotati di un equipaggiamento estremamente efficiente, capace di esaltare lo stile di combattimento del videogiocatore. Da bonus per gli attacchi ravvicinati, alla possibilità di attivare per qualche istante degli scudi difensivi, a veri e propri mini-jetpack, le possibilità sembrano davvero tantissime.
Attenzione però. Trattandosi di un extraction shooter, dovrete sempre prestare attenzione a ciò che deciderete di portare con voi sul campo di battaglia. Morire, difatti, significa perdere tutto, non solo il loot raccolto durante la sortita. Si tratterà quindi di rischiare il tutto per tutto ogni singola volta, una feature che infonde, ancor prima di premere il tasto start, un carico di tensione mica da poco.
Exoborne ci prova a infondere varietà e tante incognite alla propria formula
Una volta sul campo di battaglia si capisce subito dove Exoborne voglia puntare. Su un level design proiettato sulla verticalità, per esaltare l’uso del paracadute e del rampino, oltre che su scontri a fuoco rapidi e adrenalinici. Il gunplay restituisce buone sensazioni grazie a feedback dei colpi gustosi e una reattività delle armi che premia la rapidità di riflessi. La barra di salute si prosciuga in fretta, ma mai troppo velocemente. Non è un Call of Duty, per intenderci, e avrete sempre il tempo di rispondere al fuoco nemico, anche quando presi alla sprovvista.
Dal canto suo, il sistema di controllo se la cava piuttosto bene. Tra scivolate, salti, scatti fulminei grazie all’esoscheletro, oltre al già citato rampino, i videogiocatori più scaltri avranno modo di rimbalzare da un capo all’altro del campo di battaglia con sufficiente agilità. Il ritmo, in questo senso, è piuttosto elevato durante i combattimenti, sebbene l’esplorazione conceda anche ampi momenti di relativa tranquillità, in cui la curiosità del videogiocatore viene quasi sempre premiata dal ritrovamento di una cassa, di un collezionabile, di un’arma relativamente rara.
A rendere il tutto più stuzzicante, ci pensa inoltre la varietà dei nemici controllati dalla CPU, tale da rendere ogni incontro una bella incognita, soprattutto quando sopraggiungeranno le truppe meccanizzate. Tra bipedi piuttosto rapidi, mezzi corazzati equipaggiati di missili e droni esplosivi, solo grazie al gioco di squadra potrete sperare di tirarvi fuori dai guai.
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In tutto questo, si aggiungono le condizioni atmosferiche, mai stabili e sempre desiderose di mettere a repentaglio una missione fino a lì condotta perfettamente. Le tempeste di sabbia, che riducono la visibilità, sono all’ordine del giorno. Fulmini e saette sono un pericolo costante. Non mancano mortali tornadi infuocati.
Insomma, Exoborne ci prova a infondere varietà e tante incognite alla propria formula. Purtroppo, già dopo poche partite si palesano dei limiti che, al momento, sembrano strutturali. La mappa è relativamente ampia, ma i luoghi d’interesse non sono poi moltissimi e già dopo una manciata di sortite li conoscerete a memoria. L’incentivo del loot non è sufficientemente forte per spingerci al rischio, tanto più che spesso, anche correndo qualche rischio di troppo, non siamo stati premiati come sperato. Le stesse dimensioni degli scontri, a dire il vero, non sono mai state così ampie da farci sentire coinvolti in battaglie emozionanti e realmente coinvolgenti.
Exoborne si lascia giocare, ma sembra un extraction shooter piuttosto scialbo, un gioco che si potrebbe dimenticare piuttosto in fretta. Ciò che è peggio, in questo playtest i crash sono stati continui, un’eventualità che ci ha anche visti ingiustamente privati dell’equipaggiamento portato in missione. Anche il comparto tecnico non stupisce, con un’effettistica a tratti arretratissima, animazioni non sempre convincenti e un mondo di gioco mai particolarmente dettagliato.
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Exoborne, insomma, rischia di restare incastrato in una mediocrità che non potrà che condannarlo all’anonimato, in un genere in cui non mancano concorrenti ben più in forma e già amatissimi dal pubblico. Manca ancora una data d’uscita ufficiale e quindi è ancora troppo presto per dare per spacciato questo progetto. Le idee interessanti ci sono, ma serve un po’ di pepe in più alla formula. Pepe che magari potremo trovare nelle mappe non ancora visionate, in una narrazione che potrebbe davvero regalare qualche sorpresa e in una gestione del personaggio ancora più profonda di quanto già visto in questo playtest. Incrociamo le dita per Exoborne, insomma.