Eyes in the Dark inizia come un film muto dei primi del Novecento, con la nostra Victoria Bloom diretta verso la vistosa villa del nonno Victor. Una deliziosa introduzione, che ci mostra il peculiare stile di disegno insieme alla scelta di renderlo monocromatico. Tutto in bianco e nero, in sostanza. Traumatico? Decisamente no, almeno non più della misteriosa scomparsa del nonno dalla Villa Bloom, che lascia Victoria sconvolta e intenta ad esplorare questo misterioso maniero in cerca di risposte.
Eyes in the Dark, sviluppato da Under the Stairs e pubblicato da Gearbox, è un roguelite, quel genere particolarmente amato da chi cerca esperienze rilassate e dal ritmo lento. Se siete appassionati del genere, avrete già colto l’ironia: un roguelite è una versione più permissiva di un roguelike, un tipo di giochi che focalizzano il loro gameplay su una difficoltà elevata, la morte permanente e la presenza di dungeon generati proceduralmente. Eyes in the Dark è esattamente questo, ma con un pizzico di leggerezza in più. Anzi, è un roguelight, com’è stato definito dagli sviluppatori, perché integra un peculiare sistema di gioco tutto legato alla luce.
La nostra unica arma sarà infatti una torcia, con cui dovremo diradare le tenebre negli ambienti di gioco (in 2D) e eliminare le mostruosità presenti nella villa. Nonostante ciò, le opportunità di personalizzazione sono diverse, e disponibili anche per il resto dell’equipaggiamento, che comprende una fionda e uno zainetto con alcuni slot dedicati ad effetti difensivi o status più generali. Sarà infatti possibile ottenere diversi potenziamenti o effetti per il fascio di luce, così come differenti lampadine con varie peculiarità.
Eyes in the Dark è piuttosto semplicistico in tal senso, le azioni a nostra disposizione non sono molte, e prevedono una schivata, il salto e il puntamento del fascio di luce sui nemici. Le armi a distanza, come la fionda, sono utili per guadagnare tempo o infliggere danni da una piattaforma sicura della schermata.
Ma è nella combinazione che il gameplay trova la sua ragion d’essere. Gli elementi possono essere combinati, gli effetti concatenati, e dare quindi vita a sinergie estremamente peculiari ed efficaci. Se non lo sono, poco male, verremo puniti con una morte prematura e il tempo si resetterà, portandoci all’ingresso della villa per riprovare la nostra conquista. Eyes in the Dark, come dicevamo, è un roguelite e come tale basa tutto il suo gameplay sull’esplorazione di stanze generate proceduralmente. Dovremo farci strada per il Maniero Bloom, attraversando le sue diverse stanze ed ambientazioni. L’obiettivo è sempre uno: sopravvivere il più possibile, ottenere potenziamenti migliori ed eliminare i Guardiani che difendono ogni zona. In questo modo, potremo accedere alle successive.
Ottenere valuta da investire (in un negozio gestito da un simpatico corvo imperiale), equipaggiamento e superare diversi obiettivi ci permetterà di migliorare Victoria al prossimo loop. Alla morte infatti perderemo tutto, ma saremo ricompensati con del “Sapere” a seconda degli obiettivi completati. Questi punti potranno essere spesi prima dell’esplorazione del maniero, per sbloccare diversi elementi permanenti o alcuni vantaggi temporanei nel nuovo loop. Eyes in the Dark è piuttosto appagante in tal senso, e riesce a spingere il giocatore ad andare avanti e a fare progressi sempre maggiori.
Peccato per un level design un po’ troppo semplicistico, anche per gli scontri con i boss, e per la grande influenza della casualità durante una partita. La componente platform è interessante e funzionale, ma al viaggio di Victoria per il Maniero Bloom sembra mancare un guizzo, sia di gameplay che estetico. Nonostante i deliziosi disegni monocromatici, che spesso accompagnano la narrazione con lunghi intermezzi, tra un capitolo e l’altro.
Eyes in the Dark è un piccolo e appassionante roguelite monocromatico, tutto incentrato sulla piccola Victoria Bloom e l’esplorazione del maniero del nonno. La storia viene raccontata in diversi capitoli, dettando la nostra progressione all’interno del maniero e ad altri elementi di gameplay. Quest’ultimo riesce ad appassionare e intrattenere, con un miglioramento sempre crescente ad ogni morte. Un loop immediato e funzionale che appaga il giocatore, ma che non offre niente di diverso da altri esponenti del genere. L’avventura di Victoria, oltre alla sua peculiare estetica, è quindi priva di un particolare guizzo. Una buona esperienza per gli amanti del genere, ma lontana dall’essere imprescindibile. |
Commenti